T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 31-01-2011, n. 323

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con raccomandata recapitata in data 9/3/2009 l’esponente, in qualità di ex dipendente a tempo determinato della Società xxx S.p.A., ha inoltrato al predetto Ente istanza di accesso ai sensi della legge 241 del 1990, al fine di ottenere copia del libro matricola, del registro delle presenze – mod. 70 P, del fascicolo personale, dei documenti da cui risultino il numero degli addetti con specifica se a tempo determinato o non e dell’organigramma dell’ufficio postale di xxx.
La richiesta è finalizzata all’esercizio del diritto di difesa dell’interessata innanzi al Giudice del lavoro ai fini della conservazione del posto, mediante prosecuzione del rapporto di lavoro, previo annullamento delle clausole di apposizione del termine di cessazione del rapporto medesimo, oltreché per la corresponsione degli arretrati non corrisposti.
L’istante, trascorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, ha impugnato il diniego implicito di accesso ai documenti richiesti, deducendo la violazione dell’art. 97 della Costituzione, la violazione degli artt. 22, 23, 24 e 25 della legge n. 241/1990, nonché l’eccesso di potere sotto diversi profili.
All’odierna camera di consiglio la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato.
La Sezione ritiene di non doversi discostare dal prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui l’attività amministrativa, alla quale gli artt. 22 e 23 della legge n. 241 del 1990 correlano il diritto d’accesso, ricomprende, non solo, quella di diritto amministrativo, ma, anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (cfr.Consiglio di Stato, sez. VI, 26 gennaio 2006, n. 229; idem, n. 4152/2002; n. 2855/2002; n. 67/2002; n. 654/2001; T.A.R. Lombardia Brescia, 14 marzo 2005, n. 159;T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 5.8.2004, n. 3292, TAR Lombardia Milano 21.11.2007 n.6406; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 06 marzo 2009, n. 655; T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 12 novembre 2008, n. 1880).
In alcune delle predette decisioni è stato, altresì, affermato che i dipendenti di xxx S.p.a., anche cessati dal rapporto, hanno diritto ad accedere ad alcuni atti relativi all’organizzazione interna della società, quali, tra l’altro, i fogli firma delle presenze giornaliere.
In tali casi, infatti, l’attività di xxx, relativa alla gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, è stata ritenuta strumentale al servizio gestito dalla società ed incidente potenzialmente sulla qualità di un servizio il cui rilievo pubblicistico va valutato tenendo conto, non solo, della dimensione oggettiva ma, anche, di quella propriamente soggettiva di xxx (cfr. TAR Lombardia, Sez. Brescia 9.1.2004, n. 16 e 8.7.2004, n. 740).
In tal senso, con specifico riguardo al caso all’esame del Collegio, non ha pregio l’osservazione di parte resistente, secondo cui il libro matricola, il mod. 70 P, gli atti contenuti nel "fascicolo personale" e i documenti da cui risultano il numero degli addetti non sarebbero qualificabili "atti amministrativi" e, per ciò solo, non sarebbero ostensibili.
Va ribadito, infatti, come il discrimen tra gli atti che devono considerarsi rientranti nell’ambito oggettivo della disciplina dell’accesso e quelli destinati a rimanerne fuori, non va identificato nella distinzione tra attività posta in essere nell’esercizio di potestà pubbliche e attività condotta secondo moduli privatistici, bensì, nella sottoposizione o meno del soggetto preposto al suo espletamento al dovere di imparzialità (cfr. in tal senso Consiglio di Stato Ad. Plen. Decisioni nn. 4 e 5 del 1999; Cons. St. Sez. VI^ 5 marzo 2002 n. 1303, per cui: "non può essere più ascritto alcun rilievo dirimente al dato, meccanicistico e tendenzialmente neutro, della veste privatistica dell’atto di cui si chiede l’ostensione, dovendosi invece verificare se il segmento di attività, cui la documentazione da visionare si riferisce, debba essere esercitata nel rispetto del principio di imparzialità".).
Tale è, appunto, il caso degli atti di gestione del rapporto di lavoro privatizzato, che hanno natura giuridica privata, ma che sono funzionali all’interesse pubblico curato dal datore di lavoro, che rimane, così, vincolato dai parametri costituzionali di cui all’art. 97 Cost. (cfr. ancora Cons. St. Sez. VI^ 5 marzo 2002 n. 1303 che, proprio in una controversia in materia di accesso ad atti di xxx spa ha, tra l’altro, affermato che: "la conformazione in senso pubblicistico di talune strutture soggettive finisce inevitabilmente per ampliare il novero delle attività nel cui esercizio si impone la rigorosa osservanza del principio di imparzialità, nonché per condizionare l’individuazione degli atti che, pur non direttamente afferenti la gestione del servizio, devono essere adottati nella prevalente prospettiva del perseguimento imparziale dell’interesse pubblico, talvolta definito sulla scorta di determinazioni eteronome, non direttamente imputabili, cioè, al gestore stesso.").
Neppure ha pregio, l’altra considerazione di parte resistente, secondo cui i cit. documenti sarebbero inaccessibili, in quanto contenenti dati personali non ostensibili, secondo quanto chiarito anche dal Garante della Provacy nella determinazione n.53/2006.
