Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 07-09-2012, n. 15048

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che M.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte d’appello di Milano, in epigrafe indicato, che ha riconosciuto in suo favore la somma di Euro 670,00 oltre interessi a titolo di equa riparazione per la durata irragionevole di otto mesi del procedimento penale condotto nei suoi confronti dal luglio 2003 sino alla sentenza di appello nel marzo 2009;

che il Ministero della giustizia resiste con controricorso e ricorso incidentale per due motivi;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Rilevato, quanto al ricorso principale, che il primo motivo censura – per violazione di norme di diritto – la determinazione della durata del procedimento della quale l’Amministrazione deve rispondere, il secondo ed il terzo motivo censurano – rispettivamente per violazione di norme di diritto e per vizio di motivazione – la liquidazione dell’indennizzo, il quarto censura – per violazione di norme di diritto – la liquidazione delle spese di causa;

Ritenuto che le censure afferenti la liquidazione dell’indennizzo sono infondate, atteso che: a) la considerazione del solo periodo di durata irragionevole del processo, stabilita dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, non contrasta con la C.E.D.U. – come più volte affermato dalla Corte Europea nella interpretazione delle disposizioni della Convenzione – sempre che sia riconosciuto un serio, e non meramente simbolico, ristoro per la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo; b) la liquidazione, che nella specie la Corte d’appello ha ritenuto congrua in base alla valutazione discrezionale ad essa riservata – non sindacabile in questa sede, di una somma pari ad Euro 1.000,00 per anno, rientra nell’ambito dei parametri normalmente utilizzati dalla Corte europea, e il ricorrente non ha indicato elementi decisivi che la Corte non avrebbe (o non avrebbe rettamente) considerato a tale riguardo;

che è invece fondato il primo motivo, non avendo la Corte di merito fatto corretta applicazione del principio secondo cui, ai fini del giudizio sulla equa riparazione, la durata del processo penale va individuata a partire dal momento in cui l’interessato ha avuto notizia effettiva della esistenza del procedimento nei suoi confronti: nella specie, tale notizia deve ritenersi acquisita non già – come ritenuto dalla Corte – con la notifica della informazione di garanzia (luglio 2003) bensì con la sottoscrizione, il 2 luglio 2002, da parte del M. – come risulta dalla stessa esposizione del fatto contenuta nel provvedimento impugnato – nella Questura di Torino (ove era stato accompagnato dalla Forza Pubblica) dei verbali di identificazione ed elezione di domicilio, ai fini evidentemente del procedimento penale;

che dai principi suesposti deriva anche l’infondatezza dei due motivi del ricorso incidentale, con i quali l’Amministrazione si duole della ricomprensione della fase delle indagini preliminari nella durata complessiva del processo da considerare ai fini dell’accertamento della violazione: doglianze prive di fondamento, atteso che la fase suddetta è priva di autonomia rispetto al procedimento penale unitariamente considerato, nè quindi la sua durata può essere oggetto di una valutazione autonoma di ragionevolezza;

ritenuto pertanto che si impone la cassazione del provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto – assorbiti gli altri – e che, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, procedendo ad una nuova liquidazione dell’indennizzo; che a tal fine deve farsi applicazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex multis, n. 21840/09; n. 22869/2009; n. 1893/2010; n. 19054/2010), condivisa dal collegio, secondo la quale l’importo dell’indennizzo in Euro 750,00 per anno si giustifica per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento, mentre solo per l’eventuale ulteriore periodo deve essere applicato il parametro base di Euro 1000 per anno; che pertanto deve riconoscersi al M. l’indennizzo di Euro 1.250,00 per la durata irragionevole di un anno e otto mesi, quale risulta detraendo dalla durata complessiva di sei anni e otto mesi quella, ritenuta ragionevole dalla Corte con valutazione non censurata, di cinque anni;

che su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda, in conformità ai parametri ormai consolidati ai quali questa Corte si attiene nell’operare siffatte liquidazioni;

che le spese di entrambi i gradi – liquidate come da dispositivo tenuto conto dell’importo riconosciuto – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere in favore del ricorrente la somma di Euro 1.250,00 con interessi legali a decorrere dalla data della domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, che liquida, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 775,00 (di cui Euro 445,00 per onorari e Euro 280,00 per diritti), e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi Euro 525,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre, in ambo i casi, alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, della Corte suprema di Cassazione, il 18 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2012

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