T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 31-01-2011, n. 841

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente è stata inquadrata nei ruoli regionali il 29.12.1992 nella VII q.f. e in data 12.7.2000 è cessata dal servizio.

Dal 23.11.2001 al 30.1.2007 la stessa ha prestato servizio alla Regione Lazio quale dirigente in posizione di comando e, dal 31.1.2007 all’1.12.2008, quale dirigente con contratto a tempo determinato; dal 2002 al 2008 la medesima ha prestato servizio presso la Regione direzione Programmazione sanitaria.

In data 2.12.2008 la D. è stata inquadrata nel ruolo dirigenziale e, il 29.12.2008, ha sottoscritto il contratto per l’incarico di dirigente della struttura di Staff del Dipartimento territorio legale e contenzioso.

Con bando interno del 15.12.2008 la Regione Lazio ha messo a concorso tutte le strutture dirigenziali con l’individuazione dei profili correlati alle declaratorie delle funzioni di ciascuna di esse.

La ricorrente ha inoltrato la domanda indicando cinque opzioni e le è stato conferito un incarico presso una delle strutture indicate.

Con determinazione dirigenziale D4191 del 5.12.2008 la Regione Lazio ha attuato una riorganizzazione delle Aree e ha modificato le declaratorie delle competenze delle aree e uffici della Direzione regionale Programmazione sanitaria e i profili dei dirigenti relativi. In tale riorganizzazione è stato previsto, per gli interni, quale titolo di studio per l’accesso la laurea in medicina, mentre, per gli esterni, il titolo è stato ritenuto solo preferenziale; dunque, la ricorrente non ha potuto presentare la domanda per quell’area.

Avverso i provvedimenti relativi alla citata riorganizzazione la ricorrente ha proposto ricorso, n. 1584/2009, e successivi motivi aggiunti.

Successivamente, la Regione ha provveduto alla ennesima riorganizzazione e ha modificato il titolo di studio richiesto per l’accesso alla funzione di dirigente dell’Area Autorizzazione accreditamento ed attività ispettiva della Direzione regionale Politiche della prevenzione e della assistenza sanitaria territoriale del Dipartimento sociale, reintroducendo la laurea in giurisprudenza in precedenza sostituita con quella in medicina.

In data 28.9.2009, la Regione ha pubblicato, sull’intranet regionale, apposito avviso, ai sensi dell’art. 13 del regolamento regionale n. 14/2008, al quale hanno risposto diversi dirigenti (tra i quali la D.).

Con la determinazione del Direttore regionale alla "Organizzazione e Personale" n. A4396 del 21.10.2009, pubblicata sul BUR n.40 del 28.10.2009 con il numero D4396, la Regione ha stabilito di rivolgere la ricerca all’esterno al fine di reperire soggetti esterni all’amministrazione regionale dotati di particolare comprovata qualificazione professionale.

A conclusione della relativa procedura veniva conferito l’incarico di dirigente della predetta area alla sig.ra G.D.G..

Nel ricorso in epigrafe l’interessata ha prospettato i seguenti vizi:

1). Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di contenimento della spesa pubblica, previsti, da ultimo, dalla legge finanziaria n. 244/2007 e dalla legge finanziaria successiva per il 2008 – violazione del Patto di stabilità Governo/Regione Lazio, violazione dei principi in materia di ordinaria amministrazione;

2). Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di partecipazione ai concorsi pubblici;

3). Violazione e falsa applicazione art. 3 L. n. 241/1990;

4). Violazione e falsa applicazione regolamento regionale n. 1 del 6.9.2002 e succ. modifiche;

5). Eccesso di potere sotto molteplici profili: difetto o insufficienza di istruttoria, mancata previsione dei criteri; falsità dei presupposti; illogicità e irrazionalità manifesta, contraddittorietà; sviamento di potere;

6). Risarcimento dei danni morali e di immagine da liquidarsi secondo equità.

