T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 31-01-2011, n. 842

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
– che con il ricorso in trattazione il Ministero dell’Interno si è gravato avverso la determinazione in data 07.10.2010 con la quale il Commissario ad acta, d.ssa xxx, ha, in puntuale ottemperanza alla decisione n.5146/2010 del Consiglio di Stato, decretato di concedere alle odierne contro interessate la speciale elargizione prevista dall’art.34 della legge n.222 del 2007;
– che l’unica censura dedotta si incentra sulla violazione dell’art.2 quinquies del d.l. nr.151 del 2008 (come modificato prima dall’art.1 della legge di conversione nr.186 del 2008 e successivamente dall’art.2 c.21 della legge nr. 94 del 2009) che vieta la concessione dei benefici di legge ai superstiti delle vittime della criminalità organizzata che siano parenti o affini entro il quarto grado di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento penale per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3bis, del codice di procedura penale; circostanza questa ricorrente nel caso di specie ed emersa, come in gravame specificato, da informativa della Prefettura di Caserta del 21.9.2010 (informativa che, peraltro, dà atto di gravi pregiudizi penali nei confronti di due fratelli del deceduto – e quindi affini e parenti entro il quarto grado dei superstiti beneficiari -;
Motivi della decisione
che, con riguardo all’impugnativa degli atti adottati dal Commissario ad acta (tale nominato dal Giudice amministrativo), se pur vero che, in giurisprudenza, si dibattono due indirizzi di pensiero:
a) l’uno che distingue l’attività commissariale in due parti: quella di stretta attuazione del comando vincolato del giudice, e quella, ulteriore, di esercizio discrezionale di poteri amministrativi, in relazione ai quali il medesimo commissario agisce come organo straordinario della p.a., sottoposto all’ordinario controllo del giudice in sede di legittimità; pertanto, mentre nel primo caso, le determinazioni assunte da detto organo, in quanto direttamente ascrivibili al giudicato, ed alla sua esecuzione, sono soggette al rimedio del reclamo allo stesso giudice dell’esecuzione, nel secondo caso i provvedimenti emessi devono essere impugnati con gli ordinari rimedi (cfr., ex plurimis, Tar PA, nr. 8270/2010;
b) l’altro indirizzo di pensiero che, dando risalto al nesso di strumentalità tra l’attività del Commissario ad acta e l’ordine contenuto nella decisione del G.a., individua nel Giudice dell’investitura il terminale di riferimento degli atti commissariali con riveniente reclamabilità od impugnabilità degli stessi atti innanzi al medesimo Giudice in base al principio generale secondo il quale l’organo legittimato ad avere cognizione degli incidenti verificatisi in sede esecutiva è lo stesso deputato a dirigere l’esecuzione (cfr. Cass. civ. n.20105/09; Cons. St. nn. 583 e 5952 del 2006 e 2174 del 2003);
(se pur vero quanto sopra) è altrettanto vero che, nel caso di specie, in alcun modo (e cioè sia che si applichi l’uno quanto l’altro orientamento giurisprudenziale) può dubitarsi della competenza del Giudice dell’ottemperanza a conoscere della corrente controversia atteso che nella determinazione commissariale avversata, dopo ampio ed analitico excursus espositivo, si dà atto della cogente vincolatività del iussus iudicis: Giudice che ha imposto al proprio Organo ausiliario "l’obbligo di adozione di provvedimenti realmente satisfattivi del giudicato", privandolo di alcuna discrezionalità al riguardo;
che, per quanto sopra e, ulteriormente, in applicazione degli artt.113 c.1 e 114 c.6 del C.p.a., è il Consiglio di Stato (che ha emesso la decisione della cui ottemperanza si tratta) competente a conoscere della controversia di cui al ricorso in epigrafe che, conseguentemente, va dichiarato inammissibile;
che l’iter argomentativo rassegnato, all’evidenza, esclude:
– la fondatezza della pregiudiziale questione di giurisdizione sollevata da parte resistente;
– che, nel caso di specie, possa venire in discussione una questione, pur sollevata da parte resistente ai sensi degli artt. 13 e seguenti del C.p.a., di competenza territoriale; e ciò in quanto né l’adito né altro Tribunale può ritenersi territorialmente titolato alla trattazione e definizione della causa;
che essendo, per le ragioni appena rassegnate, immediatamente definibile il contenzioso con sentenza in forma semplificata, il Collegio ha sentito in ordine a tale eventualità le parti costituite e preso atto che nessuna parte ha dichiarato l’intendimento di voler proporre alcuna delle iniziative racchiuse nell’art.60 del C.p.a.;
che, attesa la peculiarità della controversia, le spese di lite possono compensarsi tra le parti in causa;
P.Q.M.
dichiara, per le ragioni rassegnate in parte motiva, inammissibile il ricorso in epigrafe.
Spese compensate..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere, Estensore
Antonella Mangia, Consigliere

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