Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-09-2012, n. 14963

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La società cooperativa xxx a r.l. ha proposto opposizione avverso la cartella esattoriale con la quale era stato intimato alla stessa società il pagamento in favore dell’INPS della somma di Euro 150,095,36 a titolo di contributi e sanzioni civili relativi al periodo gennaio 1997 – luglio 2000 in conseguenza della ritenuta nullità dei contratti a tempo parziale instaurati con i soci lavoratori per mancanza della forma scritta.
Il Tribunale di Milano, ritenute infondate le censure relative ai vizi di notifica della cartella, ha accolto l’opposizione ritenendo che i contributi dovessero essere calcolati in base alle retribuzioni convenzionali stabilite dal D.M. 13 marzo 1992, per i soci delle cooperative operanti nell’area dei servizi sociali ed educativi della Provincia di Milano e di non poter condannare la società al pagamento del minor importo calcolato sulla base di cui sopra in assenza di una domanda riconvenzionale da parte dell’Istituto previdenziale. La sentenza è stata parzialmente riformata su questo punto dalla Corte d’appello di Milano, che ha ritenuto infondata sia l’eccezione di tardività dell’opposizione prospettata dalla xxx spa sia quella di tardività della notificazione della cartella sollevata dalla cooperativa, ed ha condannato quindi l’opponente al pagamento della minor somma di Euro 41.548,56 a titolo di contributi calcolati in applicazione del D.M. 13 marzo 1992.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la società cooperativa xxx affidandosi a tre motivi di ricorso cui resistono con controricorso l’INPS e la Equitalia xxx spa, che ha proposto anche ricorso incidentale fondato su un unico motivo.
Motivi della decisione
Preliminarmente, deve essere disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.
1.- Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione della L. n. 156 del 2005, art. 5 bis, punto 2, lett. c), del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 17 e 18, art. 136 Cost. e della L. n. 87 del 1953, art. 30, chiedendo a questa Corte di stabilire se, stante l’unicità del sistema di riscossione mediante ruolo dei crediti degli enti pubblici anche previdenziali, è (o non è) conforme a legge l’esclusione per la notifica delle cartelle relative a pretese contributive previdenziali del termine di decadenza fissato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, come modificato dalla L. 31 luglio 2005, n. 156.
2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione della L. n. 863 del 1984, art. 5, del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 8 e art. 2724 c.c., contestando la mancata osservanza da parte della cooperativa del requisito della forma scritta dei contratti a tempo parziale, osservando che comunque l’inosservanza della forma scritta non determina la trasformazione del contratto a tempo parziale in contratto a tempo pieno e chiedendo, conclusivamente, a questa Corte di stabilire se è conforme alla prima di dette disposizioni l’applicazione del regime contributivo del rapporto di lavoro a tempo pieno ai contratti a tempo parziale dei soci della A&I, quand’anche non stipulati per iscritto; e se la mancata ammissione delle prove testimoniali circa l’avvenuta stipulazione per iscritto di detti contratti sia in contrasto con l’art. 2724 c.c., n. 1.
3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 437 c.p.c., chiedendo a questa Corte di stabilire se la domanda di pagamento della somma di Euro 41.548,56 calcolata sugli imponibili fissati convenzionalmente dal D.M. 13 marzo 1992, sia nuova rispetto alla domanda di pagamento della somma indicata nella cartella opposta o di "diversa somma" comunque calcolata secondo il regime contributivo ordinario.
4.- Con il ricorso incidentale si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 29, chiedendo a questa Corte di stabilire se le opposizioni contro la cartella di pagamento per la riscossione di crediti previdenziali proposte sia per vizi di notifica o vizi formali sia per ragioni di merito, debbano essere esperite avanti al giudice del lavoro nel termine di cui all’art. 617 c.p.c., come disposto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29, e non nel termine di 40 giorni di cui all’art. 24 dello stesso D.Lgs..
5.- Il primo motivo del ricorso principale è infondato in quanto – anche a voler prescindere dalla considerazione che la problematica relativa alla possibilità di applicare retroattivamente i termini di decadenza introdotti dalla L. n. 156 del 2005, che forma oggetto dell’iter argomentativo del motivo in esame, non trova adeguato riscontro nella formulazione del quesito di diritto che conclude l’esposizione dello stesso motivo – la Corte territoriale si è uniformata al principio di diritto già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 781/2006, Cass. n. 24781/2006 e, da ultimo, Cass. n. 1100/2012) secondo cui alla stregua di un’interpretazione conforme a Costituzione della disciplina transitoria recata dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 6, che ha introdotto, in tema di riscossione dei contributi mediante ruolo, un termine di decadenza dall’iscrizione a ruolo, deve ritenersi non ammissibile la retroattività di tale termine, non imponendo, il sistema precedente, alcun onere di tempestività dell’iscrizione a ruolo per la riscossione dei crediti previdenziali, nè potendo pretendersi, dall’Istituto di previdenza, un determinato comportamento prima ancora che venisse contemplato dall’ordinamento.
