Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-10-2013) 13-12-2013, n. 50561

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Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Rovereto, deliberando quale giudice dell’esecuzione, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha revocato – su richiesta del PM della sede – l’indulto concesso a C.F., nella misura di anni 2 (due), mesi 9 (nove) e giorni 20 (venti) di reclusione ed Euro 520,00 di multa, dal Tribunale di Saluzzo, con provvedimento in data 21 febbraio 2008.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il condannato, personalmente, deducendone l’illegittimità, avendo il giudice dell’esecuzione ricollegato la revoca dell’indulto al presupposto, ritenuto insussistente, che esso ricorrente avesse riportato condanna a pena detentiva non inferiore a due anni per un delitto non colposo commesso entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge di concessione di indulto, non considerando che una sentenza di applicazione della pena emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. non ha natura di provvedimento di condanna e non comporta alcun riconoscimento positivo di responsabilità penale, sicchè non può costituire presupposto per la revoca dell’indulto precedentemente concesso all’imputato, conformemente, del resto, a quanto già affermato da questa Corte regolatrice, in analoga fattispecie (Sez. 5, n. 9047 del 15/06/1999 – dep. 15/07/1999, xxx S ed altri, Rv. 214296).
Motivi della decisione
1. L’impugnazione è inammissibile perchè basata su motivi manifestamente infondati.
1.1 Da parte del ricorrente, nel richiamare un remoto precedente giurisprudenziale, si omette di considerare, infatti, che ormai da tempo ed in maniera univoca, questa Corte si è espressa nel senso che "la sentenza di applicazione concordata della pena (art. 444 cod. proc. pen.), essendo equiparata, ai sensi dell’art. 445 cod. proc. pen., comma 1 bis, salvo diverse disposizioni di legge, ad una pronuncia di condanna (Cass. Sez. Un. 23 maggio 2006, n. 17781, rv.
233518), ben può costituire titolo idoneo per la revoca di diritto dell’indulto, ai sensi della L. n. 241 del 2006, art. 1, comma 3, qualora colui che ne ha usufruito commetta, entro cinque anni dall’entrata in vigore della citata legge, un delitto non colposo per il quale gli venga inflitta una pena detentiva non inferiore a due anni" (in tal senso Sez. 1, Sentenza n. 43158 del 23/10/2008, dep. 19/11/2008, ric. P.M. in proc. xxx, Rv. 242415, ed ancor prima Sez. 1, Sentenza n. 29959 del 11/07/2008, dep. 17/07/2008, ric. xxx, Rv. 240686).
1.2 Tali pronunce, hanno chiarito, in particolare, come "alla luce dell’interpretazione logico-sistematica dell’art. 444 cod. proc. pen., art. 445 cod. proc. pen., comma 1 bis, e L. n. 241 del 2006, art. 1, comma 3", il suddetto principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite ha una valenza generale e più ampia rispetto alla specifica fattispecie (revoca di diritto della sospensione condizionale della pena) con riferimento alla quale è stato enunciato e trova, quindi, applicazione anche in materia di revoca di diritto del beneficio dell’indulto ai sensi della L. n. 241 del 2006, art. 1, comma 3, (Cass., Sez. 1, 11 luglio 2008 n. 29959, rv.
240686).
1.3 Ne consegue che, essendo la pronuncia di cui all’art. 444 cod. proc. pen. equiparata ad una sentenza di condanna "salvo diverse disposizioni di legge", in assenza di una specifica diversa disposizione, della sentenza di patteggiamento deve senz’altro tenersi conto ai fini della revoca dell’indulto.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna per legge del ricorrente, al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla cassa delle ammende, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000), di una somma, congruamente determinabile in Euro 500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2013

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