Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-09-2012, n. 15000

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato, in particolare, l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 5 giugno 2000 stipulato da xxx s.p.a. con D.S..
2. Per la cassazione di tale sentenza, depositata il 17 novembre 2006, xxx s.p.a. ha proposto ricorso notificato il 16 novembre 2007; la lavoratrice ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
3. Con sentenza in data 20 aprile 2011 la Corte d’appello di Roma ha rigettato il ricorso per revocazione proposto da xxx s.p.a. nei confronti della sentenza citata sub 1., ricorso basato sull’assunto della sussistenza di un errore di fatto per non avere la Corte territoriale colto correttamente, sulla base dei documenti prodotti nel giudizio di primo grado, la causale effettivamente richiamata a giustificazione dell’apposizione del termine.
4. Quest’ultima sentenza, peraltro, non rileva nel presente giudizio atteso che la stessa non è oggetto dell’impugnazione e considerato che, come è stato chiarito da questa Corte di legittimità (Cass. 3 maggio 2000 n. 5513), vi è completa autonomia tra il giudizio di cassazione e quello per revocazione.
5. Con la sentenza impugnata (e cioè quella depositata in data 20 aprile 2006) la Corte territoriale premetteva in fatto che la D. era stata assunta con contratto a tempo determinato per il periodo 5 giugno 2000 – 31 agosto 2000; tale contratto era stato stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre. Ciò premesso riteneva l’illegittimità del termine apposto al suddetto contratto osservando che la società xxx non aveva provato, come era suo onere, la carenza oggettiva di organico determinata dalla fruizione di ferie del personale in forza presso la filiale di assunzione e la concomitante necessità di assicurare l’espletamento del servizio. Ed infatti, ad avviso della Corte, tale prova (concernente, in sostanza, la sussistenza di uno specifico nesso causale fra la stipula del contratto a termine e le esigenze di sostituzione di lavoratori in ferie) doveva considerarsi necessaria non essendo sufficiente la notorietà della circostanza per cui nel periodo giugno – settembre i lavoratori concentrano la fruizione delle ferie.
6. Con l’unico motivo di ricorso xxx s.p.a. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 115, 414, 420 e 437 cod. proc. civ., della L. n. 230 del 1962, art. 3 e vizio di motivazione assumendo che la Corte di merito avrebbe posto a fondamento della propria decisione fatti e profili giuridici diversi da quelli dedotti in giudizio, sostituendo così la causa petendi. In particolare avrebbe deciso la causa sul presupposto che il contratto in questione era stato stipulato sulla base della causale di cui all’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre, laddove il contratto stesso era stato stipulato ai sensi dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane.
7. Il ricorso è fondato.
8. Dal testo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e del ricorso in appello, riportato in ricorso, si evince chiaramente che la D. fu assunta in base alla causale di cui all’accordo integrativo del 25 settembre 1997 (esigenze eccezionali…) e non già per la causale presa in considerazione dalla Corte di merito.
Tale circostanza deve considerarsi del resto pacifica fra le parti in quanto affermata anche nel controricorso.
9. Appare pertanto evidente la sussistenza di una violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 cod. proc. civ., atteso che la Corte territoriale ha deciso sulla base di una causa petendi affatto diverso rispetto a quella sottoposta al suo esame.
10. Il ricorso deve essere in definitiva accolto e per l’effetto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, indicato in dispositivo, il quale provvedere in conformità con i principi fissati dall’art. 112 cod. proc. civ.. Il giudice del rinvio provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2012

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