T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 31-01-2011, n. 868

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con il proposto ricorso il Tenente Colonnello della xxx R.S. ha impugnato il giudizio di avanzamento a scelta al grado di Colonnello per l’anno. 2004, in esito al quale è stato giudicato idoneo ma non iscritto in quadro, in quanto collocatosi all’82° posto della graduatoria di merito, con punti 27,78/30.
Deduce, in sostanza, il ricorrente sia eccesso di potere in senso assoluto, con riferimento alla asserita discrepanza tra profilo di carriera e valutazione riservatagli che eccesso di potere in senso relativo nei confronti di quattro parigrado.
Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.
Alla pubblica udienza del 9 dicembre 2010 il ricorso viene ritenuto in decisione in esito alla discussione orale.
Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.
Va innanzitutto esaminata la censura di carattere preliminare concernente la rilevata ed asseritamene illegittima identità della formulazione lessicale dei giudizi espressi da ciascun commissario.
La stessa è infondata.
Ben conosce il Collegio l’orientamento di alcuni Tribunali secondo cui "la circostanza che tutte le schede redatte dai singoli membri di una commissione di avanzamento al grado di colonnello della xxx siano letteralmente identiche costituisce sintomo di una valutazione non approfondita degli elementi di giudizio, considerato che tale modus procedendi altera la funzione della fase di discussione collegiale che precede l’attribuzione del punteggio numerico e costituisce il momento centrale della procedura di valutazione" (così, T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 10 luglio 2007, n. 2740). Ritiene tuttavia di condividere il diverso avviso interpretativo secondo cui la consonanza delle valutazioni – refluite nelle schede di valutazione riferibili a ciascun componente della commissione – espresse in dichiarazioni simili o uguali per tutti gli esaminati, così come l’identità dei punteggi assegnati a questi ultimi, non è di per sé indice di eccesso di potere, quanto piuttosto di approfondito esame collegiale, fatto salvo il caso (nella specie non ricorrente) in cui il ricorrente provi rigorosamente la rinuncia di uno dei componenti della commissione ad emettere un giudizio autonomo, rispetto a quelli formulati dagli altri membri (Cons. Stato, IV, 14 febbraio 2006, n. 575; Cons. Stato, IV, 31 gennaio 2005, n. 214 e, da ultimo, 21 aprile 2009 n. 2437 che sul punto ha riformato la sentenza del T.A.R. Piemonte innanzi citata).
Ciò detto, quanto al "merito" delle contestazioni di parte ricorrente, giova preliminarmente segnalare in subiecta materia la presenza di un ferreo orientamento giurisprudenziale, ormai condivisibilmente stratificatosi nelle valutazioni sulle procedure di avanzamento degli ufficiali collocati nei più altri gradi degli appartenenti al Corpo della xxx, dal quale la Sezione non trova ragione per doversi discostare (cfr. da ultimo, T.A.R. Lazio, II Sezione, 10 agosto 2010 n. 30570).
La giurisprudenza, sia dei Tribunali amministrativi regionali sia del Consiglio di Stato, ha costantemente sottolineato la amplissima discrezionalità che caratterizza il giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali, censurabile solo in presenza di una macroscopica incoerenza e conseguente irrazionalità nella valutazione effettuata, atteso che, proprio perché si tratta di valutazioni necessariamente caratterizzate da ampia discrezionalità, il sindacato di legittimità rimesso al giudice non può che essere limitato al solo riscontro dell’uniformità del metro valutativo in concreto utilizzato per i diversi candidati.
Ciò non comporta, ovviamente, l’attribuzione alla commissione superiore di avanzamento di un potere insindacabile e di puro arbitrio, atteso che i principi giurisprudenziali costantemente seguiti dal giudice amministrativo non tendono affatto ad escludere la intangibilità dei giudizi in questione, bensì a precisare i limiti del sindacato, necessariamente ristretti e segnati dalla necessità di rispettare la linea che comunque separa il giudizio di legittimità dalla valutazione di merito, squisitamente discrezionale, demandata in via esclusiva all’apprezzamento del competente organo collegiale.
