Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2013) 28-10-2013, n. 43928

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza emessa in data 31/1/2013 all’esito dell’udienza camerale ex art. 409 cod. proc. pen., il Gip presso il Tribunale di Palermo assegnava al P.M. il termine di sei mesi per il compimento di ulteriori atti istruttori nel procedimento a carico di R. V..

2. Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, dolendosi di provvedimento abnorme per aver determinato il Gip un indebito regresso del procedimento alla fase delle indagini preliminari. Al riguardo precisa che la prima richiesta di archiviazione e la successiva richiesta di proroga del primo termine concesso dal Gip venne avanzata quando i termini per le indagini preliminari ed il termine della proroga erano già scaduti.

3. Con successiva memoria il ricorrente contesta le conclusioni del P.G. e solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 409 c.p.p., comma 4 in relazione agli artt. 3 e 111 Cost. e L. 4 agosto 1955, n. 848, art. 6 nella parte in cui consente al giudice delle indagini preliminari di prorogare, senza predeterminazione normativa del termine, il tempo per il compimento delle indagini a seguito di mancato accoglimento di una richiesta di archiviazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto avverso un provvedimento non impugnabile, per il quale non è possibile ravvisare gli estremi dell’abnormità.

2. E’ ben vero che una isolata pronunzia di questa Corte aveva statuito che è abnorme e deve essere annullato il provvedimento con il quale il G..I.R, chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione del P..M. avanzata dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari, richiede nuove indagini e fissa un termine per il loro espletamento (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1376 del 18/04/1995 Cc. (dep. 13/05/1995 ) Rv. 201656). Tuttavia tale orientamento risalente è stato superato da un opposto indirizzo giurisprudenziale che esclude ogni profilo di abnormità nel provvedimento del Gip che assegni un termine al RM. per effettuare ulteriori indagini, dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari.

3. Ha chiarito, infatti, questa Corte che i termini indicati dagli artt. 405 e 407 c.p.p. (rispettivamente per l’esercizio dell’azione penale e per la durata delle indagini preliminari) attengono soltanto al compimento delle indagini autonomamente svolte dal pubblico ministero e non anche al compimento delle ulteriori indagini da svolgere, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 4, su indicazione del giudice per le indagini preliminari. Questi può quindi provvedere a tale indicazione pur quando i suddetti termini siano scaduti e la scadenza abbia preceduto la stessa richiesta di archiviazione. Ciò anche in adesione a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 436 del 1991, secondo cui il decorso del termine per le indagini preliminari non comporta la decadenza del pubblico ministero dal potere di formulare le sue richieste, a seguito delle quali la disciplina stabilita in materia di termini dagli artt. 405, 406 e 407 c.p.p. non ha più modo di operare, poichè al rigoroso meccanismo legale che predetermina la durata delle indagini preliminari viene a sostituirsi una "flessibile" delibazione giurisdizionale, volta a calibrare il termine in funzione delle ulteriori indagini indicate come necessarie dal giudice (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3191 del 28/04/2000 Cc. (dep. 07/06/2000) Rv. 216099;

in senso conforme: Sez. 5, Ordinanza n. 11085 del 17/02/2005 Cc. (dep. 22/03/2005) Rv. 231222; Sez. 5, Sentenza n. 45752 del 30/10/2007 Cc. (dep. 06/12/2007) Rv. 238496; Sez. 6, Sentenza n. 20742 del 27/03/2012 Cc. (dep. 29/05/2012) Rv. 252782).

4. Alla luce di tale consolidato orientamento giurisprudenziale deve escludersi che il provvedimento impugnato abbia carattere di abnormità; di conseguenza il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Nè può essere accolta la questione di costituzionalità sollevata dal ricorrente in relazione agli artt. 3 e 111 Cost. e art. 6 della CEDU nella parte in cui consente al giudice delle indagini preliminari di prorogare, senza predeterminazione normativa del termine, il tempo per il compimento delle indagini a seguito di mancato accoglimento di una richiesta di archiviazione, non essendo concepibile un obbligo costituzionale di predeterminazione legislativa assoluta del termine di durata delle indagini preliminari, anche alla luce dell’ordinanza della Corte Costituzionale n. 436 del 1991, sopra richiamata.

6. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille/00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2013

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