Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-10-2013) 02-12-2013, n. 47854

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con ordinanza resa in data 6/02/2012 la Corte D’appello di Catania, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettato la richiesta, avanzata da Z.M., di applicazione della continuazione in ordine ai reati giudicati con tre sentenze indicate nell’istanza, in quanto aventi ad oggetto fatti commessi a distanza di circa un anno tra loro ed integranti diverse fattispecie di reato, mentre per la quarta sentenza non era stata prodotta alcuna documentazione da parte dell’istante.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del suo difensore, il quale ha lamentato:
a) manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, per non avere la Corte territoriale rilevato che la distanza temporale tra gli episodi criminosi era limitata a circa due mesi tra il maggio ed i primi di agosto 1995;
b) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 81 cpv. cod. pen., manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con riguardo all’esclusione dell’omogeneità delle fattispecie, trattandosi di reati contro il patrimonio, mentre gli altri riguardavano tutti violazioni alle leggi doganali;
c) violazione della legge penale per aver la Corte d’Appello respinto l’istanza in ragione della mancata produzione della sentenza del Tribunale di Catania del 24/05/2001, mentre per principio giurisprudenziale, sul condannato grava soltanto l’onere di allegazione dei fatti dai quali dipende l’applicazione della continuazione, mentre spetta al giudice dell’esecuzione l’eventuale ricerca ed acquisizione delle sentenze necessarie.
3. Con requisitoria scritta depositata 30 aprile 2013 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Gabriele Mazzotta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo i motivi di gravame.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1. L’ordinanza impugnata con motivazione di estrema sintesi e ben poco illustrativa ha ritenuto di dover respingere la richiesta di applicazione in sede esecutiva della continuazione perchè "con riferimento alle prime tre sentenze sopra indicate, non sussistono i presupposti… atteso che non solo trattasi di fatti commessi a distanza di circa un anno tra loro, ma soprattutto non possono ritenersi espressione di un unico disegno criminoso giacchè hanno ad oggetto diverse fattispecie di reato", condizioni considerate ostative al riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso. Ha poi escluso la possibilità di apprezzare la fondatezza della richiesta in ragione della mancata produzione della sentenza del Tribunale di Catania del 24 maggio 2001. In tal modo il provvedimento in verifica risulta supportato da giustificazione carente ed erronea anche nell’apprezzamento dei dati fattuali.
1.1 In primo luogo, la sentenza della Corte di Appello di Catania dell’1/04/2008 ha giudicato e condannato lo Z. per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen., commesso in data 24/05/1995 e non 1996, il che ha una diretta refluenza sulla valutazione dell’epoca di commissione di tutti gli episodi criminosi oggetto delle prime tre sentenze, che non sono stati perpetrati nell’arco di un anno, ma in un più breve intervallo compreso tra il 24/5/1995 ed il 2/8/1995, circostanza non correttamente intesa dal giudice dell’esecuzione.
1.2. Sotto diverso profilo, anche il rilievo della disomogeneità delle fattispecie giudicate non è corretto, dal momento che furti e ricettazioni ledono tutti lo stesso bene giuridico, ossia il patrimonio del soggetto passivo. Inoltre, pur a fronte dell’oggettiva differenza tra tali illeciti e le violazioni alle leggi doganali, la Corte territoriale avrebbe dovuto più attentamente valutare la possibilità di unificare fra loro i reati per gruppi omogenei e non soltanto con riferimento alla totalità di quelli per i quali l’istante aveva riportato condanna.
1.3 Infine, anche il rilievo in ordine alla mancata produzione di una delle sentenze di condanna, indicate nell’istanza, non ha effetti preclusivi della possibilità del suo accoglimento: per quanto tale documento non sia presente tra gli atti del procedimento, ciò non esentava il giudice dell’esecuzione dall’attivarsi d’ufficio alla sua acquisizione, così come disposto dalla norma di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. e dal condurre una successiva puntuale disamina delle fattispecie ivi giudicate.
