T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 31-01-2011, n. 860

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1.- Con un primo ricorso, rubricato al n. R.g. 7096 del 1994, la Società R.N. ha impugnato il provvedimento con il quale l’Ufficio del Registro del demanio le ha ingiunto il pagamento della somma di lire 20.393.000, salvo conguaglio, per l’asserita occupazione abusiva di uno specchio acqueo con galleggiante sito in xxx, sponda xxx, località xxx xxx (tra il Ponte xxx e il Ponte xxx) di complessivi mq 438, per il periodo dal 1975 al 1993.
Lamenta la ricorrente l’illegittimità del predetto atto visto che esso non reca alcuna indicazione circa il provvedimento ad esso presupposto che, se emesso, non eliminerebbe la contestata illegittimità in quanto, pur non potendolo dimostrare documentalmente, la Società ha sempre utilizzato lo specchio acqueo in questione. Sotto altro profilo apparirebbe irragionevole e priva di adeguata istruttoria la determinazione con la qual l’Amministrazione ebbe a quantificare l’importo dovuto.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione principalmente intimata depositando documenti.
Con ordinanza n. 1998 del 1994 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente.
2. – Con un secondo ricorso, rubricato al n. R.g. 8292 del 1998, la Società R.N. ha impugnato il provvedimento con il quale l’Ufficio del Registro del demanio le ha ingiunto il pagamento della somma di lire 98.009.020, oltre lire 203.400 per interessi maturati al 30 aprile 1998, salvo conguaglio, per l’asserita occupazione abusiva di uno specchio acqueo con galleggiante sito in xxx, sponda xxx, località xxx xxx (tra il Ponte xxx e il Ponte xxx) di complessivi mq 825 (di cui mq 460 occupati da galleggianti, già mq 438 di cui 189 coperti), per il periodo dal 1975 al 1997.
Riproduce la ricorrente, sostanzialmente, i motivi di doglianza già evidenziati nel ricorso di cui sopra sia con riferimento all’asserita abusività dell’occupazione sia alla incomprensibile valutazione operata dall’Amministrazione per giungere ad intimare il pagamento della somma indicata nel provvedimento impugnato.
Si è costituita anche in tale secondo giudizio la difesa erariale.
Con ordinanza n. 2129 del 1998 questo Tribunale ha accolto in parte analoga istanza proposta dalla ricorrente con riferimento al provvedimento impugnato con tale secondo gravame
3. – Parte ricorrente presentava per entrambi i giudizi memorie conclusive confermando le già rassegnate conclusioni.
Trattenuta riservata la decisione dei due ricorsi nell’udienza di merito del 26 maggio 2010 la riserva è stata sciolta nella Camera di consiglio del 7 luglio 2010.
4. – In via preliminare il Collegio stima opportuno disporre la riunione del ricorso n. R.g. 8292 del 1998 al ricorso n. R.g. 7096 del 1994 per evidenti ragioni di economia dei mezzi processuali. Infatti la vicenda impugnatoria che attraversa i due giudizi attiene alla richiesta di annullamento di due distinti provvedimenti per mezzo dei quali alla Società R.N. è stato chiesto il pagamento di somme per l’asserita occupazione abusiva dello stesso specchio acqueo demaniale. Unica è, quindi, la vicenda sottostante all’adozione dei provvedimenti gravati.
Deriva da quanto sopra la necessità di valorizzare gli elementi di connessione soggettiva e, seppur parzialmente, oggettiva che affiorano nei due ricorsi in ordine ai quali, dunque, deve disporsi la ridetta riunione in un unico giudizio al fine di scongiurare il pericolo – pur sempre in thesi realizzabile – di esiti giudiziali non completamente uniformi.
5. – Il Collegio deve rilevare preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla vicenda in questione.
Dalla documentazione versata in atti nel ricorso n. R.g. 7096 del 1994 (ma analogamente si riscontra nella documentazione versata per il secondo ricorso) si rileva che la concessione dello specchio acqueo alla Società ricorrente è scaduta nel 1974 (seppur ciò è contestato dalla ricorrente – ved. sul punto pag. 7 del ricorso introduttivo – che vorrebbe retrodatare tale evento al 1970, ma questo non incide sul contenuto delle presenti valutazioni) e ciò evidenzia come il titolo per il quale l’Amministrazione richiede il pagamento delle somme è l’abusiva occupazione di quello specchio acqueo.
