Cass. civ. Sez. III, Sent., 06-09-2012, n. 14947

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Svolgimento del processo
p. 1. G.G. ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. xxx avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona del 27 dicembre 2005, con la quale è stato rigettato l’appello principale da lui proposto ed accolto quello incidentale avversario, relativamente alla sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Ancona nella controversia inter partes.
Con detta sentenza il Tribunale di Ancona – investito da esso ricorrente nel dicembre del 1993 contro il xxx della domanda intesa ad ottenere, a fronte del rifiuto della controparte di dar corso al rapporto per la ragione che l’immobile aveva destinazione ad uso negozio e non ad uso ufficio, l’accertamento della conclusione di un contratto locativo e dell’obbligo di adempierlo, nonchè subordinatamente la condanna al risarcimento del danno per l’esecuzione di lavori eseguiti in vista della locazione aveva rigettato la domanda relativa all’accertamento dell’intervenuta conclusione del contratto locativo e accolto la domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 1337 c.c., per responsabilità precontrattuale della convenuta nel limite di Euro 2222,03 parzialmente riconoscendo i danni lamentati dal qui ricorrente.
p. 2. L’appello del G. riguardava la richiesta di riconoscimento di maggiori danni per la riconosciuta responsabilità precontrattuale, mentre quello incidentale delle xxx s.p.a. (subentrate al Ministero) concerneva la disposta condanna a titolo risarcitorio.
p. 3. L’intimata non ha resistito al ricorso.
Motivi della decisione
p. 1. Con il primo motivo di ricorso si deduce "falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. in relazione all’art. 1337 c.c.".
Vi si censura la motivazione con cui la Corte territoriale ha accolto l’appello incidentale delle xxx e riformato la sentenza impugnata quanto alla riconosciuta responsabilità precontrattuale, escludendo, con espressa invocazione di Cass. n. 5920 del 1985 che quella responsabilità sussistesse a motivo che il recesso dalle trattative si doveva ritenere determinato – come risultava da una lettera del 10 giugno 1993 – dal comportamento del G., il quale aveva taciuto la circostanza che catastalmente l’immobile aveva destinazione commerciale ad uso negozio e non ad uso ufficio e non aveva richiesto e, quindi, ottenuto dai competenti uffici del Comune di Senigallia l’autorizzazione alla variazione d’uso.
p. 1.1. Il motivo viene argomentato sostenendosi:
a) che il giudice d’appello avrebbe "equivocato tra immobile ad uso commerciale e immobile ad uso ufficio, mentre avrebbe dovuto porre la propria attenzione sulla categoria dell’immobile … classato C/1", il che avrebbe determinato "per le ragioni esposte negli scritti dei precedenti gradi" che l’immobile "ben poteva essere adibito anche ad ufficio postale, senza alcuna autorizzazione amministrativa";
b) che la buona fede del ricorrente emergerebbe dal tenore di un non meglio identificato telegramma che si dice "allegato in copia agli atti del giudizio di primo grado", con cui l’Economato Provinciale P.T. di Ancona informava il G. che l’Ufficio Tecnico Erariale aveva ritenuto congruo il canone di locazione dell’immobile locando:
poichè l’UTE era competente alla tenuta dei registri catastali e alla classificazione degli immobili non sarebbe stato pensabile che, nel verificare la congruità del canone, non avesse verificato anche la idoneità dell’immobile sul piano della destinazione all’uso che l’Amministrazione postale voleva farne;
c) che sarebbe stato onere dell’Amministrazione Postale prendere visione delle caratteristiche catastali "prima ancora di prendere contatti e prescrivere lavori";
d) che correttamente il giudice di primo grado aveva valorizzato il fatto che non risultasse una diffida ad adempiere in ordine al mutamento della destinazione d’uso per ritenere che detta eccezione fosse stata solo un pretesto per non stipulare il contratto locativo;
e) che risulterebbe da due testimonianze che l’Amministrazione non aveva chiesto al G. autorizzazioni alla variazione d’uso e che il ricorrente non avrebbe proceduto ai lavori sull’immobile se non avesse fatto affidamento sulla conclusione del contratto.
f) che il ricorrente non aveva alcun interesse a richiedere la variazione d’uso prima della conclusione del contratto, che magari si sarebbe dovuto sottoporre a condizione sospensiva.
p. 1.2. Il motivo è inammissibile per svariate ragioni.
Quanto indicato sub a) risulta meramente apodittico, atteso che si fa rinvio a non meglio specificate "ragioni" esposte in non meglio precisati scritti dei precedenti gradi, così venendosi ad esigere da questa Corte la divinazione di quale fossero state queste ragioni ed omettendosi di precisare dove e come la relativa questione era stata devoluta al giudice d’appello, che nella sentenza non la esamina.
