Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2013) 15-11-2013, n. 45970

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Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Bari, con sentenza emessa in data 6 aprile 2004, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città in data 12 novembre 2002, aveva dichiarato l’odierno ricorrente colpevole dei reati che gli erano stati contestati ai capi A) e B) – (rispettivamente, concussione e concussione continuata, commessi in Altamura il 27 dicembre 1997) – e C) – attentato contro i diritti politici del cittadino, ex art. 294 c.p., commesso in Altamura in pari data e contestato all’ud. 30 aprile 1999).
2. La 6^ sezione penale di questa Corte Suprema, con sentenza n. 21991 del 1 febbraio – 22 giugno 2006, aveva annullato la predetta sentenza limitatamente al reato di cui al capo B), osservando in particolare quanto segue:
"Per quanto riguarda il reato contestato al capo B) dell’imputazione la motivazione appare (…) carente avuto riguardo alla ricostruzione del fatto operata nella sentenza di primo grado, laddove si da atto che l’iniziativa di contattare il C. per il finanziamento della squadra di calcio, la cui condizione economica così come quella dei calciatori era disastrosa, non era partita dal Sindaco, bensì da un gruppo di consiglieri comunali di maggioranza, i quali lo avevano persuaso a contattare personalmente il dominus della Tra.de.co. Il Giudice d’appello ha considerato che anche questa fattispecie concreta si inseriva nel quadro dei rapporti fra il Sindaco e il C. ed ha considerato questo aspetto sufficiente a ritenere che anche in questo caso era stata posta in essere una concussione, trascurando di considerare il principio per cui in tema di concussione, deve essere esclusa la sussistenza del reato quando la prestazione promessa od effettuata dal soggetto passivo, a seguito di induzione o costrizione da parte dell’agente, giovi esclusivamente alla Pubblica Amministrazione e rappresenti una utilità per il perseguimento dei relativi fini istituzionali, poichè in tal caso non si determina lesione per l’oggetto giuridico del reato (buon andamento della P.A.), e per altro verso il fatto manca di tipicità, non potendosi l’agente identificare nell’Ente e non potendo questo – dato il rapporto di rappresentanza organica che lo lega al funzionario operante – considerarsi alla stregua di "terzo" destinatario della prestazione promessa od effettuata (Cass., Sez. 6^, 27 marzo 2003 n. 31978, ric. xxx; Sez. 6^, 25 settembre 2001 n. 45135, ric. xxx in proc. ignoti).
Occorre, quindi, procedere alla verifica di questo aspetto della vicenda, accertando se anche in questo secondo caso il Sindaco agi per ottenere un vantaggio personale e non per finalità istituzionali, nelle quali potrebbe di fatto rientrare anche quello di promuovere l’attività sportiva, finanziando una squadra di calcio".
3. La Corte di appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, all’esito del giudizio di rinvio ha nuovamente dichiarato l’imputato colpevole del reato di cui al capo B), condannandolo – ritenuta la continuazione con i reati già giudicati di cui ai capi A) e C) – all’aumento di pena ritenuto di giustizia.
4. Avverso tale sentenza, l’imputato (con l’ausilio dell’avv. xxx, iscritto nell’apposito albo speciale) ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
I – violazione dell’art. 627 c.p.p., comma 3, (lamenta in proposito che la sentenza impugnata non si sarebbe correttamente conformata al principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente, per non avere adeguatamente verificato la sussistenza di uno sviamento dell’agire dell’imputato, nella vicenda oggetto della contestazione, dai fini istituzionali);
II – violazione dell’art. 317 c.p. (lamenta in proposito la carenza degli elementi costitutivi del delitto di concussione, non avendo la Corte di appello tenuto conto del fine perseguito dall’imputato, il quale, attraverso la condotta contestata ed accertata, non mirava a perseguire un personale vantaggio; precisa che il relativo accertamento incombeva sul P.M., non sull’imputato, come al contrario ritenuto dalla Corte di appello; osserva che dai rilievi contenuti a f. 6 della sentenza rescindente sarebbe desumibile l’intervenuto giudicato sul fatto che la promozione di attività sportive può rientrare nell’ambito delle finalità istituzionali di un sindaco);
III – omessa ed illogica motivazione in ordine ai predetti profili.
Ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio, od in subordine con rinvio, della sentenza impugnata.
