Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2013) 28-10-2013, n. 43926

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Svolgimento del processo
1. Con sentenza in data 14/12/2012, la Corte di appello di Bari, confermava la sentenza del Tribunale di Lucera, Sezione distaccata di Apricena, in data 25/3/2009, che aveva condannato A.A. alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed Euro 2.600,00 di multa per i reati di ricettazione di un modulo di patente in bianco e falsificazione dello stesso.
2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con i quali deduce:
3.1 Violazione di norme processuali e vizio della motivazione nella parte qua della sentenza relativa alla presunzione di conoscenza del processo da parte dell’imputato per effetto dell’avvenuta elezione di domicilio.
3.2 Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti di cui all’art. 648 c.p., comma 2, e art. 62 c.p., n. 4.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso le censure sono infondate. Il ricorrente, in realtà, non ha indicato e neppure dedotto alcun motivo di nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio in primo grado, regolarmente eseguita presso il domicilio eletto (presso lo studio legale xxx in (OMISSIS), come da dichiarazione in data 10 maggio 2006). Il richiamo alla giurisprudenza della Corte EDU ed in particolare alla sentenza xxx, emessa dalla 1A Sezione il 10/11/2004 e confermata dalla xxx è inconferente, in quanto la questione oggetto di tale giudizio riguardava l’impossibilità per l’imputato che non avesse avuto effettiva cognizione del procedimento svoltosi in absentia di proporre un mezzo di impugnazione per contestare la decisione assunta nei suoi confronti. E’ noto che l’art. 175 c.p.c., comma 2, in tema di restituzione nel termine, nella formulazione introdotta con il D.L. n. 17 del 2005 conv. in L. n. 60 del 2005, è conseguenza del comando di legislazione che la Corte Europea ha rivolto all’Italia con la sentenza xxx. Nel caso di specie al prevenuto è stato regolarmente notificato in carcere l’estratto contumaciale ed in virtù della conoscenza del provvedimento di condanna a suo carico, l’imputato ha proposto rituale e tempestivo appello. Deve escludersi, pertanto, che si sia verificato alcuna violazione del principio del giusto processo di cui all’art. 6 della CEDU, così come interpretato dalla Corte EDU, alla luce del caso xxx e dei successivi arresti.
3. Ugualmente infondate sono le censure sollevate con il secondo motivo in tema di diniego delle circostanze attenuanti in quanto la Corte ha respinto le richieste dell’appellante con motivazione congrua e coerente con gli indirizzi giurisprudenziali di questa Corte. In proposito questa Corte ha ribadito che in tema di ricettazione, il valore del bene è un elemento concorrente solo in via sussidiaria ai fini della valutazione dell’attenuante speciale della particolare tenuità del fatto, nel senso che, se esso non è particolarmente lieve, deve sempre escludersi la tenuità del fatto, risultando superflua ogni ulteriore indagine; soltanto se è accertata la lieve consistenza economica del bene ricettato, può procedersi alla verifica della sussistenza degli ulteriori elementi, desumibili dall’art. 133 c.p., che consentono di configurare l’attenuante "de qua", e che va, al contrario, esclusa quando emergano elementi negativi, sia sotto il profilo strettamente obbiettivo (ad es., l’entità del profitto), sia sotto il profilo soggettivo (ad es., capacità a delinquere dell’agente) (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28689 del 09/07/2010 Ud. (dep. 21/07/2010) Rv.
248214). Le stesse considerazioni valgono nel caso di specie per escludere l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, data la natura del bene sottratto (un modulo in bianco per patente).
4. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2013

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