T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 31-01-2011, n. 315

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Svolgimento del processo
Il ricorrente impugnava il provvedimento indicato in epigrafe con cui era stato disposto il suo trasferimento in xxx in quanto risultava che presso quel paese aveva presentato in precedenza analoga istanza.
Il ricorso si fonda su tre motivi.
Il primo eccepisce la violazione degli artt. 7,8,9,10 e 10 bis L.241\90 nonché dell’art. 3,comma 4, Reg. U.E. 343\2003 e degli artt. 2,comma 6, e 13,comma 7, T.U. Imm. e 3,comma 3, DPR 394\99.
Il ricorrente non è stato messo in condizione di partecipare fattivamente al procedimento relativo al riconoscimento dello status di rifugiato politico con comunicazione tradotte in una lingua a lui nota.
Il ricorrente parla solamente la lingua bangla del suo paese e nel provvedimento non vi è nessun riferimento all’impossibilità di trovare un traduttore che conosca la lingua del ricorrente.
Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 722\1954 di ratifica della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, dell’art. 3,comma 2, Reg C.E. 343\2003, dell’art. 3,comma 1, L. 241\90 oltre all’eccesso di potere per difetto di istruttoria.
L’art. 3,comma 2, citato consente allo Stato membro di esaminare la domanda anche se ciò non gli competerebbe in base ai rigidi criteri stabiliti dal Regolamento per la competenza alla trattazione della domande di asilo politico.
Ciò è particolarmente importante quando le norme sulla competenza imporrebbero un trasferimento verso un paese che non rispetti gli standards minimi di protezione, come secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è il caso della xxx.
La rilevanza che hanno in questo campo le raccomandazioni dell’Alto Commissariato citato avrebbero dovuto consigliare all’Unità di xxx operante presso il Ministero dell’Interno di effettuare una valutazione più approfondita.
Il terzo motivo contesta la carenza di motivazione a causa di una laconica e standardizzata motivazione anche perché non fornisce alcun chiarimento su come sia stata accertata la preesistenza di una richiesta di protezione presentata in xxx se non per il fatto che la xxx ha omesso di rispondere alla richiesta di informazioni nel termine di due mesi.
Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso e sollevava regolamento di competenza.
Alla camera di consiglio del 9.6.2009 veniva accolta la domanda di sospensione in attesa della decisione sul regolamento di competenza.
Il Consiglio di Stato con sentenza del 3.12.2009 stabiliva la competenza del Tar Lombardia
All’udienza del 28.1.2011 la causa veniva decisa.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Il ricorso è volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento prot. n. 96369 del 7/10/08,
notificato in data 09/4/09, con il quale l’Unità xxx presso il Ministero dell’Interno, in merito
all’istanza di riconoscimento dello stato di rifugiato presentata dal ricorrente, ha disposto che il
medesimo "sia trasferito in xxx, in quanto Stato competente, entro sei mesi dalla data odierna di
accettazione implicita".
Rileva il Collegio come risulti assorbente la censura relativa al difetto di istruttoria e di
motivazione.
L’Amministrazione, infatti, nel provvedimento impugnato si è limitata ad affermare che la xxx è
un paese terzo sicuro e che non si ravvisano particolari motivi che potrebbero indurre l’Italia ad
assumere la competenza ai sensi dell’articolo 3 c. 2 del regolamento CE 343/2003 (cd. Regolamento
xxx).
L’Amministrazione, tuttavia, preso atto che la xxx doveva considerarsi formalmente ancora un
paese sicuro, ha anche fatto riferimento all’inesistenza di " particolari motivi" che avrebbero potuto
indurre l’Italia ad una diversa determinazione. In effetti l’ufficio preposto alla individuazione dello
Stato comunitario competente secondo la rigida e minuziosa sequenza di disposizioni dettate dal
regolamento, pur essendo notoria la situazione in cui versavano i richiedenti protezione
internazionale in xxx, ha del tutto omesso di prendere in esame gli elementi conoscitivi resi noti
da organismi internazionali di sicuro spessore etico.