Invero, la pacifica giustiziabilità della selezione in argomento, volta ad evitare che la discrezionalità amministrativa possa trasmutare in arbitrio o in elusione delle regole che presiedono al giudizio di avanzamento – che richiede, alla luce della normativa di riferimento (art. 19 del decreto legislativo 19 marzo 2001 n. 69), un autonoma valutazione dei partecipanti, ancorata esclusivamente ai precedenti di carriera – comporta che il relativo esito, qualora contestato in giudizio, permetta comunque di verificare da parte del giudice adito, nell’ambito tracciato dal gravame, l’uniforme applicazione del metro di giudizio adottato nella selezione.
In altre parole, l’ampiezza della discrezionalità attribuita alle commissioni superiori di avanzamento, chiamate, in generale – e ancor più quando si tratti, come nella specie, di avanzamento al grado di generale di divisione – ad esprimersi su ufficiali dotati di pregevolissimi profili di carriera, le cui doti sono definibili solo attraverso sfumatissime analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle loro qualità, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali (tra molte, Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196), non esclude che la valutazione debba essere coerente con i precedenti di ciascun ufficiale e rispondente ad un criterio uniforme per tutti gli esaminati (Cons. Stato, Sez. IV, 29 novembre 2002 n. 6522 nonché TAR Lazio, Sez. II, 16 giugno 2004 n. 5866).
Sono, quindi, apprezzabili nella presente sede quelle palesi aberrazioni che, per la loro manifesta irrazionalità, rivelino il cattivo uso del potere amministrativo "sì da far ritenere che i punteggi siano frutto di elementari errori ovvero il risultato di criteri impropri, volti al raggiungimento di finalità estranee a quelle della scelta dei soggetti più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire"(Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 1996 n. 1265 nonché, tra le più recenti, TAR Lazio, Sez. II, 1 luglio 2009 n. 6345). Sempre che, naturalmente, l’abnormità e l’incoerenza della valutazione, in contrasto con i precedenti di carriera e la violazione delle regole di tendenziale uniformità del criterio di giudizio, emergano dall’esame della documentazione con assoluta immediatezza (Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196 e 10 marzo 1998 n. 397).
Può in proposito aggiungersi che tali principi debbono valere a maggior ragione nelle ipotesi, come quella in esame, in cui si tratti di promozioni ai posti di vertice della gerarchia militare, in cui i candidati risultano tutti sicuramente dotati di ottimi profili di carriera, le qualità dei quali sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato in modo stringente dalle singole risultanze documentali (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2007 n. 5187).
In base a costante giurisprudenza, anche della Sezione, il giudizio d’avanzamento a scelta degli ufficiali del Corpo della xxx, caratterizzato da una valutazione in assoluto per ciascuno di essi, costituisce di per sé un tipico giudizio di merito, frutto d’una valutazione tecnica, da parte della commissione superiore di avanzamento, latamente discrezionale. Sicchè è jus receptum, con un’abbondanza di arresti del Supremo Consesso tali da esimere il Collegio da ogni citazione, che siffatte valutazioni sono sindacabili, in sede di giudizio di legittimità solo quando manifestino evidenti incongruenze, rilevabili dall’esame della documentazione caratteristica dell’ufficiale scrutinando. Innanzi a questo Giudice, quindi, sono apprezzabili solo quelle palesi aberrazioni di giudizio che, per la loro evidente irragionevolezza o sproporzione, rivelino un cattivo uso della potestà amministrativa da parte della commissione. In altri termini, occorre che si possa ritenere che i punteggi assegnati siano o il frutto di palesi errori di fatto o sulla qualificazione giuridica del fatto, oppure la risultante di criteri fattuali impropri e contrari a quelli proclamati dalla commissione di avanzamento per condurre la valutazione, perché volti al raggiungimento di scopi estranei alla scelta dei candidati più capaci e meritevoli, ossia più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire.
Reputa opportuno il Collegio ancora rammentare che la rottura dei criteri di valutazione (quale sintomo dell’eccesso di potere in senso assoluto) e la violazione della regola dell’uniformità del criterio di giudizio verso tutti e ciascun ufficiale scrutinando (quale sintomo dell’eccesso di potere in senso relativo) non possono certo esser ricavate da un’analitica e nuova valutazione di questo Giudice sulla posizione, assoluta o comparata, dell’ufficiale, a pena di compiere un vero e proprio giudizio di merito, in sostituzione della Commissione di avanzamento (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 17 febbraio 2004 n. 632).
