Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-10-2013) 14-01-2014, n. 1212

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. B.A., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita per cinquantuno giorni di custodia in carcere e duecentoventitre giorni di arresti domiciliari per aver acquistato, procacciato, ceduto e detenuto sostanze stupefacenti;
imputazione dalla quale era stato assolto dal Tribunale di Lucca perchè il fatto non sussiste.
La Corte territoriale ha ravvisato l’insussistenza dei presupposti del diritto alla riparazione di cui all’art. 314 c.p.p., comma 1, in quanto il comportamento dell’odierno ricorrente aveva dato corso all’ordinanza di custodia cautelare, individuando gli estremi della colpa grave, preclusiva al riconoscimento dell’indennizzo richiesto.
E ciò in quanto, secondo quanto affermato dal Tribunale del riesame e richiamato dalla Corte di Appello, l’istante era risultato frequentatore di narcotrafficanti ed utilizzatore di un linguaggio criptico sottacente un traffico illecito.
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 314 cod. proc. pen., affermando che il giudice della riparazione ha ignorato l’esito dell’istruttoria dibattimentale, la quale ha fatto emergere che l’istante ricevette una sola telefonata dal K., diversamente da quanto ritenuto nelle prime fasi delle indagini. Ne consegue che l’unico comportamento attribuibile all’istante è la frequentazione di un soggetto che è risultato dedito alla illecita cessione di sostanze stupefacenti; ma di ciò il B. non era consapevole. Inoltre egli tenne sin da principio un comportamento collaborativo.
Motivi della decisione
2. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
3. In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002 – dep. 15/10/2002, Min. Tesoro in proc. xxx, Rv. 222263). In particolare, quanto al compendio degli elementi valutabili, il S.C. ha ripetutamente puntualizzato che il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o della colpa grave dell’interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010 – dep. 30/08/2010, xxx, Rv.
247664; nel medesimo senso già Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, xxx ed altri, Rv. 203636).
Vale anche precisare che idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi dell’art. 314 c.p.p., comma 1 – è non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche "la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell’ "id quod plerumque accidit".
secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poichè inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto art. 314 cod. proc. pen., comma 1 quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso" (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, xxx ed altri, Rv. 203637).
4. Nella prospettiva del sindacato di legittimità è decisivo rimarcare che esso è limitato alla correttezza del ragionamento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l’ottenimento del beneficio, mentre resta nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il proprio convincimento, la valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa o del dolo (Sez. 4, n. 21896 del 11/04/2012 – dep. 06/06/2012, Hilario Santana, Rv.
253325). Occorre quindi stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo congruo e logico in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dall’istante ad ingenerare nel giudice che emise il provvedimento restrittivo della libertà personale il convincimento di un probabile coinvolgimento dell’odierno ricorrente nell’attività illecita che gli è stata attribuita, partendo dal principio che il giudice della riparazione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o non esclusi, ma non può affermare come esistenti fatti che siano stati esclusi nel giudizio di merito.
Nel caso che occupa, tanto importa la indubbia carenza motivazionale della ordinanza impugnata, la quale fa riferimento a quanto ritenuto dal Tribunale del riesame in merito all’esistenza di conversazioni telefoniche riferibili all’istante e connotate per l’utilizzo anche da parte di questi di un linguaggio in grado di apparire allusivo a traffico di sostanze stupefacenti, senza fare alcuna menzione dell’accertamento operato in giudizio e sfociante nell’assoluzione dell’imputato per insussistenza del fatto. E ciò, nonostante il fatto che l’ordinanza medesima ricordi che quell’assoluzione era stata pronunciata per la vaghezza dei contenuti delle intercettazioni telefoniche che il Giudice per le indagini preliminari aveva posto a base dell’ordinanza di custodia cautelare.
Nè tale carenza motivazionale risulta superata dalla presenza di un diverso cardine della decisione impugnata. Infatti, come correttamente rilevato dal ricorrente, non è sufficiente affermare che l’istante abbia frequentato narcotrafficanti (uno o più?) per poter derivare l’esistenza di una condotta gravemente colposa, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo; è necessario che risulti accertato che il soggetto in questione era consapevole della ‘qualità’ di colui al quale si accompagnava. Anche sotto tale profilo l’ordinanza impugnata è silente.
In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, la quale dovrà valutare se le circostanze di fatto poste a base dell’ordinanza cautelare siano rimaste confermate all’esito del giudizio di merito o se esse siano risultante insussistenti in toto o solo parzialmente e quindi verificare se l’istante abbia diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione subita alla luce dei fatti accertati o non esclusi dalla pronuncia che ha definito il processo; tenendo altresì presente che la valorizzazione in senso ostativo della frequentazione da parte dell’istante di soggetti pregiudicati pretende la dimostrazione della consapevolezza nel primo della caratura criminale di quest’ultimi.
P.Q.M.
Annulla la impugnata ordinanza e rinvia alla Corte di Appello di Firenze per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2014

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