Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-10-2013) 11-12-2013, n. 49825

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 22 novembre 2012 la corte d’appello di Palermo in parziale riforma della sentenza del locale tribunale in data 29 marzo 2012 – che aveva condannato B.F. in concorso con altri per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, danneggiamento e ricettazione – concedeva all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Ricorre per cassazione l’imputato deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:

1. vizio della motivazione in ordine alla responsabilità a titolo di concorso con riguardo ai reati contestati;

2. violazione di legge in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche;

I motivi riproducono pedissequamente i motivi d’appello.

E’ giurisprudenza pacifica di questa Corte che se i motivi del ricorso per Cassazione riproducono integralmente ed esattamente i motivi d’appello senza alcun riferimento alla motivazione della sentenza di secondo grado, le relative deduzioni non rispondono al concetto stesso di "motivo", perchè non si raccordano a un determinato punto della sentenza impugnata ed appaiono, quindi, come prive del requisito della specificità richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 c.p.p., lett. c). E’ evidente infatti che, a fronte di una sentenza di appello, come quella in esame, che ha fornito una risposta ai motivi di gravame la pedissequa ripresentazione degli stessi come motivi di ricorso in Cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’Appello.

La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità.

Deve aggiungersi che le argomentazioni esposte nei motivi in esame si risolvono in generiche censure in punto di fatto che tendono unicamente a prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti di causa, ma che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità a fronte di una sentenza, come quella impugnata che appare congruamente e coerentemente motivata proprio in punto di responsabilità del ricorrente a titolo di concorso. La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62 bis c.p., è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talchè la stessa motivazione, purchè congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. sez. 6^ 24 settembre 2008 n. 42688, Caridi; sez. 6^ 4 dicembre 2003 n. 7707, A.).

Il ricorso è pertanto inammissibile.

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost.

sent. 186/2000) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1.000,00 (mille) Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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