Parimenti, quanto indicato sub b), evocando sulla base di un documento, di cui si indica la sede di produzione, una circostanza di fatto che si dovrebbe essere allegata sulla base di esso nelle fasi di merito, viene enunciato senza che si dica come e dove la relativa allegazione era stata fatta e soprattutto, come e dove era stata devoluta al giudice d’appello: al riguardo è principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte che "Qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto -non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa" (ex multis: Cass. n. 230 del 2006, seguita da numerose conformi).
Nella specie il ricorrente ha indicato l’atto sul quale fonda la questione proposta, ma ha omesso di indicare come e dove di tale questione abbia fatto allegazione davanti al giudice di merito, il che supponeva la precisazione di dove e come, una volta prodotto il documento, se ne era tratta l’argomentazione qui prospettata e la si era introdotta nel contraddittorio e nell’oggetto del dovere di decisione del giudice di merito. Ulteriore omissione v’è stata circa l’indicazione di come la questione, allegata in ipotesi nel giudizio di primo grado, era stata devoluta al giudice d’appello.
La tecnica di illustrazione del motivo in parte qua risulta in tal modo intendere il giudizio di cassazione come un giudizio "aperto" alle attività di allegazione nuove in fatto, sia pure in funzione di prospettazione di questioni giuridiche. Ciò, contraddice la struttura stessa del giudizio di cassazione.
Quanto enunciato sub c), d), e) ed f) è meramente apodittico e non corredato da argomento in ture, come imponeva la natura del motivo di violazione di norme di diritto, e , quindi, non necessita di rilievi, perchè non ha la consistenza di una censura. Inoltre, nemmeno si indica l’udienza in cui sarebbero state assunte le prove per testi cui si fa riferimento, con evidente violazione del principio di autosufficienza (su cui, anteriormente al D.Lgs. n. 40 del 2006, si veda, fra tante, Cass. n. 12239 del 2007).
p. 2. Con il secondo motivo si deduce "falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47 in relazione alla L.R. Marche 18 giugno 1986, n. 14, artt. 5, 6 e segg..
Vi si sostiene – argomentando dalla legge regionale ed evocando un parere del 20 febbraio 2006 della Direzione centrale Cartografia, Catasto e Pubblicità, Area Servizi catastali in data 20 febbraio 2006, che si trascrive, ma del quale non si indica se viene prodotto in questa sede di legittimità – che da detto parere risulterebbe che nella prassi catastale sarebbe accettata la compatibilità fra la categoria C/1 e la destinazione ufficio Postale se l’unità immobiliare risulta di dimensioni non superiori a quelle di negozi e botteghe. Ciò, al fine di dimostrare che l’immobile avrebbe potuto essere adibito ad ufficio postale senza necessità di un’autorizzazione di variazione d’uso.
p. 2.1. Ora, in disparte la mancanza di indicazione sul se e dove il documento sarebbe stato prodotto in questa sede di legittimità (nuovamente rilevante agli effetti dell’autosufficienza), anche tale motivo si concreta nella prospettazione di una questione nuova in ture sulla base di risultanza di fatto non soltanto da accertarsi, atteso che nel parere riprodotto si fa riferimento a numerose caratteristiche dell’immobile, ai fini della sua rilevanza, ma, inoltre, sulla base di un’attività di allegazione manifestamente nuova, com’è implicato dal fatto che ci si basa sulle risultanze di un documento formatosi dopo la sentenza impugnata.
Il motivo è, pertanto, inammissibile perchè introduce una questione nuova, basata su allegazioni in iure ed infarto che non erano state introdotte nel giudizio di merito e, quindi in modo del tutto contrastante con il principio di diritto per cui non possono in sede di legittimità introdurre questioni nuove che richiedano accertamenti di fatto, che non possono aver corso nel giudizio di cassazione.
p. 3. Il terzo motivo denuncia "violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio" e si duole che la Corte territoriale non abbia esaminato in alcun modo la rilevanza della classificazione catastale come C/1, ma nuovamente così si prospetta una questione basata su una risultanza di fatto della quale si omette di indicare come e dove era stata introdotta nel processo di merito e, soprattutto, se e come la Corte d’Appello ne fosse stata investita e dovesse, quindi, deciderla. Da ciò la necessaria conclusione che la questione è da considerare nuova, alla stregua del principio di diritto di cui alla già citata Cass. n. 230 del 2006.
p. 4. Conclusivamente, il ricorso è rigettato.
Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 6 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2012

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