6.- Nelle citate sentenze questa Corte ha evidenziato che, accedendo all’opposta tesi interpretativa, si introdurrebbe, in sostanza, un termine di decadenza in via retroattiva ed ha richiamato, al riguardo, quanto affermato dal giudice delle leggi con la sentenza n. 191 del 2005, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, commi 5, 6 e 7 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma della L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 55, comma 1), ovvero che "E’ senza dubbio vero che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il divieto di retroattività della legge non è stato elevato a precetto costituzionale, salva, per la materia penale, la previsione dell’art. 25 Cost.. Questa stessa Corte ha tuttavia costantemente precisato che la retroattività deve comunque trovare giustificazione sul piano della ragionevolezza e non può trasmodare in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori (si vedano, tra le tante, le sentenza n. 446 del 2002 e la sentenza n. 416 del 1999)", mentre, per quanto riguarda in particolare i termini di decadenza, "è l’istituto stesso della decadenza che per sua natura non tollera applicazioni retroattive, non potendo logicamente configurarsi una ipotesi di estinzione del diritto (o, come nella specie, del potere) per mancato esercizio da parte del titolare, in assenza di una previa determinazione del termine entro il quale il diritto (o il potere) debba essere esercitato".
7.- La fattispecie in esame, così come quella esaminata nelle sopra citate sentenze, pone la stessa questione e la conclusione, quindi, non può essere che la stessa: non è ammissibile l’introduzione di un termine di decadenza in via retroattiva per l’iscrizione a ruolo dei crediti contributivi, nell’ambito di un sistema precedente (nella specie, quello del D.Lgs. n. 193 del 2001, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame) che non imponeva alcun onere in tal senso.
8.- Anche il secondo motivo è infondato. La prima parte del quesito di diritto formulato da parte ricorrente deve, infatti, trovare risposta nel principio già affermato dalle sezioni unite di questa S.C. con la sentenza n. 12269 del 2004 – cui hanno dato seguito, fra le altre, Cass. n. 16670/2004, Cass. n. 11011/2008, Cass. n. 52/2009 – secondo cui al contratto di lavoro a tempo parziale, che abbia avuto esecuzione pur essendo nullo per difetto di forma, non può applicarsi la disciplina in tema di contribuzione previdenziale prevista dal D.L. n. 726 del 1984, art. 5, comma 5, convertito in L. n. 863 del 1984, ma deve invece applicarsi il regime ordinario di contribuzione prevedente anche i minimali giornalieri di retribuzione imponibile ai fini contributivi, e così anche la disciplina di cui al D.L. n. 338 del 1989, art. 1, convertito in L. n. 389 del 1989, tenuto conto, da un lato, che il sistema contributivo regolato dal predetto D.L. n. 726 del 1984, art. 5, comma 5, è applicabile, giusta il tenore letterale della norma, solo in presenza di tutti i presupposti previsti dai precedenti commi ed è condizionato, in particolare, dall’osservanza dei prescritti requisiti formali, e considerato, dall’altro, che risulterebbe privo di razionalità un sistema che imponesse, per esigenze solidaristiche, a soggetti rispettosi della legge l’osservanza del principio del minimale, con l’applicazione ad essi di criteri contributivi da parametrare su retribuzioni anche superiori a quelle in concreto corrisposte la lavoratore, e nel contempo esentasse da vincoli quanti, nello stipulare il contratto di lavoro "part time", mostrano, col sottrarsi alle prescrizioni di legge, di ricorrere a tale contratto particolare per il perseguimento di finalità non istituzionali, agevolando così di fatto forme di lavoro irregolare.
9.- Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato anche che la mancata ammissione della prova testimoniale circa l’avvenuta stipulazione per iscritto dei contratti di lavoro a tempo parziale (prodotti in primo grado, ma tutti privi di data) si porrebbe in contrasto con il disposto dell’art. 2724 c.c., n. 1 (che prevede l’ammissibilità del ricorso alla prova testimoniale nel caso in cui vi sia un principio di prova scritta, costituito da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato).
10.- Tale censura non può trovare accoglimento in questa sede in quanto – anche a voler prescindere dalla considerazione che la ricorrente non ha trascritto nel ricorso il contenuto dei relativi capitoli di prova (con violazione, quindi, del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) – va rilevato che la Corte di merito non ha ammesso la prova testimoniale non perchè l’abbia ritenuta in contrasto con le limitazioni poste dall’art. 2721 c.c., e segg., all’ammissibilità della prova testimoniale, ma perchè, come si legge nella sentenza impugnata, la cooperativa non aveva "offerto di provare in quale data i contratti sarebbero stati stipulati con i singoli soci lavoratori, se all’inizio del rapporto o durante lo stesso (v. cap. 3 ricorso ex art. 414 c.p.c.), cosicchè la prova richiesta, ove ammessa, sarebbe risultata del tutto intnfluente". La censura deve pertanto ritenersi inammissibile in quanto non pertinente alle argomentazioni che hanno determinato la statuizione resa sul punto dal giudice d’appello.