Ci si riferisce alla posizione espressa dall’xxx sul rinvio dei richiedenti asilo verso la xxx, in
attuazione del regolamento di xxx, contenuta nel documento di raccomandazioni del 15 aprile
2008, ed, in precedenza, nel documento del 9 luglio 2007 (Rinvio in xxx di richiedenti asilo con
domande di riconoscimento dello status di rifugiato "interrotte") ed in quello di novembre 2007
("Studio xxx sulla trasposizione della Direttiva Qualifiche").
L’xxx – nel documento di raccomandazioni del 15 aprile 2008 – esprime la propria
preoccupazione per le difficoltà che i richiedenti asilo incontrano nell’accesso e nel godimento di
una protezione effettiva, in linea con gli standard internazionali ed europei e raccomanda
espressamente i Governi di non rinviare in xxx i richiedenti asilo in applicazione del regolamento
xxx fino ad ulteriore avviso. Raccomanda, invece, ai Governi, "l’applicazione dell’articolo 3
(2) del regolamento xxx, che permette agli Stati di esaminare una richiesta di asilo anche
quando questo esame non sarebbe di propria competenza secondo i criteri stabiliti dal regolamento
stesso".
Le problematiche sul sistema asilo della xxx, riscontrate dall’xxx sin dal novembre 2007,
che avevano indotto nel 2008 sia la Norvegia che la Finlandia a sospendere i trasferimenti in xxx
e che avevano portato nel 2007 la stessa Unione Europea a promuovere una procedura di infrazione
nei confronti della xxx a causa della non conformità della propria legislazione al regolamento
xxx II, consentono dunque di ritenere non sufficientemente approfondita la verifica della
sussistenza di ragioni di opportunità idonee a giustificare, nel caso di specie, l’applicazione della
norma di chiusura, che consente allo stato membro in casi eccezionali di derogare alla formale
applicazione della procedura di individuazione della competenza.
La difficile situazione nella quale versano i richiedenti asilo in xxx più volte denunciata da
organismi internazionali, è stata oggetto di disamina da parte della stessa Corte europea dei diritti
dell’Uomo che con decisione dell’11 giugno 2009 (ric. N.53541/07 S.D.c/ xxx), ha ritenuto la
xxx responsabile della violazione dei diritti di un cittadino turco che aveva chiesto asilo nel
2007. Secondo la Corte europea, la xxx, date le condizioni in cui l’uomo è stato detenuto, ha
violato l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani relativo al divieto di tortura e
trattamenti inumani o degradanti, e l’articolo 5 della Convenzione che sancisce il diritto alla libertÃ
e quello di contestare la legittimità della detenzione.
La stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con provvedimento del 18/11/08 ha ordinato allo
Stato Italiano di non trasferire in xxx un cittadino afgano richiedente asilo.
Ritiene dunque il Collegio che detti elementi, pur se deducibili da atti privi di forza cogente
nell’attuale sistema normativo, avrebbero dovuto indurre,quanto meno, l’amministrazione ad
effettuare una più approfondita valutazione della particolare situazione nella quale si sarebbe potuto
trovare il ricorrente, in quanto richiedente asilo, chiarendo, proprio con riferimento alla situazione
dello stesso, per quale ragione, nonostante le contrarie raccomandazioni internazionali, il suo
trasferimento verso detto Stato dovesse ritenersi obbligatorio o comunque preferibile rispetto alla
possibilità di far applicazione, nel caso in esame, dell’articolo 3, c. 2 del regolamento CE
343/2003,(considerazioni queste condivise da TAR PugliaLecce, 24 giugno 2008, n. 1870, ed
assunte a motivazione di ordinanze, in sede cautelare, da Cons. Stato Sez. VI ord. n. 666/09;
667/09; 668/09; 3293 del 26/6/09).
Per le ragioni esposte, il ricorso va, dunque, accolto, con assorbimento delle ulteriori censure
dedotte e, per l’effetto, deve essere annullato il provvedimento impugnato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.500 oltre C.P.A. ed I.V.A. ed al rimborso del contributo unificato ex art. 13,comma 6 bis,D.P.R. 115\02, nella somma di Euro 250.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Ugo De Carlo, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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