Spetta al giudice amministrativo solo la ricostruzione, alla luce di quanto specificamente dedotto dal ricorrente, dell’intera vicenda per verificare la fondatezza della prospettazione, al fine di cogliere, quindi, l’esistenza, o meno dei sintomi denunciati. In particolare, il sindacato giurisdizionale dei giudizi d’avanzamento è ammissibile, sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto, allorquando si tratti di sindacare la coerenza generale del metro valutativo adoperato ovvero la manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate e alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della carriera degli scrutinandi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3378).
Appare evidente, dunque, come la censura di eccesso di potere in senso assoluto presupponga precedenti di carriera costantemente eccellenti ed esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento, onde i sintomi di tal vizio si possono cogliere solo se nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell’intera carriera dell’ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio attribuito del tutto inadeguato (giurisprudenza consolidata: cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 2008 n. 2051).
Tanto premesso il Collegio, pur prendendo atto delle qualità di altissimo livello dimostrate nel corso della carriera dal ricorrente, nonché della effettiva rilevanza delle attività svolte e degli incarichi speciali disimpegnati, non ritiene tuttavia che nel caso in esame possano configurarsi gli estremi per ravvisare un vizio di eccesso di potere in senso assoluto atteso che un simile vizio è logicamente riscontrabile soltanto alla condizione, oggettivamente difficile da verificarsi, che dalla documentazione caratteristica dell’ufficiale emerga un livello così macroscopicamente ottimale dei precedenti di carriera, che risulti idoneo a dimostrare la effettiva sussistenza di un livello di straordinarietà assoluta ed indiscutibile dell’ufficiale considerato.
Non va dimenticato che, nel caso in esame, la commissione ha proceduto alla valutazione di ben 226 Tenenti Colonnelli in s.p.e. del ruolo normale appunto inclusi nell’aliquota di valutazione per l’anno 2004 ed avendo quindi indubbiamente, detta commissione, ricevuto il grave compito di pronunciarsi su Ufficiali che, per lo sviluppo di carriera realizzato, vanno ritenuti già tutti ampiamente selezionati ed in possesso di qualità tutte di grande rilievo e definibili solo attraverso sfumate analisi di merito implicanti la ponderazione "non aritmetica" delle complessive qualità di ciascuno.
In altri termini, essendo quelli sopra rappresentati i capisaldi essenziali che guidano l’interprete nell’analisi delle vicende di causa, non hanno alcun pregio le censure dedotte dalla difesa del ricorrente in ordine al preteso eccesso di potere in senso assoluto che, a detta dello stesso ricorrente, inficerebbe l’intero giudizio sul suo stato di servizio e di carriera.
Nella specie, l’ufficiale in questione risulta invero destinatario della massima qualifica a partire dal marzo del 1987, riportando tuttavia alcune riduzioni delle positive aggettivazioni conseguite per il rendimento in servizio, con relativa riduzione di un livello. In ogni caso, non ha mai conseguito l’attestazione di lode coniugata alla qualifica apicale. Subisce, comunque, in carriera 16 flessioni, di cui ben 8 nel grado rivestito al momento della valutazione. La documentazione acquisita, pertanto, non testimonia di una apicalità tale da far ritenere sussistente, ictu oculi, il vizio di eccesso di potere in senso assoluto. Le stesse ultime due schede valutative, redatte nel grado di Tenente Colonnello (21 gennaio 2002 – 10 agosto 2003) registrano giudizi non apicali per numerosi voci.