Orbene ciò determina che sulla controversia avente ad oggetto la legittimità del titolo per il quale è richiesto il pagamento e la correttezza della somma imputata dall’Amministrazione a carico della Società ricorrente non possa che riconoscersi la giurisdizione del giudice ordinario, ponendosi tale contenzioso anche al di fuori del quadro applicativo di cui all’art. 5 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 all’epoca della proposizione dei ricorsi vigente.
6. – D’altronde, come è noto, la giurisprudenza ha più volte affermato che le controversie in punto di debenza e quantificazione dell’indennizzo in caso di abusiva occupazione di aree demaniali sono comuni controversie in materia di diritti soggettivi e rientrano pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario; né la controversia all’esame è riconducibile alla giurisdizione esclusiva in materia di concessioni di beni pubblici dato che nella fattispecie il rapporto concessorio difetta per definizione essendo ormai venuto a scadere (cfr. Cass., SS.UU., 8 luglio 2003 n. 10371 nonché T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 13 novembre 2007 n. 1200, T.A.R. Sardegna, 27 settembre 2004 n. 1399 e T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 12 maggio 2003, n. 761).
Sul punto, giova rammentare che, come rilevato dalla Corte regolatrice della giurisdizione con orientamento dal quale non v’è ragione di discostarsi, le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative, dall’art. 5, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 alla giurisdizione del giudice ordinario sono quelle aventi un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della Pubblica amministrazione a tutela di interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell’azione autoritativa della Pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l’esercizio di poteri discrezionalivalutativi che hanno effetti sulla determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali (sia sull’an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (in tal senso, Cass. Civ., SS.UU., 23 ottobre 2006 n. 22661).
Sulla scorta di tali argomentazioni, parte della giurisprudenza amministrativa (TAR Sardegna, sez. I, n. 1399 del 2004, cit.) è arrivata poi ad affermare che la controversia avente ad oggetto la quantificazione delle somme spettanti all’Amministrazione intimata per abusiva occupazione di demanio (dove cioè è assente qualsiasi profilo di esercizio autoritativo del potere) esula addirittura dallo schema applicativo dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 in quanto il giudizio, non interferendo su atti o provvedimenti relativi a concessione del bene pubblico, riguarda problematiche relative a rapporti obbligatori, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass., SS.UU., 19 novembre 2001 n. 14543).
Non a caso i predetti orientamenti giurisprudenziali si pongono in linea con quanto fissato ormai definitivamente dalla Corte costituzionale nella sentenza 11 maggio 2006 n. 191, secondo la quale non vi è spazio per la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo laddove la controversia abbia ad oggetto una vicenda rispetto alla quale non viene in emersione alcuna contestazione circa l’esercizio di potestà autoritativa da parte della Pubblica amministrazione.
Nel caso in esame, dunque, in disparte l’esplicito richiamo offerto dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971, trattandosi di controversia attinente esclusivamente alla questione del calcolo e della richiesta dell’indennità, non si apprezzano momenti riconducibili all’esercizio di potestà autoritativa, trattandosi comunque di un accertamento di fatto che non comporta apprezzamenti di natura discrezionale da parte dell’Amministrazione interessata, di talché deve dichiararsi l’inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
7. – In ragione delle suesposte osservazioni, disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe meglio descritti, il Collegio dichiara l’inammissibilità dei ricorsi per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla vicenda contenziosa in essi contenuta.
Alla dichiarazione di difetto di giurisdizione segue – alla luce degli arresti della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/2007) e della Corte di Cassazione (Sezioni Unite n. 4109/2007) in tema di traslatio iudicii – il rinvio della causa al giudice ordinario, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice privo di giurisdizione (sent. Corte Cost. n. 77/2007). Vanno pertanto dichiarati salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda sempreché il processo sia riproposto innanzi al giudice ordinario competente entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione (a mente dell’art. 11, comma 2, c.p.a.).
Nondimeno, in ragione della peculiarità delle questioni che hanno dato luogo alla presente decisione, il Collegio stima equo compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sui ricorsi indicati in epigrafe:
? dispone la riunione del ricorso n. R.g. 8292 del 1998 al ricorso n. R.g. 7096 del 1994;
? li dichiara inammissibili;
? compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in xxx, dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, nelle Camere di consiglio del 26 maggio 2010 e del 7 luglio 2010 con l’intervento dei Magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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