Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 10-09-2012, n. 15147

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Svolgimento del processo

che:

1. P.A. ha chiesto, con ricorso del 21 maggio 2009 alla Corte di appello di Bari l’equa riparazione, ex L. n. 89 del 2001, del danno conseguente alla durata non ragionevole della procedura iniziata davanti alla Corte dei Conti sezione giurisdizionale per la Puglia con ricorso del 24 gennaio 1998 e ancora in corso al momento della proposizione del ricorso per equa riparazione.

2. La Corte di appello ha riconosciuto la durata eccessiva della procedura stimandola in circa 9 anni e ha liquidato l’indennizzo del danno non patrimoniale in complessivi 6.750 Euro applicando il parametro di 750 Euro per ogni anno di durata eccessiva. La Corte di appello ha compensato interamente le spese processuali tenuto conto della posizione assunta in giudizio dall’amministrazione.

3. Ricorre per cassazione P.A. affidandosi ad unico motivo di ricorso con il quale deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c., ritenendo che anche la mancata opposizione alla domanda di equa riparazione non esonera l’amministrazione soccombente di rifondere le spese processuali al ricorrente (Cass. 23891/2009).

4. Si difende con controricorso il Ministero rilevando che la L. n. 89 del 2001, dopo aver riconosciuto all’art. 2 il diritto all’equa riparazione in favore di chi abbia subito un danno per effetto della violazione della C.E.D.U. prevede, all’art. 3, che la domanda di equa riparazione si proponga dinanzi alla Corte di appello non prevedendo pertanto alcuna fase antecedente a quella giurisdizionale nella quale la domanda del cittadino possa essere esaminata dall’amministrazione ed eventualmente soddisfatta con la corresponsione dell’indennizzo.

Di qui la correttezza, secondo il Ministero, della compensazione delle spese processuali operata dalla Corte di appello di Bari.

5. La Corte ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

che:

6. Il ricorso è fondato in quanto la posizione assunta dall’amministrazione non costituisce un fondato motivo per compensare le spese processuali atteso che il ricorrente ha dovuto adire l’autorità giurisdizionale e affrontare il corso del giudizio per poter affermare il proprio diritto all’equa riparazione senza alcuna valida ragione che giustificasse la richiesta di rigetto del ricorso da parte dell’amministrazione. L’interpretazione dell’amministrazione appare del tutto opinabile se letta nel senso di un impedimento legislativo al pagamento dell’indennità in assenza di una statuizione giudiziale definitiva. In ogni caso apparirebbe apertamente lesivo dell’art. 24 Cost., ritenere che il sistema della L. n. 89 del 2001, comporti l’assunzione delle proprie spese processuali da parte del cittadino che abbia subito un danno derivante dalla irragionevole durata di un processo.

7. Le spese del giudizio di cassazione devono anch’esse essere poste a carico dell’amministrazione soccombente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato quanto alla compensazione delle spese e, decidendo nel merito, condanna il Ministero al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito liquidate in Euro 1.140 di cui Euro 50 per spese, Euro 600 per diritti e Euro 490 per onorari e del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 965 di cui Euro 100 per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2012

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