T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 31-01-2011, n. 195

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Il Comune di xxx con provvedimento del dirigente dell’Area Tecnica del 25 luglio 2008, previo parere favorevole della commissione per il paesaggio del 24 luglio 2008, ha rilasciato alla ricorrente società M. srl l’autorizzazione paesistica relativa alla costruzione del complesso residenziale La Cittadella in località xxx. Si tratta di 21 appartamenti distribuiti in 5 edifici. Gli edifici sono collocati lungo la direttrice estovest seguendo l’andamento del terreno.
2. Il luogo dell’intervento edilizio, baricentrico rispetto alle località di xxx e xxx, si trova a mezza costa tra la sommità del cordone morenico (coincidente con via xxx) e il lago di Garda. L’area è classificata in zona C1 (residenziale di nuova espansione) ed è soggetta a un duplice vincolo paesistico: (i) come il resto del territorio comunale è considerata di notevole interesse pubblico in base al DM 24 marzo 1976; (ii) in parte ricade inoltre nella fascia di 300 metri dalle sponde del lago ai sensi dell’art. 142 comma 1 lett. b) del Dlgs. 22 gennaio 2004 n. 42.
3. Il piano paesistico comunale colloca la suddetta area in classe di sensibilità 3 (media). Nella relazione paesistica al progetto è stato attribuito un grado di incidenza pari a 3,3 (medioalto). Conseguentemente, in applicazione delle lineeguida stabilite dalla Regione con la DGR n. 7/11045 dell’8 novembre 2002, il progetto risulta avere un impatto paesistico pari a 9,9, ovvero superiore alla soglia di rilevanza (5) ma inferiore alla soglia di tolleranza (16).
4. La Soprintendenza con decreto n. 213 del 26 settembre 2008, adottato ai sensi dell’art. 159 comma 3 del Dlgs 42/2004, ha annullato l’autorizzazione paesistica per una serie di ragioni così sintetizzabili: (a) carenza di documentazione per quanto riguarda l’altezza degli edifici, la simulazione fotografica e le misure di mitigazione; (b) sottovalutazione delle modifiche alla morfologia del terreno; (c) sottovalutazione della perdita di spazi agricoli e di vegetazione (elementi costitutivi del vincolo paesistico) e fraintendimento del progetto, che consiste nella creazione di un nuovo nucleo edificato; (d) mancata considerazione degli elementi di vulnerabilità e di rischio connessi al progetto, tra cui in particolare lo stravolgimento dei caratteri storici dell’area (ancora presenti nella zona limitrofa) e l’uso improprio della tipologia insediativa del villaggio; (e) omessa valutazione degli effetti sulla visuale dal lago (l’ingombro è accentuato dalla sopraelevazione di circa un metro della quota di campagna originaria); (f) insufficienza delle misure di mitigazione.
5. Contro il decreto di annullamento la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 28 novembre 2008 e depositato il 12 dicembre 2008. Le censure sono dirette a contestare la fondatezza dei motivi posti alla base della decisione della Soprintendenza. Viene inoltre lamentata la tardività del provvedimento, in quanto non comunicato nel termine di 60 giorni dal ricevimento dell’autorizzazione paesistica.
6. L’amministrazione statale si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
7. Esaminando per primo il problema del tempestivo uso del potere di annullamento, si ritiene che la tesi della ricorrente (secondo la quale nei 60 giorni ex art. 159 comma 3 del Dlgs. 42/2004 dovrebbe rientrare anche la comunicazione del provvedimento finale) non possa essere condivisa. In proposito si osserva che la fattispecie in esame ricade interamente nella disciplina transitoria (prorogata fino al 31 dicembre 2009 dall’art. 23 comma 6 del DL 1 luglio 2009 n. 78). In tale regime la Soprintendenza era estranea all’attività istruttoria e procedimentale curata dagli uffici comunali e dunque il termine di 60 giorni doveva intendersi come un periodo di tempo interamente utilizzabile per lo studio della fattispecie e per la predisposizione dell’eventuale decreto di annullamento. Non sarebbe ragionevole interpretare la norma nel senso di inserire nel medesimo termine anche la notifica della decisione al privato, perché in questo modo, riducendo il tempo utile al controllo, verrebbe indirettamente compressa la tutela del vincolo paesisticoambientale. Questa interpretazione non contraddice l’art. 21bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 sulla natura recettizia degli atti limitativi della sfera giuridica dei privati. È vero che il decreto di annullamento della Soprintendenza è un atto sfavorevole rispetto a un provvedimento (l’autorizzazione paesistica) già rilasciato al privato da un’altra amministrazione (il Comune). Occorre però sottolineare che l’atto sfavorevole è un controllo di legittimità, ossia un requisito necessario per far acquisire efficacia all’autorizzazione paesistica: il superamento del vincolo paesisticoambientale non può quindi considerarsi acquisito al patrimonio del privato finché non sia conclusa la fase della procedura gestita dalla Soprintendenza. Applicando questa impostazione la pronuncia della Soprintendenza (26 settembre 2008) si colloca correttamente entro il sessantesimo giorno da quando il controllo poteva essere esercitato, ossia dal ricevimento dell’autorizzazione paesistica con la relativa documentazione (30 luglio 2008), restando ininfluente il fatto che la comunicazione dell’annullamento sia avvenuta il 30 settembre 2008.
