Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-10-2013) 13-12-2013, n. 50563

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 10 maggio 2011 il Tribunale di Caltagirone, in composizione collegiale ed in veste di giudice dell’esecuzione, disattendeva la richiesta formulata da C.S. volta ad ottenere l’applicazione dell’indulto, in relazione a segmenti del reato continuato ex art. 609 bis cod. pen., commi ter e quater per cui venne condannato alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione, sul presupposto che una parte della condotta, e precisamente i reati a lui contestati sotto il capo C), erano stati commessi nel (OMISSIS), cosicchè, previo scorporo del cumulo, poteva applicarsi il D.P.R. n. 394 del 1990, che non prevedeva per tale tipo di reato alcuna preclusione.

1.1 Il Tribunale riteneva che l’indulto non poteva essere concesso poichè, una volta riconosciuto, sarebbe stato immediatamente da revocare, atteso che il reato commesso in (OMISSIS) e quello commesso in (OMISSIS) risalivano ad epoche che erano rilevanti ai fini della revocabilità del beneficio (cinque anni successivi all’entrata in vigore del D.P.R. n. 394 del 1990).

2. Avverso tale pronuncia, proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’istante, per dedurre inosservanza o erronea applicazione dell’art. 174 cod. pen., D.P.R. n. 394 del 1990, art. 4 e L. n. 241 del 2006, artt. 2 e 3, nonchè omissione di motivazione: secondo la difesa i giudici a quibus avrebbero omesso di pronunciarsi sulla applicabilità del beneficio ex lege n. 241 del 2006, che era pienamente applicabile alle frazioni di reato rientranti nell’originaria ipotesi di cui all’art. 519 cod. pen., e dunque commessi prima della riforma sui reati sessuali che ebbe ad introdurre nuove ipotesi di reato escluse dall’indulto.

Si duole poi la difesa che in ogni caso il cumulo non sia stato sciolto, onde stabilire il tempus commissi delicti di ciascun reato e la frazione di pena rapportata ai singoli reati unificati, al fine di accertare l’applicabilità del beneficio concesso ex D.P.R. n. 394 del 1990.

3. Qualificato il ricorso come opposizione da questa Corte, il Tribunale di Caltagirone, disposta la comparizione delle parti, con ordinanza del 29 gennaio 2013 rigettava l’opposizione proposta dal C., ribadendo la propria precedente decisione di inapplicabilità dell’indulto.

3.1 Il Tribunale, infatti, riteneva che il principio di scindibilità delle condotte delittuose riunite nel vincolo della continuazione non poteva valere quando la concessione dell’indulto è esclusa dalla legge per determinati reati e sussista una continuità di regolamentazione penale, tra i fatti oggetto di condanna (sia pure diversamente qualificati) e quelli esclusi dal condono, evidenziando al riguardo che la nozione di atti sessuali non è altro che la risultante della somma delle previgenti nozioni di "congiunzione carnale", di cui all’art. 519 cod. pen. e di "atti di libidine" di cui all’art. 521 cod. pen. e comprende tutti gli atti che esprimono l’impulso sessuale dell’agente invadendo la sfera sessuale del soggetto passivo attraverso un contatto corpore corpori.

4. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il C., per il tramite del suo difensore, deducendone l’illegittimità per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 174 cod. pen., art. 81 cod. pen., D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, art. 4; L. 31 luglio 2006, n. 241, artt. 2 e 3), nonchè per omessa motivazione in relazione alla richiesta di applicazione dell’indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241.

4.1 Nel ricorso si evidenzia, in primo luogo, che nel caso in esame non aveva trovato applicazione da parte del giudice dell’esecuzione il principio secondo cui l’esistenza delle condizioni per l’applicazione dell’indulto va valutata, in caso di reato continuato, previa scissione dello stesso in riferimento a ciascun episodio criminoso (Sez. 1, n. 1399 del 14/12/2010 – dep. 19/01/2011, xxx e altri, Rv. 249288).

4.2 Sostiene in particolare il ricorrente, sintetizzando quanto più diffusamente dedotto in ricorso, che essendo stato il C. condannato per "reati sessuali" (capo A della rubrica) commessi fra il (OMISSIS) e l’anno (OMISSIS) e quindi anche per fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della nuova normativa in tema di reati sessuali ((OMISSIS)) e per ciò qualificati ai sensi degli artt. 591 e segg. cod. pen., fattispecie che non rientrava fra quelle escluse dall’applicazione dell’indulto (concesso con D.P.R. n. 394 del 1990), il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto individuare, nell’ambito del reato continuato sub A), la violazione più grave, nonchè determinare la pena per i relativi reati satellite sempre del reato sub A), in tal modo verificando la loro eventuale incidenza come causa di revoca dell’indulto ex D.P.R. n. 394 del 1990, applicabile alle condotte poste in essere fino al (OMISSIS), nonchè la eventuale applicabilità dell’indulto ex L. n. 241 del 2006.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, nei termini meglio di seguito precisati, è fondato.

1.1 Premesso che la richiesta di applicazione dell’indulto proposta dal C. si riferisce ad una condanna dalla stesso subita per reati sessuali unificati nel vicolo della continuazione commessi rispettivamente "fino al (OMISSIS)" (capo A), il " (OMISSIS)" (capo B), nel (OMISSIS) (capo C), il Collegio deve rilevare, conformemente a quanto sostenuto anche nella requisitoria in data 2 maggio 2013 del Procuratore generale presso questa Corte, che il giudice dell’esecuzione – non avendovi provveduto il giudice della cognizione – avrebbe, in effetti, dovuto individuare, nell’ambito del reato continuato contestato al capo A, nel cui ambito rientrano plurime condotte commesse fra l’anno (OMISSIS) e l’anno (OMISSIS), la violazione più grave, nonchè determinare la pena "per i reati satellite" unificati sempre nell’imputazione sub A, in tal modo verificando la loro eventuale incidenza come causa di revoca dell’indulto ex D.P.R. n. 394 del 1990 applicabile alle condotte poste in essere fino al (OMISSIS), nonchè la eventuale applicabilità dell’indulto ex lege n. 241 del 2006.

1.2 Al riguardo occorre infatti considerare che l’esistenza delle condizioni per l’applicazione dell’indulto va valutata, in caso di reato continuato, previa scissione dello stesso in riferimento a ciascun episodio criminoso (Sez. 1, n. 1399 del 14/12/2010 – dep. 19/01/2011, xxx e altri, Rv. 249288).

Nella giurisprudenza di questa Corte, invero, risulta ormai prevalente il principio secondo cui "il reato continuato deve essere scisso nei suoi vari episodi criminosi al fine di accertare per ciascuno di essi, in relazione alla data di commissione, la sussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’indulto" (in termini, Sez. 1, Sentenza n. 19740 del 16/3/2005, dep. 24/05/2005, imp. xxx Rv. 231796).

2. Il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato con rinvio, per dare modo al giudice dell’esecuzione di compiere un nuovo esame dell’istanza del C., alla luce dei principi di diritto sopra indicati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Caltagirone.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2013

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