In data 25.2.2010 la ricorrente ha depositato atto di motivi aggiunti con i quali ha impugnato la determinazione del Direttore del Dipartimento sociale n. D 4206 del 16.12.2009 avente ad oggetto "Conferimento dell’incarico di Dirigente dell’Area autorizzazione accreditamento ed attività ispettiva della Direzione regionale Politiche della prevenzione e dell’assistenza sanitaria territoriale del Dipartimento sociale".

In data 26.1.2010 si è costituita controparte.

In data 14.10.2010 la ricorrente ha depositato altra memoria difensiva.

Tanto premesso, il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti.

1). Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta (pag. 7) che l’avviso pubblico del 29.9.2009, per l’assegnazione di un incarico dirigenziale da attribuire a soggetto esterno all’amministrazione, ai sensi dell’art. 20 del reg. reg. n. 6/2002, contiene un limite invalicabile a parteciparvi, costituito dall’appartenenza dei candidati ai ruoli regionali.

Questo vìola i principi generali in materia di partecipazione concorsuale in quanto inibisce, in modo assoluto, ai dipendenti regionali di parteciparvi quali esterni.

Dunque, in base al predetto avviso pubblico, è impedito alla ricorrente – in modo assoluto – di partecipare alla procedura in questione; la stessa lamenta che la finalità della formulazione dell’avviso nei termini suddetti è stata "quello di impedire agli interni di prendere parte alla selezione esterna al fine di blindare i relativi avvisi da sgradevoli sorprese che potessero giungere dall’esterno".

Ad avviso della ricorrente (che, dunque, non può partecipare alla selezione quale esterna) è mancata anche una adeguata istruttoria del procedimento in questione.

Il Collegio ritiene condivisibili le predette argomentazioni della ricorrente.

Nella specie, si verte in tema di provvedimenti connotati da ampia discrezionalità.

Tuttavia, come noto, l’esercizio della discrezionalità, per quanto ampia, è stato ritenuto sindacabile sotto il profilo dell’eccesso di potere, per illogicità manifesta, travisamento dei fatti e palese disparità di trattamento.

Nella specie, l’operato della Regione è effettivamente viziato sotto questi profili; tanto più che, dalla documentazione in atti, non appare effettuata né una puntuale e adeguata istruttoria; né, conseguentemente, i provvedimenti impugnati sono assistiti da idonea motivazione.

In particolare, l’amministrazione ha del tutto omesso di operare un’adeguata comparazione tra l’interesse pubblico alla assegnazione del predetto incarico dirigenziale, da attribuire a soggetto esterno all’amministrazione, e gli altri interessi e posizioni giuridiche confliggenti con il primo.

In sostanza, sulla base degli atti esibiti e depositati in giudizio, non è possibile ricostruire il percorso logico giuridico seguito dall’Autorità emanante e restano non altrimenti comprensibili le ragioni sottese al predetto avviso pubblico, che non risultano esplicitate in modo chiaro e sufficiente, sì da porre in grado l’interessata di conoscere esattamente il procedimento logico seguito dall’amministrazione e di rimediare eventualmente a mancanze o lacune, anche ai fini dell’eventuale rinnovamento del procedimento.

Come noto, la motivazione di un provvedimento amministrativo consiste nella enunciazione delle ragioni di fatto e nella individuazione delle relative norme di diritto che ne hanno giustificato il contenuto, ed è finalizzata a consentire al destinatario del provvedimento la ricostruzione dell’iter logicogiuridico che ha determinato la volontà dell’Amministrazione consacrata nella determinazione a suo carico adottata. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5868; idem, Sez. V, 18 dicembre 2003, n. 8341; idem, Sez. VI, 3 marzo 2004, n. 1047; idem, Sez. IV, 22 settembre 2005, 4982; cit. n. 1750 del 2006).

La motivazione degli atti amministrativi costituisce uno strumento di verifica del rispetto dei limiti della discrezionalità allo scopo di far conoscere agli interessati le ragioni che impongono la restrizione delle rispettive sfere giuridiche o che ne impediscono l’ampliamento, e di consentire il sindacato di legittimità sia da parte del giudice amministrativo che eventualmente degli organi di controllo (fra le tante Cons. Stato sez.V, 3 aprile 2002 n. 1904), atteso il disposto di cui all’art. 3 L. 241/1990, secondo cui ogni provvedimento amministrativo deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione.