Va poi constatato che gli incarichi ricoperti, seppur numerosi e prestigiosi, si pongono in piana consonanza con quello che è lo sviluppo della carriera operativa di un ufficiale del Corpo della xxx giunto allo scrutinio per conseguire il passaggio al grado di Colonnello. Così come appaiono rientrare nella normale attività di preparazione, aggiornamento e perfezionamento i corsi frequentati dal ricorrente e peraltro predisposti dalla stessa amministrazione. Né i tratti della particolare siginificazione assume l’attività di docenza espletata dal ricorrente, sostanziatesi in sei incarichi di insegnamento nell’ambito di corsi periferici per sottufficiali e militari di truppa. Del pari è a dirsi per le onorificenze vantate dal ricorrente, anche avuto riguardo alla circostanza per cui la "croce d’argento per anzianità di servizio e la "medaglia militare di bronzo al merito di lungo comando di reparto" sono concesse attraverso procedure generalizzate ed automatiche
Peraltro, risulta dalla documentazione acquisita che il ricorrente si è collocato al termine della Scuola di Applicazione al 14° posto su 54 frequentatori.
Da ultimo, pur non essendovi sul punto particolari contestazioni in sede di ricorso, ricorda il Collegio che per costante e condivisibile giurisprudenza il giudizio sull’attitudine ad assolvere le funzioni della qualifica superiore non discende meccanicisticamente dalle valutazioni già attribuite alle altre categorie di titoli ed alla media aritmetica dei punti ad esse assegnati, in quanto la citata attitudine è intesa a prevedere in quale misura l’impiegato dia garanzia per lo svolgimento in futuro di mansioni più qualificate, riassumendo e concludendo le valutazioni di tutti gli altri parametri e concretizzandosi in un giudizio di sintesi di carattere finale che esprime il momento comparativo della selezione (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 08 novembre 2010, n. 33223).
Se queste sono le risultanze che emergono dall’esame della documentazione scrutinata dalla commissione superiore di avanzamento in sede di valutazione pare corretto osservare che, proprio con riferimento alle censure formulate in ricorso ed anche alla luce della giurisprudenza che governa la materia, di cui si è fatto cenno, un curriculum anche pregevole, quale quello del ricorrente, non è idoneo a suffragare di per se l’illegittimità dell’operato dell’organo collegiale, inverando il vizio di c.d. "eccesso di potere in senso assoluto", censura cui, al di là delle formule di denunzia utilizzate, può essere ricondotta buona parte delle doglianze ivi esposte.
La giurisprudenza più accorta ai sopra detti limiti, che il giudizio di legittimità sconta nella materia, ha delineato per scorgere la figura dell’"eccesso di potere in senso assoluto" nelle procedure di avanzamento dei militari una isolata ipotesi al ricorrere della quale può riconoscersi fondatezza alla suddetta censura "in senso assoluto", vale a dire solo quando la documentazione dimostri che si è al cospetto di un "ufficiale con precedenti di carriera costantemente ottimi – tutti giudizi finali apicali, massime aggettivazioni nelle voci interne, conseguimento del primo posto nei corsi basici – esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento, di tal che i sintomi di tale vizio possono cogliersi esclusivamente quando nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell’intera carriera dell’ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio attribuito del tutto inadeguato" (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. IV, 28 settembre 2009 n. 5833, 22 novembre 2006 n. 6847 e 3 febbraio 2006 n. 485, tenendo peraltro conto che la Sezione ha addirittura dubitato della concreta ricorribilità della fattispecie nella realtà fenomenica, cfr. TAR Lazio, Sez. II, 3 aprile 2008 n. 2836).
Basta, quindi, per escludere la ricorrenza del vizio di cui si discute nel contenzioso all’odierno esame, richiamarsi alle valutazioni conseguite ed alle flessioni di giudizio riportate nelle schede valutative del ricorrente nel corso della carriera..
Per ciò solo, dunque, in conformità alla consolidata giurisprudenza in materia, deve escludersi la sussistenza del presupposto necessario per configurare il vizio dedotto nei sensi di cui sopra dal ricorrente.
Può quindi passarsi all’esame del vizio di eccesso di potere in senso relativo, prospettato dal ricorrente sulla base di un raffronto fra i propri precedenti di carriera e quelli posseduti dai controinteressati G., S., C. e R..
Il ricorrente ripropone, in concreto, un esame comparativo di singole voci valutative al fine di dimostrare la disparità di valutazione che si sarebbe verificata a suo svantaggio e quindi l’illegittimità dell’operato posto in essere dalla commissione di avanzamento.