5. All’odierna udienza pubblica, il difensore dell’imputato ha preliminarmente chiesto rinvio in attesa della decisione delle Sezioni unite penali di questa Corte Suprema in ordine ai rapporti tra la fattispecie di cui all’art. 317 c.p., e quella di cui all’art. 319 quater c.p., all’esito delle modifiche introdotte dalla L. n. 190 del 2012, ed in proposito il P.G. si è associato alla richiesta e la parte civile si è rimessa alla decisione del collegio; nel merito, le parti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
I POTERI DECISORI DEL GIUDICE DI RINVIO ED IL SUCCESSIVO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA’.
1. E’ opportuno, prima di passare all’esame dei motivi di ricorso, premettere che, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio, benchè sia obbligato a giustificare il suo convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza rescindente, decide con i medesimi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato: gli unici limiti consistono nel divieto di ripetere i vizi già censurati in sede di giudizio rescindente e di conformarsi all’interpretazione ivi data alle questioni di diritto, e nell’obbligo di non fondare la decisione sulle argomentazioni già ritenute incomplete o illogiche.
Inoltre, il giudice del rinvio non è tenuto ad esaminare solo i punti specificati, isolandoli dal residuo materiale probatorio, ma mantiene, nell’ambito dei capi colpiti dall’annullamento, piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione e valutazione dei dati, nonchè il potere di desumere, anche aliunde – e dunque eventualmente sulla base di elementi trascurati dal primo giudice – il proprio libero convincimento, colmando, in tal modo, i vuoti motivazionali segnalati ed eliminando le incongruenze rilevate (cfr., nei medesimi sensi, Sez. 6^, n. 42028 del 4 novembre 2010, Regine, rv. 248738; sez. 4^, n. 43720 del 14 ottobre 2003, xxx, rv. 226418; sez. 5^, n. 4761 del 18 gennaio 1999, xxx, rv. 213118; sez. 6^, n. 9476 dell’8 ottobre 1997, xxx ed altri, rv. 208783; sez. 1^, n. 1397 del 10 dicembre 1997, dep. 5 febbraio 1998, xxx ed altri, rv. 209692).
A seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è, pertanto, vincolato dal divieto di reiterare, a fondamento delle nuova decisione, gli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità, ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata.
Ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza essere condizionato da valutazioni in fatto eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, essendo diversi i piani su cui operano le rispettive valutazioni e non essendo compito della Corte di cassazione di sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti.
Del resto, ove la Suprema Corte soffermi eventualmente la sua attenzione su alcuni particolari aspetti da cui emerga la carenza o la contraddittorietà della motivazione, ciò non comporta che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti specificati, poichè egli conserva gli stessi poteri che gli competevano originariamente quale giudice di merito relativamente all’individuazione ed alla valutazione dei dati processuali, nell’ambito del capo della sentenza colpito da annullamento (cfr. nel medesimo senso anche Sez. 4^, n. 30422 del 21 giugno 2005, Poggi, rv.
232019; Sez. 6^, n. 16659 del 21 gennaio 2009, xxx, rv. 243514).
2. La sentenza rescindente ha affermato, in diritto, il principio cosi massimato:
"Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, nell’espressione "altra utilità" di cui all’art. 317 c.p., va ricompreso anche il vantaggio di natura politica, da non identificarsi con il vantaggio di natura istituzionale, che in quanto giova esclusivamente alla P.A., esclude la sussistenza del reato".
Il principio è stato ribadito successivamente dalla stessa 6^ sezione penale (sentenza n. 33843 del 19 giugno 2008, dep. 25 agosto 2008, rv. 240796), nel senso che "In tema di concussione, il termine utilità indica tutto ciò che rappresenta un vantaggio per la persona, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, consistente tanto in un dare quanto in un facere e ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal convincimento comune, conseguentemente rientrandovi anche il vantaggio di natura politica".
2.1. Deve, inoltre, ribadirsi, con la sentenza rescindente, il seguente principio di diritto:
"In tema di concussione, la sussistenza del reato va esclusa quando la prestazione promessa od effettuata dal soggetto passivo, a seguito di induzione o costrizione da parte dell’agente, giovi esclusivamente alla Pubblica Amministrazione e rappresenti una utilità per il perseguimento dei relativi fini istituzionali, poichè in tal caso non si determina lesione per l’oggetto giuridico del reato (buon andamento della P.A.), ed il fatto manca di tipicità, non potendosi l’agente identificare nell’Ente e non potendo questo – dato il rapporto di rappresentanza organica che lo lega al funzionario operante – considerarsi alla stregua di terzo destinatario della prestazione promessa od effettuata".
3. Alla luce di queste necessarie premesse va esaminato l’odierno ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente.
