Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-10-2013) 02-12-2013, n. 47848

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Svolgimento del processo
1. Con ordinanza emessa dal Tribunale di Monza in funzione di giudice dell’esecuzione in data 10 ottobre 2012 veniva revocato nei confronti di G.F. l’indulto concesso sulla maggior pena inflitta con sentenza dello stesso Tribunale del 14 maggio 2008, irrevocabile il 10 ottobre 2011, in ragione della già avvenuta applicazione del medesimo beneficio nella massima estensione con altra sentenza non compresa nel provvedimento di cumulo emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Monza del 22 dicembre 2011 e di cui all’atto della pronuncia della sentenza del 14 maggio 2008 non si era potuto tenere conto perchè contenuto in altro provvedimento di cumulo, emesso dal Procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma del 20 giugno 2006 e dell’ordinanza di questa Corte di Appello del 7 novembre 2006.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del suo difensore, il quale ha lamentato erronea applicazione della legge penale, in quanto l’indulto, accordato dal giudice nella fase della cognizione con provvedimento passato in giudicato, non poteva essere revocato in sede esecutiva, ma soltanto a seguito dell’esperimento degli ordinari mezzi d’impugnazione.
3. Con requisitoria scritta depositata l’8 maggio 2013 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Sante Spinaci, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1. E’ pacifico che il ricorrente, con sentenza emessa in data 14 maggio 2008 dal Tribunale di Monza, aveva subito la condanna alla pena di anni sei di reclusione, di cui tre condonati ai sensi del D.P.R. n. 241 del 2006, art. 1, e che tale pronuncia, su impugnazione del solo imputato, era stata confermata dalla Corte di Appello di Milano in ordine alla responsabilità ed all’applicazione dell’indulto, con la sola riduzione della pena ad anni quattro e mesi sei di reclusione, sentenza poi divenuta irrevocabile. Pertanto, è certo che il punto della decisione, riguardante la concessione del beneficio dell’indulto, non era stato oggetto di contestazioni con i mezzi d’impugnazione ordinari, non esperiti dall’organo dell’accusa, e quindi la relativa statuizione aveva acquisito autorità di giudicato.
1.1 Il quesito in punto di diritto che il ricorso pone riguarda la possibilità di un successivo intervento di revoca dell’indulto in sede esecutiva, quando applicato sin dall’origine in assenza delle condizioni legittimanti, previste dalla legge, come verificatosi nel caso in esame, nel quale il condannato per effetto di decisione assunta dalla Corte di Appello di Roma del 7 novembre 2006 ne aveva già beneficiato nella massima estensione possibile in relazione ad altra precedente condanna, inflittagli dalla medesima Corte in data 20 maggio 2004, definitiva il 17 maggio 2006, dal che discendeva la non reiterabilità del condono.
2. La difesa al riguardo richiama principi interpretativi, espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, di cui però il Tribunale ha mostrato di avere già tenuto conto. Invero, deve prendersi spunto dal disposto dell’art. 674 cod. proc. pen., primo comma, il quale consente la revoca dell’indulto in sede esecutiva, come anche della sospensione condizionale, della grazia e dell’amnistia, soltanto nell’ipotesi di beneficio "condizionato", ossia la cui stabilità di effetti nel tempo dipenda dalla condizione della mancata commissione di altri reati in un certo periodo contemplato esplicitamente dalla legge, sempre che la rimozione non sia stata disposta con la sentenza di condanna per tale successivo reato: è dunque corretto ritenere che la norma in esame postuli l’avverarsi di un evento, che faccia discendere automaticamente la revoca del beneficio e la cui sopravvenienza abbia impedito materialmente al giudice di cognizione di potersene avvedere e quindi di rilevare una causa ostativa all’applicazione del condono. Qualora, invece, ciò fosse dipeso da errata interpretazione o applicazione della relativa disciplina o da errata considerazione dei presupposti di fatto, quindi a fronte di una svista o comunque di un errore del giudice che ha concesso il beneficio, non potrebbe porvisi rimedio in sede esecutiva, spettando soltanto al giudice di cognizione intervenire, sollecitato mediante la devoluzione della questione attraverso gli ordinari mezzi di gravame, pena l’inammissibile trasformazione del procedimento di esecuzione in un terzo grado di merito, surrogatorio del giudizio di impugnazione, non attivato dai soggetti legittimati (Cass. sez. 1, n. 3851 del 25/11/2008, xxx, rv. 242435; sez. 1, n. 45076 del 30/10/2008, xxx, rv. 242335; sez. 1, n. 6320 del 17/12/2009, xxx, rv. 246109; sez. 1, n. 24549 del 17/06/2010, Pmt in proc. xxx, rv. 247789).
2.1 In altri termini, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’escludere l’ammissibilità della revoca dell’indulto quando rappresenti un ripensamento postumo sui presupposti applicativi dell’istituto, che è ostacolato dall’irrevocabilità del provvedimento che lo ha concesso.
2.2. Diversa soluzione è stata offerta per il caso in cui la causa sopravvenuta determinante la revoca o quella preesistente comunque ostativa non fosse stata conosciuta dal giudice in sede di cognizione per l’avvenuta concessione del beneficio da parte di un giudice diverso, senza che a quello procedente fosse stato possibile verificame l’applicazione e quindi anche solo implicitamente valutarla e ritenerla inoperante, oppure qualora fosse emersa la sussistenza a carico del soggetto di condanne non potute apprezzare per una qualunque ragione: in questi casi è operante il principio della "immutabilità rebus sic stantibus" della applicazione del beneficio e lo stesso può essere eliminato anche in sede di esecuzione (Cass. sez. 1, n. 11647 del 30/1/2008, xxx, rv.
239712; sez. 1, n. 7261 del 31/1/2006, Profilo, rv. 234071; sez. 1, n. 41938 del 14/10/2009, Mengoni, rv. 245065; sez. 1, n. 33528 del 07/07/2010, Di Mauro, rv. 247975).
3. Nel caso in esame può fondatamente sostenersi, come fatto dal giudice dell’esecuzione, che il Tribunale di Monza non avesse potuto avvedersi della già disposta concessione dell’indulto nella massima estensione possibile, perchè avvenuta con provvedimento della Corte di Appello di Roma, di cui non aveva avuto cognizione perchè non riportato nel certificato del casellario allora disponibile, secondo quanto accertato dallo stesso Tribunale: in senso contrario non vale sostenere che i provvedimenti di unificazione di pene concorrenti emessi dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma in data 20 giugno 2006 e 18 settembre 2006, che riportavano l’intervenuta estinzione della pena per effetto di condono, erano stati comunicati al G.I.P. del Tribunale di Monza. In primo luogo, soltanto il primo cumulo aveva disposto detta comunicazione, non già il secondo e comunque non vi è prova agli atti che ciò fosse avvenuto effettivamente e che gli atti comunicati fossero stati a conoscenza del Tribunale di Monza al momento di celebrare il giudizio a carico del G., perchè tanto non è deducibile nemmeno dalla documentazione allegata al ricorso.
Come sostenuto incisivamente dalla pronuncia sez. 1, n. 11647 del 30/1/2008, xxx, rv. 239712 in una fattispecie analoga, "altro è la possibilità di conoscenza altra è la effettiva conoscenza, che dai citati documenti non può essere correttamente dedotta".
Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2013

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