Sul punto, il Collegio rileva come debba essere operata una netta distinzione fra la tutela del diritto di accesso e la tutela della riservatezza, posto che, mentre il diritto di accesso ha ad oggetto il "documento amministrativo", nozione avente i contorni poco sopra delineati, la cd. legge sulla privacy (d.lgs.n.196/2003) ha un oggetto diverso, che si identifica nel "trattamento dei dati personali" (di cui si occupa, appunto, la cit. determinazione del Garante n.53 del 22.11.2006).
Ebbene, anche a seguito delle modifiche, apportate alla legge n.241/90 dalla L. 11 febbraio 2005 n. 15, l’accesso ad un documento amministrativo non può mai essere astrattamente negato adducendo l’esistenza di dati personali. Ciò, in quanto la scelta legislativa è stata quella di imporre all’amministrazione procedente, in quanto destinataria di un’istanza di accesso, di porre in essere un vero e proprio procedimento amministrativo, al fine di operare il dovuto bilanciamento, in relazione alla concreta fattispecie, tra le esigenze di trasparenza e quelle di riservatezza, che ogni specifica istanza sottende.
In dettaglio, com’è noto, risultano attualmente disciplinate tre diverse situazioni di accessibilità dei documenti amministrativi, in funzione dello specifico contenuto proprio dei medesimi.
Ciò, in quanto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 24 co. VI° lett. d) e co. VII° legge n.241/90 e 59 – 60 d.lgs.n.196/2003, se i documenti contengono dati personali comuni, l’accesso è consentito qualora la loro conoscenza sia "necessaria" per curare o difendere gli interessi giuridici dell’istante; se, invece, i documenti contengono dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito soltanto se la conoscenza del documento sia "strettamente indispensabile"(art.59 cit.); infine, ove si tratti di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale (cd. dati supersensibili), l’accesso è consentito nei termini di cui all’art. 60 cit. (e, quindi, "se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.").
È evidente, allora, come in presenza di una motivata istanza di accesso, volta alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti e avente ad oggetto documenti amministrativi astrattamente accessibili, l’amministrazione non possa celarsi dietro un tacito diniego, adducendo, poi, in sede giudiziale, la natura personale dei dati contenuti dei documenti stessi per motivare il diniego medesimo.
Detto diniego, infatti, nelle suddette circostanze fattuali, si giustifica soltanto all’esito di una valutazione discrezionale degli interessi coinvolti che, a seguito del bilanciamento in concreto imposto dalla richiamata normativa, dia conto della scelta operata dalla P.A. in ordine all’interesse ritenuto in concreto prevalente.
Ciò, senza trascurare che le esigenze di tutela della riservatezza possono trovare adeguato riscontro, in caso di prevalenza dell’interesse all’accesso, anche attraverso una tutela "modale" delle stesse, ovvero, ricorrendo al mascheramento dei dati personali non strettamente necessari alla tutela degli interessi del richiedente l’accesso.
Nel caso all’esame del Collegio, non v’è dubbio che l’istante abbia un interesse giuridicamente rilevante all’accesso, posto che esso è stato chiesto in relazione alla predetta attività di organizzazione delle forze lavorative e, quindi, del servizio postale, allo scopo di consentire all’esponente di ottenere elementi utili per instaurare una eventuale controversia innanzi al Giudice del lavoro, per dimostrare l’ingiustificato ricorso ad assunzioni a tempo determinato e la presenza delle circostanze per il riconoscimento del diritto ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Ebbene, in tali evenienze e, quindi, riassumendo – in presenza di documenti amministrativi astrattamente accessibili e di un interesse giuridicamente rilevante dell’istante – l’ente resistente non può manifestare un mero diniego, del tutto immotivato e, dunque, illegittimo.
Per le suesposte considerazioni, quindi, deve ritenersi che xxx S.p.a. sia soggetta alla disciplina in tema di accesso e, quindi, obbligata all’esibizione della documentazione richiesta, tenendo conto che, qualora, come sostenuto da parte resistente, le informazioni contenute in taluni degli atti riportati nell’istanza di accesso di che trattasi, siano contenute in documenti aventi denominazione diversa da quella riportata nella ridetta istanza (com’è, per i documenti elencati in epigrafe sub lett. da a), b), d) ed e), le cui informazioni sarebbero tutte riportate nel "libro unico del lavoro", di cui all’art. 39 del D.L.n.112/1998), su tali documenti dovrà ex officio essere indirizzata la richiesta di accesso sopra menzionata, con gli accorgimenti all’uopo necessari per la salvaguardia della riservatezza dei terzi coinvolti dalle informazioni ivi contenute.
Sussistono, in definitiva, i presupposti per l’esercizio del diritto di accesso ed il ricorso va accolto, previo annullamento del tacito provvedimento di rifiuto opposto dall’ufficio di xxx della S.p.a. xxx.
L’accesso andrà consentito entro il termine di giorni 20 (venti) decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, con le modalità sopra esposte.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. IV, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie, disponendo il rilascio della richiesta documentazione, in difetto di diversi elementi ostativi, nei sensi e nei termini di cui alla motivazione.
Condanna S.p.a. xxx alla rifusione delle spese di lite in favore della ricorrente, che si liquidano in Euro 2.000,00 (duemila/00), compresi gli oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Primo Referendario
Ugo De Carlo, Referendario, Estensore

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