Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 07-09-2012, n. 15041

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che G.V., con atto notificato il 2 aprile 2010, ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte d’appello di Lecce, in epigrafe indicato, che ha rigettato la sua domanda di equa riparazione per la durata irragionevole del procedimento penale condotto nei suoi confronti (unitamente a numerosissime altre persone), del quale ha avuto notizia nell’aprile 1996, per concorso in corruzione, concussione e associazione di stampo mafioso, articolatosi in primo, secondo grado e cassazione, sino alla sua definizione nel dicembre 2008;

che il Ministero della giustizia non ha depositato difese;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Ritenuto che con l’unico motivo, illustrato anche da memoria, si censura il decreto impugnato, sotto il profilo della violazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2; art. art. 6.1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo) nonchè del vizio di motivazione, nella parte in cui ha ritenuto ragionevole la durata complessiva di dodici anni e otto mesi del giudizio presupposto, non applicando i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte Europea e esponendo motivazione insufficiente perchè basata sulla sola complessità del giudizio;

che il ricorso è fondato;

che la determinazione della durata ragionevole del giudizio presupposto, onde verificare la sussistenza della violazione del diritto azionato, costituisce oggetto di una valutazione che il giudice di merito deve compiere caso per caso tenendo presenti gli elementi indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, anche alla luce dei criteri di determinazione applicati dalla Corte europea e da questa Corte; criteri dai quali è consentito discostarsi, purchè in misura ragionevole e dando conto delle ragioni che lo giustifichino;

che nel caso in esame la Corte di merito non si è attenuta a tali principi: ha ritenuto ragionevole un rilevantissimo scostamento dal parametro tendenziale di tre anni per il primo grado, di due per il secondo e di uno per la cassazione tenendo presente la particolare complessità del processo (145 imputati, reati di particolare gravità, molteplici questioni preliminari, numerosi testi escussi), elemento questo che, pur se rilevante a norma della L. n. 89 del 2001, art. 2, e congruamente motivato, non può comunque condurre – senza violare i criteri interpretativi delle disposizioni della Convenzione elaborati in sede europea (cfr. S.U. n. 1338/04) – a ritenere giustificato il superamento del termine di sette anni per la definizione del processo;

che il decreto è pertanto cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito;

che va fatta applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840), a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere di Euro 750,00 per anno per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto superamento del termine ragionevole, mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere richiamato il parametro di Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo;

che, pertanto, il Ministero della giustizia deve essere condannato al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 4.915,00 a titolo di equa riparazione per il periodo di cinque anni e otto mesi, quale risulta detraendo dalla durata complessiva di dodici anni e otto mesi quello di sette anni ritenuto ragionevole;

che su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda, in conformità ai parametri ormai consolidati ai quali questa Corte si attiene nell’operare siffatte liquidazioni;

che le spese di entrambi i gradi – liquidate come da dispositivo tenuto conto dell’importo riconosciuto – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere in favore del ricorrente la somma di Euro 4.915,00 con interessi legali a decorrere dalla data della domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, che liquida, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 873,00 (di cui Euro 445,00 per onorari e Euro 378,00 per diritti), e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi Euro 665,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre, in ambo i casi, alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, della Corte Suprema di Cassazione, il 18 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2012

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