Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 7 giugno 2011, n. 12286 Immobili, locazioni, autorizzazioni, abilitabilita’, affitto, risarcimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La.An. ha proposto al Tribunale di Marsala domanda di risoluzione del contratto di locazione di un immobile ad uso commerciale in (OMESSO), contratto stipulato il (OMESSO) con la proprietaria dell’immobile, Ma.An. , assumendo che la sua domanda di autorizzazione all’esercizio di attivita’ commerciale (Bar) era stata respinta dal Comune poiche’ l’immobile era stato edificato in assenza di concessione edilizia.

Ha chiesto che la locatrice venisse condannata a restituirle le somme pagate a titolo di canone fino al (OMESSO) e le spese sostenute per la ristrutturazione e l’adeguamento del locale.

La Ma. ha resistito alla domanda, proponendo in separata sede domanda di sfratto della conduttrice per morosita’, avendo essa sospeso il pagamento dei canoni dopo il (OMESSO).

Riunite le due cause ed esperita l’istruttoria, il Tribunale ha respinto le domande della La. , disponendo la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento di quest’ultima e la condanna della stessa al pagamento delle mensilita’ di canone rimaste insolute dal (OMESSO). Ha poi condannato la Ma. a pagare alla conduttrice la somma di euro 5.581,00, quale indennizzo per i miglioramenti apportati ai locali.

Proposto appello dalla La. , a cui ha resistito la Ma. , la Corte di appello di Palermo – con sentenza n. 1235/2005, depositata il 4 novembre 2005 – ha confermato la sentenza di primo grado.

Con atto notificato il 13 dicembre 2006 la La. propone tre motivi di ricorso per cassazione. L’intimata non ha depositato difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La Corte di appello, premesso che la mancanza di abitabilita’ o di agibilita’ dei locali a causa della non conformita’ dell’immobile al progetto approvato rientra fra le cause di risoluzione del contratto di locazione di cui all’articolo 1578 cod. civ., ha respinto la domanda della conduttrice sul rilievo che il conduttore puo’ chiedere la risoluzione del contratto solo quando l’autorizzazione venga definitivamente negata. Nella specie la locatrice risulta avere proposto domanda di concessione in sanatoria il 17.11.1998 e la domanda non risulta essere stata rigettata; ne’ si puo’ escludere che l’agibilita’ del locale venga in futuro concessa.

2.- Con il primo e il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’articolo 1578 cod. civ., Regio Decreto n. 1265 del 1934, articoli 220 e 221, come modificati dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 425 del 1994, articoli 4 e 5, nonche’ insufficiente e contraddittoria motivazione, sul rilievo che la Corte di appello, pur avendo accertato la sussistenza di tutti i presupposti dell’inadempimento della locatrice – cioe’ il carattere abusivo della costruzione dell’immobile locato, che ne comporta la non abitabilita’ e l’impossibilita’ di destinarlo all’esercizio dell’attivita’ commerciale in vista della quale era stato locato – non ne ha tratto le conseguenze di legge ed ha ritenuto giustificato il comportamento della locatrice sulla base di un ragionamento illogico; cioe’ per il fatto che la concessione edilizia in sanatoria, richiesta dalla locatrice quattro anni dopo la stipulazione del contratto, non era stata ancora negata, trascurando la circostanza che nel frattempo l’immobile si e’ rivelato inidoneo all’uso.

2.1.- I motivi sono fondati.

La Corte di appello ha correttamente enunciato in astratto il principio per cui la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarita’ dell’immobile sotto il profilo edilizio, ed in particolare la sua abitabilita’ e la sua idoneita’ all’esercizio di attivita’ commerciale, costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1578 cod. civ. (ovviamente, sempre che il conduttore non fosse a conoscenza della situazione e non l’avesse consapevolmente accettata) (Cass. civ. Sez. 3 , 11 aprile 2006 n. 8409).

Ha pero’ integralmente disatteso il principio nell’applicazione concreta, incorrendo anche in manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, nella parte in cui ha rigettato la domanda di risoluzione per il fatto che nel 1998 – a distanza di quattro anni dalla conclusione del contratto – la locatrice ha proposto domanda di concessione in sanatoria per regolarizzare l’immobile (confermando cosi’ di esservi tenuta), senza peraltro ottenerla.

La permanenza dell’inadempimento e’ stata cioe’ considerata come esimente da responsabilita’ contrattuale.

Ne’ la sentenza impugnata ha richiamato ulteriori circostanze od argomentazioni idonee a rendere logicamente e giuridicamente plausibile la soluzione adottata, quali in ipotesi il fatto che la conduttrice fosse a conoscenza della situazione dell’immobile alla data della conclusione del contratto; o che ne avesse accettato il rischio (non dichiarando l’uso al quale intendeva destinare i locali; o manifestando di voler accettare l’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava; od altro); o che avesse comunque svolto di fatto la sua attivita’, nonostante l’irregolarita’ dei locali: situazioni con riferimento alle quali la giurisprudenza ha in effetti affermato che la domanda di risoluzione puo’ essere proposta solo dopo che il provvedimento autorizzatolo sia stato definitivamente negato (cfr., fra le tante, Cass. civ. Sez. 3 , 21 dicembre 2004 n. 23695; Idem, 13 marzo 2007 n. 58 36; Idem, 25 maggio 2010 n. 12708).

Nella specie, per contro, a quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, trattasi di contratto di locazione stipulato espressamente in vista dell’esercizio di attivita’ commerciale, avente ad oggetto un immobile privo della licenza di abitabilita’ e rimasto di fatto inutilizzato, e di irregolarita’ amministrativa ignorata dal conduttore alla data della conclusione del contratto.

In tale situazione ricorrono tutti i presupposti dell’inadempimento della locatrice, ed erroneamente la domanda di risoluzione e’ stata rigettata.

3.- Il terzo motivo, con cui la ricorrente denuncia violazione dell’articolo 1375 cod. civ., risulta assorbito.

4.- In accoglimento del primo e del secondo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, affinche’ decida la controversia uniformandosi al principio di diritto di cui al par. 2.1 (Cass. civ. Sez. 3 , 11 aprile 2006 n. 8409), e con logica e congruente motivazione.

5.- Il giudice di rinvio decidera’ anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che decidera’ anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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