Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2013) 06-02-2014, n. 5783

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Svolgimento del processo
Con sentenza del 1.6.12, la Corte d’Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Milano che aveva condannato I. V. alla pena di mesi nove di reclusione e Euro 500,00 di multa per il reato di ricettazione.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo: 1) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c) e e), per erronea applicazione degli artt. 161 e 552 c.p.p. inosservanza degli artt. 178 e 179 c.p.p., mancanza e contraddittorietà della motivazione sul punto in quanto le notificazioni di tutti gli atti processuali sono stati notificati a mezzo posta al domicilio eletto presso il quale l’imputato non si trovava a causa del proprio stato di detenzione ed ex art. 161 c.p.p., comma 4 presso il difensore d’ufficio; 2) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.
Con memoria in data 16.9.2013, il difensore dell’imputato insiste nell’accoglimento del ricorso rilevando che l’elezione di domicilio da parte dell’imputato detenuto è pienamente legittima, ma può spiegare i suoi effetti solo al momento e per il tempo in cui il soggetto sia stato rimesso in libertà, poichè per il detenuto, le notificazioni si eseguono nel luogo di detenzione.
La nullità è di carattere assoluto poichè la notifica compiuta con modalità diverse da quelle prescritte è risultata di fatto inidonea, nella fattispecie, a garantire una effettiva conoscenza dell’atto all’imputato, con conseguente violazione dell’art. 178 c.p.p..
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
E’ consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale lo stato di detenzione sopravvenuto per altra causa alla dichiarazione o all’elezione di domicilio effettuata dall’imputato libero non impone, se l’autorità giudiziaria non ne è stata portata a conoscenza da parte dell’interessato, di eseguire le successive notificazioni presso il luogo di detenzione piuttosto che presso il domicilio precedentemente dichiarato od eletto (Cass. Sez. 2, Sent. n. 32588/2010 Rv. 247980; Sez. 2, Sent. n. 17798/2009 Rv. 243952; Sez. 1, n. 41339/2009, xxx; Sez. 4, Sent. n. 16431/2008, Rv.239335;
Sez. 2, Sent. n. 25425/2007 Rv. 2371511; Sez. 2, 195/2006, xxx).
L’imputato non può pertanto fondatamente dolersi delle modalità di notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. nè dell’avvenuta notifica, nelle forme previste dall’art. 161 c.p.p., comma 4, del decreto di citazione diretta a giudizio, non avendo egli provveduto a comunicare il "trasferimento di domicilio" e il sopravvenuto stato di detenzione, come sarebbe stato suo preciso onere a norma dell’art. 161 c.p.p..
La notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. e quindi del decreto di citazione a giudizio è avvenuta quindi regolarmente presso il difensore ai sensi dell’art. 161 c.p.p., n. 4.
A ciò aggiungasi che l’eccezione di nullità delle notifiche in questione è stata sollevata solo all’udienza dell’1.6.2012, avanti alla Corte d’Appello, e pertanto anche sotto questo profilo il motivo è infondato, trattandosi di nullità comunque sanate. L’eventuale nullità dell’avviso e del decreto di citazione a giudizio, infatti, integrerebbero, comunque ed in ipotesi, una nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184 c.p.p., comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183 c.p.p. ed alle regole di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p., oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 c.p.p., semprechè la notifica non appaia in astratto o non risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti affermato che, in tema di notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 c.p.p. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, mentre la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione della notificazione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p. (Cass. Sez. Un. 27 ottobre 2004 n. 119, Palumbo).
2. Il secondo motivo è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c), a fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste.
Premesso che, in tema di ricettazione, non è ammessa la duplice valutazione dell’entità del danno sia ai fini della concessione sia dell’attenuante comune (art. 62 c.p., n. 4) che di quella speciale della ricettazione (art. 648 cpv. c.p.) (Cass. S.U. sent. n. 35535/2007 Rv. 236914), e che le attenuanti generiche non vanno intese come oggetto di una benevola concessione da parte del giudice, nè l’applicazione di esse costituisce un diritto in assenza di elementi negativi, ma la loro concessione deve avvenire come riconoscimento della esistenza di elementi di segno positivo, suscettibili di positivo apprezzamento (Cass. Sez. 1, Sent. n. 46954/2004 Rv. 230591), rileva il Collegio che, con motivazione congrua ed esente da evidenti vizi logici, la Corte territoriale ha illustrato le ragioni per le quali, sulla scorta delle risultanze processuali, ha ritenuto congrua la pena irrogata dal primo giudice (mesi nove ed Euro 500,00 di multa) molto vicina ai minimi edittali, e rigettata la richiesta di applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, avendo il primo giudice tenuto conto del modesto valore di beni, nella qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’ipotesi più lieve prevista dal capoverso dell’art. 648 c.p.. Per quanto riguarda le attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p., la Corte territoriale, con motivazione logica ed adeguata, ha quindi negato la concessione delle attenuanti generiche, alla luce dei precedenti penali e della personalità dell’imputato al momento del giudizio detenuto in altro procedimento per il reato di rapina. Si tratta di considerazioni ampiamente giustificative del diniego, che le generiche censure del ricorrente non valgono minimamente a scalfire.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2014

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