Il Collegio deve preliminarmente richiamare il principio giurisprudenziale consolidato, già sottolineato in altre decisioni di questa Sezione, secondo cui ai singoli requisiti e titoli non può riconoscersi una specifica autonomia, nella definizione del giudizio complessivo, in quanto tutti gli elementi vanno considerati nel loro insieme, con la conseguenza che eventuali carenze possano essere compensate da titoli diversi apprezzati come equivalenti o prevalenti, secondo giudizi di merito rimessi alla competente Commissione di avanzamento.
Al riguardo, giova richiamare il granitico orientamento del Consiglio di Stato, che dall’altissima discrezionalità tecnica che connota le valutazioni compiute dall’Amministrazione sulla carriera degli ufficiali scrutinandi (le quali, comportando un attento apprezzamento delle capacità e delle attitudini proprie della vita militare dimostrate in concreto, impingono direttamente il merito dell’azione amministrativa) fa discendere l’ammissibilità del sindacato giurisdizionale solo entro i limiti dei vizi di manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto, non essendo in questo caso il giudice amministrativo munito di cognizione di merito (cfr. Cass. civ., SS.UU., 8 gennaio 1997 n. 91; Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2005 n. 7427, 14 febbraio 2005 n. 440, 14 dicembre 2004 n. 7949, 27 aprile 2004 n. 2559, 17 dicembre 2003 n. 8278, 18 ottobre 2002 n. 5741, 30 luglio 2002 n. 4074 e 3 maggio 2001 n. 2489).
Sulla scorta di tali principi, con specifico riferimento all’ipotesi in cui sia dedotto il vizio di eccesso di potere in senso relativo, si è affermato che il giudice amministrativo:
A) non può procedere all’esame comparativo degli ufficiali valutati in sede di redazione degli scrutini di avanzamento o verificare la congruità del punteggio, in quanto la discrezionalità tecnica attribuita alla commissione è sindacabile solo in presenza di valutazioni microscopicamente irragionevoli (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2005 n. 7397; n. 440 del 2005, cit., n. 7949 del 2004, cit. e n. 4074 del 2002, cit.);
B) ha cognizione limitata alla verifica in generale della logicità e razionalità dei criteri seguiti dalla commissione di avanzamento, in considerazione dell’ampia discrezionalità attribuita a tale organo, chiamato ad esprimersi su candidati le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito, implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 7397 del 2005, cit., n. 440 del 2005, cit., n. 7949 del 2004, cit., n. 4074 del 2002, cit. e 1 settembre 1999 n. 1387);
C) non può scindere i singoli elementi oggetto di valutazione da parte della commissione, o peggio ciascuna delle qualità prese in considerazione nell’ambito di essi, per poi assumere che uno solo di essi isolatamente considerato sia sufficiente a sorreggere il giudizio complessivo (o, se illegittimo, a travolgerlo), in quanto i titoli vantati da ciascun ufficiale sono bilanciabili fra loro conducendo ad un giudizio indivisibile (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 7397 del 2005, cit., 5 aprile 2005 n. 1515 e n. 440 del 2005, cit.).
Orbene, le descritte condizioni di manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto (in ipotesi idonee a ritenere sussistente il dedotto vizio di eccesso di potere in senso relativo) non ricorrono nel caso di specie, essendo piuttosto da osservare che il ricorrente nei motivi aggiunti non ha compiutamente richiamato tutti gli elementi da tenere in considerazione con riguardo ai ricordati controinteressati. E, comunque, appare sufficiente a rilevare la infondatezza del motivo di ricorso in questione la circostanza per cui gli stessi controinteressati risultano – a tacer d’altro – aver conseguito nello sviluppo della carriera qualifiche apicali ovvero notazioni elogiative di apprezzamento per periodi superiori al ricorrente (peraltro, già valutato e non promosso nel 2003) e/o minori flessioni di giudizio rispetto a questi e/o migliore collocazione nella graduatoria finale di merito per la promozione al grado di Maggiore (cfr. comunque nel dettaglio anche del numero di onorificenze, incarichi espletati, titoli di studio ed attività di docenza espletata la memoria difensiva della resistente amministrazione relativa ai motivi aggiunti depositata l’8 novembre 2010, pagg. 16, ultimo capoverso – 49).
In conclusione, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.
Sussistono, tuttavia, giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Salvatore Mezzacapo, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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