8. Per quanto riguarda le censure mosse alle valutazioni della Soprintendenza, gli argomenti della ricorrente possono essere condivisi, con le precisazioni esposte qui di seguito:
8.1 La documentazione allegata alla richiesta di autorizzazione paesistica non presenta lacune tanto gravi da far sorgere il dubbio che alla commissione per il paesaggio sia stato nascosto il reale impatto dell’intervento edilizio. Al contrario, la documentazione appare adeguata allo scopo. Innanzitutto occorre precisare che in base all’accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Lombardia stipulato il 4 agosto 2006 ai sensi dell’art. 3 del DPCM 12 dicembre 2005 la documentazione da allegare alla domanda di autorizzazione paesistica è quella descritta nell’allegato A della DGR n. 8/2121 del 15 marzo 2006 (relazione paesistica, elaborati dello stato di fatto, elaborati di progetto). Nel caso in esame la relazione paesistica segue lo schema indicato dalla Regione sia per quanto riguarda lo stato di fatto (inquadramento, cenni storici, analisi morfologica – geologica – vedutistica – simbolica) sia relativamente al progetto (inquadramento, accessibilità, incidenza morfologica – linguistica – visiva – ambientale – simbolica). In un apposito paragrafo sono descritte le misure di mitigazione (parziale interramento dell’unica autorimessa, ricollocazione degli ulivi lungo il nuovo marciapiede, conservazione dell’andamento altimetrico del versante, frantumazione volumetrica, spazi aperti tra i fabbricati, incremento della vegetazione lungo i confini e piantumazione nella parte centrale del lotto, utilizzo di materiali riconducibili alla tradizione costruttiva locale). Sono inoltre allegate alcune simulazioni fotografiche del paesaggio ante operam e post operam dal lago e dalla sommità della collina, nonché alcune simulazioni degli edifici con riprese dall’alto post operam. Per quanto riguarda gli elaborati di progetto, manca in effetti l’indicazione delle altezze di colmo e di gronda, tuttavia nelle sezioni degli edifici (v. tavole APC004APC008) compaiono le altezze interne dei due piani fuori terra e gli spessori dei relativi solai: di conseguenza, considerando che la rappresentazione è in scala e che sono indicate sia le quote del terreno sia la pendenza della falda (35%), risulta possibile individuare anche l’ingombro complessivo dei fabbricati.
8.2 Sul problema delle modifiche alla morfologia del terreno la commissione per il paesaggio afferma che l’intervento edilizio non determina variazioni nel profilo altimetrico del versante e anzi segue coerentemente il naturale declivio digradante dalla sommità della collina verso la costa. Questa valutazione non appare contraddetta dai dati a disposizione. È vero che è previsto un notevole sbancamento per la realizzazione dell’autorimessa parzialmente interrata (v. punto 7.1.1 della relazione paesistica), ma è anche programmato il ripristino del declivio (gli edifici sono impostati seguendo le quote del dislivello esistente). Certo sono poi anche necessari, per ragioni tecniche, dei riporti di terreno in alcune porzioni del lotto, e in definitiva è implicito, come in ogni intervento edilizio, un effetto di rimodulazione del piano di campagna originario. Poiché tuttavia queste innovazioni sono di entità limitata e inserite in un quadro progettuale complessivamente attento al rispetto della morfologia esistente, non sembra che possa derivarne una lesione del valore paesistico e ambientale dei luoghi. Nello specifico il dislivello iniziale era compreso tra quota +103 a monte e quota +97 a valle (v. tavola APC001) e la stessa differenza, approssimativamente, è prevista a lavori ultimati (v. tavola APC002). Variano invece, ma di poco, le quote interne al lotto. Dunque si può ritenere che la morfologia del terreno non venga alterata significativamente.
8.3 Le osservazioni critiche della Soprintendenza sulla perdita di spazi agricoli e di vegetazione (intesi entrambi come elementi costitutivi del vincolo paesistico) e sulla formazione di un nuovo nucleo edificato non sembrano riferibili tanto al progetto in sé ma alla scelta del Comune di classificare questa parte del territorio come zona C1 (residenziale di nuova espansione). La pronuncia della Soprintendenza sulle autorizzazioni paesistiche non può tuttavia trasformarsi in un controllo ex post sulle scelte urbanistiche, anche se certamente può limitarne il contenuto in termini di volumetria insediabile. Dunque non può diventare ostacolo al rilascio dell’autorizzazione paesistica il semplice fatto della trasformazione di terreno agricolo in area edificata, e neppure la connessa perdita di vegetazione. Tantomeno può assumere valenza ostativa automatica la circostanza che gli edifici progettati siano riuniti in una lottizzazione o comunque formino un nuovo insediamento. Occorre invece scendere nel concreto per valutare come i nuovi fabbricati si inseriscano nel contesto ambientale secondo la scala propria del vincolo paesistico (considerando quindi non il singolo lotto, sul quale l’edificazione ha necessariamente un impatto rilevante, ma l’intera area vincolata).
