Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-09-2012, n. 14993

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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 10-10-1985 P.G., proprietaria di un fondo in (OMISSIS), in catasto f. 3, mappale 1677, conveniva in giudizio O.G., al fine di accertare l’esatto confine tra tale terreno e quello di proprietà del convenuto. L’attrice deduceva che l’ O., nel procedere a lavori di sbancamento nel suo fondo, aveva creato un dislivello di circa quattro metri per una lunghezza di circa ventuno metri, incorporando una porzione del fondo di proprietà di essa istante.
Il convenuto si costituiva negando l’incertezza del confine e chiedendo il rigetto della domanda. Egli, inoltre, chiedeva in via riconvenzionale che l’attrice venisse dichiarata obbligata a costruire insieme al convenuto il muro di cinta in sopraelevazione del muro d’argine, rendendolo comune mediante la corresponsione dell’indennità di medianza, nonchè tenuta a contribuire per la metà alla costruzione di un muro di cinta ed a liberare il muro di argine da ogni appoggio o carico.
Con sentenza del 18-5-2003 il Tribunale di Cagliari, nel rilevare che tra i fondi in questione vi era una incertezza soggettiva e che l’unico elemento certo ai fini della individuazione dell’esatto confine era rappresentato dalle mappe catastali, accoglieva la domanda attrice, determinando il confine secondo le indicazioni contenute nella seconda consulenza tecnica d’ufficio. Il giudice rigettava, invece, la domanda riconvenzionale.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il convenuto.
Con sentenza depositata il 1-3-2007 la Corte di Appello di Cagliari, in accoglimento per quanto di ragione del gravame, dichiarava che il confine tra i fondi delle parti era quello indicato nella relazione redatta dal primo consulente in data 30-1-1987; dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale; condannava l’attrice al pagamento delle spese di primo grado e dei due terzi delle spese di secondo grado, che compensava per il resto. In motivazione, la Corte territoriale dava atto che il muro costruito dall’ O. era stato sostanzialmente realizzato sul confine catastale tra i fondi delle parti, tranne qualche trascurabile divergenza, ma a scapito dello stesso convenuto.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la P., sulla base di tre motivi.
L’ O. non ha svolto attività difensive.
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c.. Sostiene che, poichè con l’atto di gravame l’appellante si era limitato a chiedere il rigetto della domanda attrice e l’accoglimento della domanda riconvenzionale, la Corte di Appello, nel rideterminare il confine tra i due fondi, è incorsa nel vizio di ultrapetizione.
Con il secondo motivo viene denunciata l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in relazione ai criteri seguiti dal giudice di appello nella determinazione del confine.
Con il terzo motivo viene dedotta l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla condanna dell’attrice al pagamento delle spese di doppio grado.
2) Il primo motivo è infondato.
E’ noto che l’azione di regolamento di confini non presuppone necessariamente l’inesistenza di una linea di confine e l’uso promiscuo della zona di confine tra i due fondi, in quanto l’incertezza, alla cui eliminazione l’azione è diretta, può derivare tanto dalla mancanza di qualsiasi limite (c.d. incertezza oggettiva) quanto dalla contestazione del confine esistente (ed.
incertezza soggettiva), purchè quest’ultima non investa i titoli di acquisto della proprietà (tra le tante v. Cass. 18-4-1994 n. 3663;
Cass. 11-11-1986 n. 6594; Cass. 28-1-1985 n. 438).
La controversia sui confini, pertanto, può essere determinata non solo dalla mancanza di un confine materiale, che determina incertezza oggettiva sul confine, ma anche dall’incertezza soggettiva, da parte di uno dei due confinanti, o di entrambi, sull’esattezza del confine materiale esistente.
Nella specie, di conseguenza, l’azione di regolamento di confini proposta dalla P. non ha perso la sua natura per effetto delle deduzioni svolte dal convenuto circa resistenza di un muro di confine dal medesimo realizzato all’interno della sua proprietà, avendo l’attrice contestato la corrispondenza dei confine materiale con quello reale.
Ciò posto, si osserva che, secondo il costante orientamento di questa Corte, l’azione di regolamento di confini si configura come una vindicatio incertae partis, in quanto sia all’attore che al convenuto incombe l’onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’accertamento della esatta linea confinaria (Cass. 18- 4-1994 n. 3663; Cass. 11-11-1986 n. 6594; Cass. 28-1-1985 n. 438), e il giudice è del tutto svincolato dal principio actore non probante reus absolvitur, dovendo, invece, in ogni caso determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili (tra le tante v. Cass. Cass. 3-5-2001 n. 6189; Cass. 3/5/1993 n. 5115), ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, che hanno un valore sussidiario (v. 31-5-2006 n. 12891; Cass. 13-2-2006 n. 3082).
Poichè, dunque, in ragione della peculiare natura e delle finalità dell’azione in esame, il giudice di merito è comunque tenuto ad individuare il confine reale tra i fondi dei contendenti alla stregua degli elementi probatori considerati più attendibili (e facendo se del caso ricorso alle mappe catastali), nella specie deve escludersi che la Corte di Appello, nel rideterminare il confine sulla base delle risultanze della prima consulenza tecnica d’ufficio (da cui è emersa la sostanziale coincidenza del confine attuale, segnato dal muro costruito dal convenuto, con quello reale), sia incorsa nel vizio di ultrapetizione, non rilevando in contrario che con l’atto di appello l’ O., pur sostenendo il corretto posizionamento del muro di confine da lui realizzato, abbia formalmente chiesto il rigetto della domanda attrice.
3) Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili, non rispondendo ai requisiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame, proposto avverso una sentenza di appello pubblicata dopo l’1-3-2006 e prima del 4-7-2009.
E invero, in base alla menzionata disposizione di legge, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Ciò comporta, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 18-6- 2008 n. 16528; Cass. S.U. 1-10-2007 n. 20603).
Nella specie, nei motivi in esame non è dato cogliere una sintetica e chiara esposizione riassuntiva del fatto controverso in relazione al quale sussisterebbero i dedotti vizi motivazionalì, nonchè delle ragioni della ritenuta inidoneità della motivazione a sorreggere la decisione adottata.
4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.
Poichè l’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva, non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2012

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