2. Più in generale, giova ricordare che, per poter applicare in sede di cognizione, come in quella esecutiva, l’istituto della continuazione è necessario che ricorrano sotto il profilo oggettivo una pluralità di azioni od omissioni e più violazioni di legge e, dal punto di vista soggettivo, che la loro commissione sia avvenuta in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tale ultimo requisito di natura psicologica e quindi interiore al soggetto agente, postula la rappresentazione dei singoli episodi criminosi, individuati almeno nelle loro linee essenziali sin dall’inizio dell’attività illecita, ossia che l’autore abbia già previsto e deliberato in origine ed in via generale l’"iter" criminoso da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali attuarlo, che nella loro oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in essere in un contesto temporale di successione o contemporaneità. Resta comunque escluso che l’unicità di disegno criminoso possa identificarsi con l’abitualità criminosa o con scelte di vita ispirate alla continua violazione delle norme penali, così come, sul fronte opposto, non può nemmeno pretendersi che tutti i singoli reati siano stati in dettaglio progettati e previsti nelle varie occasioni temporali e nelle modalità specifiche di commissione delle loro azioni, atteso che la disciplina normativa richiede identità del "disegno" criminoso, ossia che i singoli reati siano mezzo per il conseguimento di un unico intento, sufficientemente specifico e rintracciabile sin dalla commissione del primo di essi sulla scorta di un apprezzamento in punto di fatto spettante al giudice di merito, come tale, se congruamente motivato, insuscettibile di censura nel giudizio di legittimità (Cass. sez. 5, nr. 23370 del 14/5/2008, Pagliara, rv.
240489; sez. 1, nr. 18340 dell’11/2/2011, xxx, rv. 250305; sez. 1, nr. 12905 del 17/03/2010, xxx, rv. 246838; sez. 5, n. 49476 del 25/9/2009, xxx, rv. 245833).
2.1 A tal fine l’analisi, da condurre sulla base degli accertamenti di fatto contenuti nelle sentenze che hanno giudicato le singole vicende criminose, deve riguardare una pluralità di indici sintomatici, rivelatori dell’ideazione e della determinazione volitiva unitaria, quali la prossimità temporale di commissione, l’omogeneità delle condotte sotto il profilo oggettivo, le circostanze concrete di tempo e luogo dell’azione, il bene giuridico leso, le finalità perseguite, le abitudini programmate di vita, con la specificazione che non è necessario rintracciare la compresenza di tutti questi elementi, potendo assumere valore significativo anche la ricorrenza di uno o più di essi e che tanto maggiore è il novero degli elementi indicativi tanto maggiore sarà la possibilità di riconoscere la continuazione.
2.2 La disamina dell’ordinanza impugnata alla luce dei superiori principi convince che è stata omessa l’analisi delle singole fattispecie criminose già giudicate alla luce degli argomenti rappresentati dall’istante, nè è stata approfondita la tematica all’interno dei due gruppi di violazioni, concludendo per l’assenza di una matrice genetica comune in assenza di una specifica giustificazione riferita alle caratteristiche di consumazione dei singoli episodi criminosi. Difettando dunque una "approfondita disamina dei casi giudiziari" risolti nelle sentenze oggetto dell’istanza (Cass., sez. 1, n. 802 del 10/2/1995, xxx, rv.
200586; sez. 1 n. 6587 del 10/12/1996,xxx, rv. 206403; sez. 1, n. 19987 del 29/04/2010, xxx, rv. 247593), la motivazione del provvedimento impugnato risulta carente ed affetta da vizi logici perchè non rende comprensibili le ragioni della decisione.
2.3 Va aggiunta una sola precisazione: non viene qui in rilievo la valutazione condotta dal Tribunale nella sua discrezionalità e nell’apprezzamento delle circostanze di fatto, che, in quanto tali, non potrebbero essere oggetto del sindacato conducibile nel giudizio di legittimità, quanto la completezza ed adeguatezza dell’apparato giustificativo della decisione, che, avrebbe potuto anche essere reiettiva dell’istanza, ma avrebbe dovuto essere corredata dalla congrua esposizione delle relative ragioni in aderenza ai dati concreti, riguardanti i singoli episodi criminosi, – modalità dell’azione, oggetto materiale, tempi, luoghi di commissione, correi, moventi della condotta -, già giudicati.
Ne va dunque disposto l’annullamento con rinvio al fine di procedere ad un nuovo esame dell’istanza del ricorrente.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di Catania.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2013

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