All’osservanza dell’obbligo della motivazione va attribuito un rilievo preliminare e procedimentale nel rispetto del generale principio di buona amministrazione, correttezza e trasparenza, positivizzato dall’art. 3, della Legge 7 agosto 1990, n. 241 rispetto al quale sorge, per il privato, una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e il motivi del provvedimento riguardante la sua richiesta (cfr., ex multis, Tar Sicilia, Catania, Sez. III, 22 settembre 2005, n. 1431; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 20 gennaio 2006, n. 460; Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750).

Pertanto, la determinazione del Direttore Dir. Reg. organizzazione e personale 21 ottobre 2009, n. D4396, non appare adeguatamente motivata nella parte in cui si limita a precisare che "non sussistono professionalità dirigenziali interne idonee per ricoprire l’incarico di cui trattasi".

Come sostenuto dalla ricorrente, in cinque anni (soltanto) si sono adottate cinque riorganizzazioni e tutti e tre i direttori regionali sono esterni.

Inoltre, la fondatezza dell’impugnativa poggia anche sui seguenti argomenti:

a). come noto, la giurisprudenza, anche costituzionale, in più occasioni ha affermato e richiamato il principio del buon andamento degli uffici che si attua, anche, attraverso la migliore selezione del personale garantita appunto dalla maggior partecipazione alle procedure selettive;

b). la possibilità di selezionare il personale con criteri più restrittivi presuppone esigenze del tutto peculiari ed eccezionali, idonee a giustificare le deroghe per garantire il buon andamento;

c). come noto, già nelle previsioni contenute nel d.lgs. n.165/2001, gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti con contratto a tempo determinato, a soggetti connotati da particolare e comprovata qualificazione professionale e da concrete esperienze di lavoro, che non siano rinvenibili nei ruoli dell’amministrazione;

d). tuttavia, il d. lgs. n. 150/2009, sotto questo profilo, ha teso a limitare il ricorso ad incarichi esterni, richiedendo una esplicita motivazione per il conferimento dell’incarico e ampliando i requisiti professionali e culturali richiesti (art. 40);

e). la giurisprudenza costituzionale – sul problema del conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei all’amministrazione regionale – ha, anche di recente, sottolineato che – in mancanza di presupposti ("peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico"), atti a giustificare la deroga al principio del concorso pubblico, che deve essere funzionale alle esigenze di buon andamento della pubblica amministrazione, le relative norme regionali adottate sono incostituzionali (cfr., Corte costituzionale sentenza n. 9 del 2010);

f). dunque, la natura "tecnicoprofessionale" degli incarichi in questione comporta che si deve verificare il possesso di specifici requisiti di competenza e professionalità e con procedure di selezione basate sull’apprezzamento di qualità e competenze professionali;

g). in ultimo, si ribadisce che le garanzie e i limiti di derivazione costituzionale sono posti "non solo e non tanto nell’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi" al buon andamento e all’imparzialità dell’amministrazione, pregiudicati dal "costo finanziario aggiuntivo", attribuito alla collettività (sentenza Corte Cost. n. 351 del 2008), nonché da interventi che impediscono "la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa e, in particolare, dei pubblici servizi" (sentenza Corte Cost. n. 104 del 2007).

Per le stesse considerazioni di cui sopra sono fondati anche i motivi aggiunti con i quali la Dott.ssa D. ribadisce le argomentazioni svolte con l’impugnativa principale.

In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti e, per l’effetto, sono annullati gli atti impugnati.

Quanto alla domanda di risarcimento dei danni, l’assoluta assenza di qualsiasi indicazione, nella domanda della ricorrente, circa l’entità degli stessi, nonché di qualsiasi prova (o, quanto meno, di un principio di prova) quanto alla esistenza stessa di un danno sofferto per effetto degli impugnati provvedimenti (di cui alcuna presunzione è consentita a questo giudice), ne impongono la reiezione.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il presente ricorso e i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati. Respinge la domanda risarcitoria.

Compensa tra le parti le spese, competenze ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere

Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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