Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 10-09-2012, n. 15132

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Svolgimento del processo

che S.G. ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello di Napoli indicato in epigrafe, che ha respinto la domanda di equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del procedimento (relativo alla domanda di riconoscimento delle differenze retributive dovute per prestazione di lavoro straordinario) svoltosi avanti alla T.A.R. della Campania dal 20 giugno 1995 al 16 gennaio 2009;

che il Ministero dell’Economia e delle Finanze non svolge difese;

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

che la Corte di appello di Napoli, nell’escludere il diritto al risarcimento ha ritenuto che, nella specie, la consapevolezza dell’infondatezza della pretesa avanzata nel giudizio presupposto, l’inerzia del ricorrente nel richiedere la decisione della controversia e la modestia della posta in gioco comportassero la non risarcibilità della irragionevole durata del processo per mancanza di qualsiasi sofferenza morale ascrivibile alla abnorme durata del processo;

che con il primo motivo di ricorso si censura l’impugnato decreto, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di legge (della L. n. 848 del 1955, art. 6, della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 e art. 2697 c.c.). In particolare da parte del ricorrente si contesta la esclusione della esistenza del danno da ingiustificato ritardo del processo in considerazione di fattori da ritenersi irrilevanti nel sistema della L. n. 89 del 2001, e della Convenzione europea;

che con il secondo motivo di ricorso si deduce l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio riferendosi alla pretesa infondatezza della domanda fatta valere nel giudizio presupposto e alla prova della pretesa consapevolezza di tale infondatezza;

che la censura è fondata, in quanto questa Corte ritiene che l’infondatezza, consapevole o meno, della pretesa fatta valere nel giudizio presupposto non sia di per sè idonea ad escludere la risarcibilità della durata irragionevole del giudizio qualora non integri anche un vero uso strumentale e abusivo del processo tale da escludere ogni sofferenza legata al protrarsi ingiustificato dello stesso. Tale elemento deve essere provato dalla parte resistente o risultare inequivocamente al giudice dell’equa riparazione per poter escludere il diritto all’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001;

che nella specie non risulta fondata l’asserzione del giudice a quo sull’uso abusivo del processo presupposto perchè è stata basata sull’equazione ritenuta, come si è appeena detto, impropria, dalla citata giurisprudenza di legittimità, fra consapevolezza della infondatezza della pretesa e uso abusivo del processo;

che il ricorso va dunque accolto nei limiti di cui sopra e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito;

che nella determinazione dell’indennizzo la Corte intende attenersi ai parametri minimi indicati dalla giurisprudenza europea che consentono una liquidazione ridotta dell’indennizzo per i giudizi amministrativi ultradecennali – ma non inferiore a 6.250 Euro complessivi – e ciò in considerazione dello scarso interesse della parte alla definizione del giudizio che normalmente concorre a determinare la sua abnorme durata. (Cass. civ. 1^ sezione n. 14753 del 18 giugno 2010);

che, pertanto, il Ministero deve essere condannato al pagamento di 6.500 Euro a titolo di equo indennizzo per il periodo di circa oltre tredici anni di durata del procedimento;

che su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda;

che le spese di entrambi i gradi – liquidate come da dispositivo – seguono la soccombenza. Peraltro le spese del giudizio svoltosi davanti la Corte di appello vanno compensate per metà in considerazione del notevole ridimensionamento della richiesta iniziale di equa riparazione in Euro;

che va disposta la distrazione in favore del difensore che ne ha fatto richiesta per il primo grado del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere, a titolo di equa riparazione, al ricorrente la somma di Euro 6.500, con interessi legali a decorrere dalla data della domanda, nonchè al pagamento, con distrazione in favore del difensore antistatario, della metà delle spese processuali relative al giudizio di merito, liquidata, in complessivi Euro 570 (di cui Euro 245 per onorari ed Euro 300 per diritti), e delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro (di cui Euro 50 per esborsi), oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2012

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