3.1. Deve in primo luogo rilevarsi che non può ritenersi intervenuto il giudicato sull’affermazione, contenuta nella sentenza rescindente e valorizzata dal ricorrente, che la promozione di attività sportive rientra sempre e comunque nei fini istituzionali che un Sindaco deve perseguire.
Si trattava in realtà di una affermazione, inidonea al giudicato, attraverso la quale si intendeva unicamente evidenziare la necessità di verificare – in sede di rinvio – se il Sindaco avesse agito per ottenere un vantaggio personale ovvero per finalità istituzionali, "nelle quali potrebbe di fatto rientrare anche quello di promuovere l’attività sportiva, finanziando una squadra di calcio":
quest’ultima è, pertanto, una mera evenienza, il cui ricorrere avrebbe dovuto costituire oggetto del giudizio di rinvio.
3.2. Sarebbe stato, peraltro, onere del P.M. dimostrare il ricorrere, con riguardo alla vicenda oggetto della contestazione (dettagliatamente descritta nella sentenza rescindente, in parte qua innanzi riportata), di una finalità personale del Sindaco.
3.3. In proposito, la Corte di appello (f. 5) ha ritenuto che "l’interessamento dei pubblici amministratori delle città in cui le squadre di calcio sano in crisi finanziaria alle sorti di esse, che si traduce nell’impegno a reperire soggetti disposti a sponsorizzarle ovvero a favorire la formazione di cordate di imprenditori che rilevino la società dai precedenti titolari", "non rientra tra i fini istituzionali dell’ente ma solo ed esclusivamente tra quelli politici": l’affermazione appare, peraltro, astratta ed apodittica, prescindendo dalla specifica disamina del caso di specie (ovvero dalla verifica di quello che era accaduto in concreto), al contrario espressamente devoluta al giudice del rinvio dalla sentenza rescindente.
Ha, inoltre, ritenuto che dall’istruttoria non era dato cogliere il vantaggio concreto rappresentato per la comunità cittadina dal contestato intervento del Sindaco, non chiarito nè documentato dall’imputato, concludendo, in virtù di questa premessa, che "ciò autorizza ad escludere radicalmente la finalità istituzionale dell’intervento del Sindaco ed a concludere che il suo intento fosse solo di natura politica e personale, collegato al prestigio che gli sarebbe derivato dal poter sostenere pubblicamente che solo grazie al suo fattivo interessamento la locale squadra di calcio poteva affrontare il campionato con sufficienti risorse economiche".
Trattasi di un assunto in astratto fondato, ma che avrebbe necessitato di espressa dimostrazione sulla base di specifiche risultanze processuali, non potendo costituire frutto di mere ed indimostrate congetture, peraltro argomentate valorizzando anche la mancata prova del contrario da parte dell’imputato.
3.4. In realtà, la condotta accertata (promuovere l’attività sportiva, attivandosi per procurare una sponsorizzazione per la locale squadra di calcio, con le specifiche – e, sotto il profilo oggettivo, indebite – connotazioni del caso concreto), come chiarito dalla sentenza rescindente, può essere stata mossa dal perseguimento di finalità di vantaggio personale (anche politico, nel senso ipotizzato dalla sentenza impugnata) oppure meramente istituzionali (a vantaggio degli interessi della collettività); pertanto, ai fini dell’affermazione di responsabilità, il giudice di rinvio avrebbe dovuto enucleare gli elementi idonei, ex art. 192 c.p.p., a dimostrare che la finalità perseguita in concreto dal Sindaco fosse di vantaggio personale (nei sensi – pur astrattamente delineati in generale – dalla Corte di appello), non dovendo essere – pena l’inammissibile inversione dell’onere della prova – l’imputato a dar prova del contrario.
Occorreva, pertanto, indicare compiutamente gli elementi – anche indiziari – dai quali emergesse che il Sindaco si era attivato come accertato per finalità di natura personale, onde accrescere il proprio prestigio politico, non potendo ritenersi accertato il ricorrere di una tal situazione sol perchè difettava la prova del contrario.
3.5. Per questa ragione la sentenza impugnata deve essere ancora una volta annullata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari (che provvederà eventualmente anche alla liquidazione delle spese anticipate dalle parti civili relative al giudizio di legittimità).
3.6. In difetto (allo stato) del compiuto accertamento del fatto contestato non può porsi il – necessariamente conseguente – problema della sua qualificazione giuridica, tenuto anche conto della citata novella legislativa, il che ha reso inaccoglibile l’istanza di rinvio presentata nell’interesse del ricorrente.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, nella Udienza pubblica, il 11 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2013

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