8.4 Analogamente non appare sostenibile la critica mossa dalla Soprintendenza sotto il profilo della mancata considerazione degli elementi di vulnerabilità e di rischio. Anche questa valutazione sembra più una censura al PRG che un rilievo riferibile all’intervento edilizio. È evidente che un insediamento come quello proposto dalla ricorrente modifica nell’area interessata i caratteri storici presi in considerazione dal vincolo paesistico (ossia il quadro caratterizzato da terreno agricolo e casolari sparsi) ma non è a questo che la Soprintendenza deve limitare il proprio giudizio. L’esame deve invece andare oltre e concentrarsi su due elementi più specifici, precisamente: (i) come la nuova volumetria sia distribuita all’interno del lotto; (ii) come la nuova volumetria si colleghi alle aree confinanti. Per quanto riguarda il primo aspetto occorre sottolineare che in realtà il progetto della ricorrente non utilizza per intero le facoltà edificatorie attribuite al lotto: il PRG consentiva una volumetria massima pari a 5.109,70 mc (con un indice di densità territoriale di 0,80 mc/mq) mentre il progetto prevede l’insediamento di 4.479,69 mc (con un indice di densità territoriale di 0,70 mc/mq). Vi è inoltre la ricerca della diluizione della volumetria attraverso la suddivisione in più fabbricati e la dilatazione degli spazi intermedi, accentuata dall’inserimento di cortine vegetali. A questo si aggiunge la scelta di modalità costruttive che privilegiano le strutture parzialmente aperte (logge, porticati) e l’uso di materiali ricollegabili alla tradizione (legno, laterizio, intonaco, coppi). L’effetto può essere variamente apprezzato sotto il profilo estetico ma non si può affermare che la nuova volumetria riversata sul territorio produca gravi dissonanze o forzature stilistiche. Per converso, mancando questi difetti, si può ritenere che il vincolo paesistico non sia inciso negativamente. Con riguardo invece al collegamento tra l’intervento edilizio e l’ambiente esterno, in effetti tra i poteri della Soprintendenza rientra la possibilità di sollevare il problema della conurbazione derivante dall’accumulo di edificazioni limitrofe. Si tratta però di un’obiezione utilizzabile solo quando vi sia evidenza di un’eccessiva antropizzazione del territorio, perché diversamente si ripresenterebbe il rischio di interferenze con le scelte urbanistiche comunali. Nel caso in esame la nuova edificazione si collega verso sud a fabbricati esistenti (anche di notevoli dimensioni) e verso ovest a una zona che conserva i caratteri agricoli tradizionali (colture di pregio, quali l’ulivo e la vite, inframmezzate da vegetazione). L’erosione degli spazi agricoli è quindi marginale e segue il criterio dell’incrementocompletamento lungo la linea di confine tra gli ambiti trasformati e quelli ancora integri, mantenendo la leggibilità dell’insieme paesistico. Non sembra quindi ancora superato il limite oltre il quale si può parlare di sistematica occupazione degli spazi liberi su scala comunale e sovracomunale.
8.5 Circa la visibilità degli edifici dal lago occorre sottolineare che la commissione per il paesaggio non ha affatto trascurato il problema, al contrario parla di "alterazione prospettica (…) evidente". Tuttavia non ha considerato questa circostanza un impedimento assoluto, ma ha indagato sulla tollerabilità in concreto dell’intervento progettato. Sotto il profilo del metodo una simile impostazione appare corretta, in quanto la presenza del vincolo paesistico non deve essere intesa a priori come causa di inedificabilità per qualsiasi fabbricato visibile da punti panoramici, mentre si può giungere a un divieto (totale o parziale) di edificazione dopo aver soppesato l’impatto dei singoli progetti. Nello specifico vi sono diversi elementi che attenuano il disturbo alla visuale: (i) il largo impiego di essenze arboree poste a schermatura; (ii) la scelta di edificare a mezza costa e non sulla riva o sul crinale; (iii) la disposizione planialtimetrica degli edifici, che consente di leggere l’andamento naturale del declivio. Il fatto che in corrispondenza dei fabbricati alcune quote del terreno siano destinate a essere (lievemente) sopraelevate non appare significativo a fronte del mantenimento del dislivello complessivo tra la parte alta e quella bassa del lotto.
8.6 Dalle considerazioni svolte sopra discende anche la correttezza del giudizio positivo espresso dalla commissione per il paesaggio sulle misure di mitigazione. Pur trattandosi di un progetto con un grado di incidenza paesistica medioalto, le modalità costruttive e le barriere vegetali sono idonee a ridurne l’impatto sul territorio e la visibilità dal lago (la visibilità dalla collina è già impedita dall’andamento del declivio e dalla vegetazione presente sul lato ovest).
9. In conclusione il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso.
Le spese sono integralmente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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