Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 10-09-2012, n. 15125

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Svolgimento del processo

che:

1. M.G., C.E., P.G., B. N. e M.N. ha chiesto, con ricorso del 18 marzo 2008 alla Corte di appello di Venezia l’equa riparazione, ex L. n. 89 del 2001, del danno conseguente alla durata non ragionevole della procedura iniziata davanti alla sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei Conti con ricorso del 16 settembre 1997 e definita con sentenza del 7 giugno 2007.

2. La Corte di appello ha riconosciuto la durata eccessiva della procedura stimandola in 7 anni e 9 mesi e ha liquidato l’indennizzo del danno non patrimoniale in complessivi Euro 1.915 applicando il parametro di 250 Euro per ogni anno di durata eccessiva della procedura, trattandosi di "domanda svolta nel procedimento presupposto da più soggetti il che, sulla base del dato di esperienza, induce a ritenere che la partecipazione emotiva dei singoli sia sensibilmente affievolita rispetto all’ipotesi in cui il contenzioso sia stato sostenuto individualmente nonchè affidata a tesi giuridiche del tutto innovative e carente delle condizioni di ammissibilità".

3. Ricorrono per cassazione affidandosi a due motivi di ricorso: a) violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 della C.E.D.U. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente, illogica e/o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e della tariffa professionale forense relativamente alla liquidazione delle spese di giudizio.

4. Non svolge difese il Ministero.

5. La Corte ha deliberato dì adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

che:

6. Con entrambi i motivi si contesta la decisione impugnata che ha ridotto a 250 Euro annui l’equa riparazione in considerazione del carattere collettivo del ricorso nel giudizio presupposto e del carattere innovativo delle tesi giuridiche poste a fondamento dello stesso.

7. Il ricorso è fondato. Infatti, come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ. sezione 1^, n. 19979 del 16 settembre 2009 e da ultimo Cass. civ. sez. 6^-1 n. 6655 del 2 maggio 2012), è irrilevante che la domanda nel giudizio presupposto sia proposta da una pluralità di attori, considerato che la forma collettiva e indifferenziata non equivale a trasferire sul gruppo situazioni di angoscia o patema d’animo, riferibili invece, specificamente, a ciascun singolo consorte in lite. Nè costituisce utile ragione, per ridurre sensibilmente l’importo dell’indennizzo la fondatezza o meno delle tesi giuridiche portate a sostegno della domanda nel giudizio presupposto, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo dei soggetti che agiscono per ottenere l’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo, indipendentemente dal fatto che essi siano risultati vittoriosi o soccombenti, ad eccezione del caso in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio in difetto di una condizione soggettiva di incertezza (cfr. Cass. civ. sezione 6^-1 n. 28592 del 23 dicembre 2011 secondo cui dell’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve dare prova puntuale l’Amministrazione).

8. La determinazione dell’indennizzo secondo il criterio seguito dalla Corte di appello di Venezia si pone quindi infondatamente in contrasto con la giurisprudenza della Corte E.D.U. (cfr. Cass. civ. sezione 1^ n. 14753 del 18 giugno 2011) e con quella di questa Corte che, per i giudizi amministrativi ultradecennali, ritiene corrispondente a giustizia una liquidazione ridotta dell’indennizzo pari a 500 Euro per ogni anno di durata del procedimento e in ogni caso non inferiore a 6.250 Euro complessivi.

9. Nella specie l’applicazione di tale criterio comporta una liquidazione dell’ indennizzo complessivo per il danno non patrimoniale pari a 6.250 Euro e al pagamento di tale somma, in favore di ciascuno dei ricorrenti, con interessi legali dalla domanda, va condannato il Ministero potendo la controversia essere decisa nel merito con la semplice applicazione dei criteri sopra esposti.

10. In considerazione della forte sperequazione fra la somma richiesta con il ricorso introduttivo e quella riconosciuta a titolo di equa riparazione, si ritiene di compensare per metà le spese del giudizio di merito da distrarre in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero al pagamento, in favore di ciascun ricorrente, dell’indennizzo ex L. n. 89 del 2001 liquidato in Euro 6.250 con interessi dalla domanda. Condanna il Ministero al pagamento della metà delle spese del giudizio di merito liquidate, per tale quota, in complessivi 839 Euro, di cui 494 Euro per diritti, 295 Euro per onorari e 50 Euro per spese, in favore del difensore antistatario, e del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 965 Euro di cui 100 Euro per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2012

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