Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 10-09-2012, n. 15119

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Svolgimento del processo

che:

1. C.L. ha chiesto, con ricorso iscritto al n. 1094/2010, alla Corte di appello di Genova l’equa riparazione, ex L. n. 89 del 2001, del danno conseguente alla durata non ragionevole della procedura iniziata davanti al T.A.R. Toscana con ricorso del 12 gennaio 1999 e ancora in corso al momento della proposizione per equa riparazione.

2. La Corte di appello di Genova ha dichiarato il ricorso improcedibile rilevando che sebbene proposto dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008, il ricorso non era stato preceduto dalla presentazione dell’istanza di prelievo nel giudizio amministrativo così come prescritto dall’art. 54 del citato D.L..

3. Ricorre per cassazione C.L. affidandosi a due motivi di ricorso: a) violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, in relazione all’art. 11 preleggi e alla L. n. 133 del 2008, art. 54; b) violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, in relazione all’art. 6, par. 2 della C.E.D.U. e all’art. 2056 c.c.. Subordinatamente alla ipotesi di applicazione dell’art. 54 il ricorrente propone questione di legittimità costituzionale della predetta norma nella misura in cui dovesse ritenersi sanzionatoria, con la improponibilità del ricorso per equa riparazione, della mancata presentazione preventiva dell’istanza di prelievo anche in relazione a procedure in cui il diritto all’equa riparazione era maturato prima dell’entrata in vigore dell’art. 54. Il ricorrente ipotizza il contrasto con gli artt. 3, 111, 24 della carta costituzionale.

4. Non svolge difese il Ministero.

5. La Corte ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

che:

6. il ricorso è fondato in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ. sezione 6^-1, ordinanza n. 5317 del 4 marzo 2011) , in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza "di prelievo" ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, lascia sussistere la irragionevole durata del processo presupposto, ove sussista la violazione delle norme della citata L. n. 89 del 2001, con riguardo al periodo anteriore. Quanto alla utilizzazione della circostanza della mancata presentazione dell’istanza di prelievo come indice negativo della esistenza di un danno morale conseguente alla durata irragionevole della procedura la Corte non condivide tale assunto poichè palesemente contrario alla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, la presunzione del danno non patrimoniale conseguente all’accertata violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, può essere superata qualora il giudice ravvisi nel caso concreto la ricorrenza di peculiari circostanze, attinenti al giudizio presupposto, idonee a escludere la configurabilità di qualsivoglia patimento o stress ricollegabile all’irragionevole protrarsi del giudizio e quindi non in base a un indice applicabile automaticamente in relazione alla sua elevazione a condizione di procedibilità della domanda da parte del legislatore del 2008.

Cosicchè in assenza di ulteriori elementi specificamente attinenti al caso concreto la mancata proposizione dell’istanza di prelievo non è di per sè un indice che possa far validamente escludere la sussistenza di un danno morale ricollegabile alla durata eccessiva del processo mentre può essere ritenuto un elemento di valutazione utile al fine della liquidazione del danno (Cass. civ. sezione 1^ n. 3271 del 10 febbraio 2011).

7. La controversia è suscettibile di essere decisa nel merito con la semplice applicazione del criterio applicato da questa Corte, in armonia con la giurisprudenza della Corte europea, secondo cui, per i giudizi amministrativi ultradecennali, ritiene corrispondente a giustizia una liquidazione ridotta dell’indennizzo (Cass. civ., sezione 1^, n. 14753 del 18 giugno 2010).

8. L’applicazione di tale parametro comporta la liquidazione, in via equitativa, in favore del ricorrente C.L., dell’indennità in complessivi Euro 6.250 per il periodo intercorso fra il 12 gennaio 1999, data di proposizione del ricorso al T.A.R., e il 25 giugno 2008, data di proposizione del ricorso per equa riparazione.

11. L’accoglimento del ricorso e la rideterminazione dell’indennità comporta la condanna del Ministero al pagamento delle spese del giudizio di merito e di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero al pagamento, a titolo di equa riparazione in favore del ricorrente della somma di Euro 6.250 con interessi dalla domanda. Condanna il Ministero al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito liquidate in Euro 1.140, di cui Euro 50 per spese, Euro 600 per diritti e Euro 490 per onorari e del giudizio di cassazione liquidate in Euro 965 di cui Euro 100 per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2012

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