11.- Parimenti infondato deve ritenersi il terzo motivo. La Corte territoriale si è, infatti, uniformata al principio già ripetutamente affermato da questa S.C. (cfr. ex plurimis Cass. n. 5763/2002, Cass. n. 23600/2009) secondo cui in tema di riscossione di contributi previdenziali, l’opposizione avverso la cartella esattoriale di pagamento emessa ai sensi del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 2, convertito, con modificazioni, nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, da luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo, con la conseguenza che l’ente previdenziale convenuto può chiedere, oltre che il rigetto dell’opposizione, anche la condanna dell’opponente al pagamento all’adempimento dell’obbligo contributivo, portato dalla cartella, sia pure nella minore misura residua ancora dovuta, senza che ne risulti mutata la domanda (nella fattispecie la S.C. ha ritenuto che non costituisse domanda nuova – come tale inammissibile – la domanda di pagamento della minor somma ancora dovuta dal debitore, a seguito di versamenti parziali dell’importo indicato nella cartella esattoriale, formulata nell’atto di appello dall’ente previdenziale, che in primo grado si era limitato a chiedere la declaratoria di legittimità della cartella medesima).
12.- Nella specie, peraltro, la domanda subordinata di condanna al pagamento dei contributi in misura ridotta era già stata formulata dall’ente previdenziale nel giudizio di primo grado, sicchè, a maggior ragione, la decisione della Corte territoriale non merita le censure che le sono state mosse sul punto con il motivo in esame.
13.- Le censure relative alla quantificazione della somma – che, peraltro, ripetono argomenti già trattati e disattesi nell’esame del secondo motivo del ricorso principale – sono inammissibili in quanto non trovano alcun riscontro nella formulazione del quesito di diritto che conclude l’esposizione delle censure formulate con il terzo motivo.
14.- In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato con riferimento a tutte le censure che formano oggetto dei motivi di ricorso.
15.- Il ricorso incidentale deve ritenersi infondato in quanto, come correttamente rilevato dalla Corte di merito, quando con un unico atto, come è consentito, vengano proposte sia l’opposizione di merito sia l’opposizione per vizi di forma della cartella, il termine per l’opposizione è quello previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, non potendo ritenersi applicabile il diverso termine stabilito dall’art. 29, comma 2, del citato decreto in materia di opposizione agli atti esecutivi.
16.- E’ ben vero che questa Corte (cfr. Cass. n. 25208/2009) ha precisato che in tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, la contestazione dell’assoluta indeterminatezza della cartella di pagamento integra un’opposizione agli atti esecutivi di cui al D.Lgs. n. 46, art. 29, comma 2, che per la relativa regolamentazione rinvia alle forme ordinarie, con la conseguenza che prima dell’inizio dell’esecuzione l’opposizione va proposta nel termine di cinque giorni dalla notifica della cartella (nello stesso, cfr. anche Cass. n. 21863/2004). Nel caso preso in esame dalla sentenza citata per prima, tuttavia, questa S.C. ha ritenuto che non fosse possibile proporre con un unico atto l’opposizione di merito e quella per vizi di forma della cartella, poichè, essendo stata denunciata una "assoluta indeterminatezza" della cartella di pagamento, l’opposizione di merito era "materialmente preclusa dalla mancanza dei dati necessari ad approntare qualsiasi difesa". Se ne deduce che, nel caso in cui invece sia possibile proporre con un unico atto sia l’opposizione di merito che quella per vizi di forma della cartella, la conclusione debba essere diversa.
17.- Al riguardo, va rimarcato che, come già affermato da questa Corte con ordinanza n. 26745 del 2006, emessa in sede di regolamento di competenza, nel caso in cui avverso la medesima cartella venga proposta opposizione sia per vizi di carattere formale del ruolo o della cartella notificata che per ragioni di merito, il giudizio non può che essere unitario. E l’opposizione, come già rilevato (Cass. n. 5763/2002 cit.), da luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo, con la conseguenza che l’eventuale rigetto di censure di tipo formale relative all’iscrizione a ruolo non pregiudica l’accertamento di tale rapporto secondo le ordinarie regole relative alla ripartizione dell’onere della prova, alla stregua delle quali grava sull’ente previdenziale l’onere di provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo e sulla controparte l’onere di contestare i fatti costitutivi del credito (sulla seconda parte della massima, cfr.
Cass. n. 23600/2009, già citata).
18.- In definitiva, anche il ricorso incidentale deve essere rigettato.
In considerazione dell’esito globale del giudizio e della complessità delle questioni trattate, si ritiene conforme a giustizia compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2012

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