Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 10-09-2012, n. 15118

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

che:

1. N.F. ha chiesto, con ricorso del 15 maggio 2009 alla Corte di appello di Firenze, l’equa riparazione, ex L. n. 89 del 2001, del danno conseguente alla durata non ragionevole della procedura iniziata davanti al T.A.R. della Toscana, con ricorso del 10 luglio 1997, e definita con sentenza del 6 novembre 2008 che ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per carenza sopravvenuta di interesse.

2. La Corte di appello ha respinto la domanda per mancata proposizione dell’istanza di prelievo richiesta dalla L. n. 133 del 2008, art. 54.

3. Ricorre per cassazione N.F. affidandosi a un unico motivo di ricorso con il quale deduce violazione del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito in L. 6 agosto 2008, n. 133, violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della C.E.D.U. e della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

5. Si difende con controricorso il Ministero.

6. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva.

7. La Corte ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

che:

8. il ricorso è fondato in quanto come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ. sezione 6^-1, ordinanza, n. 5317 del 4 marzo 2011) in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza "di prelievo" ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, lascia sussistere la irragionevole durata del processo presupposto, ove sussista la violazione delle norme della citata L. n. 89 del 2001, con riguardo al periodo anteriore. Quanto alla utilizzazione della circostanza della mancata presentazione dell’istanza di prelievo come indice negativo della esistenza di un danno morale conseguente alla durata irragionevole della procedura la Corte non condivide tale assunto poichè palesemente contrario alla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, la presunzione del danno non patrimoniale conseguente all’accertata violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, può essere superata qualora il giudice ravvisi nel caso concreto la ricorrenza di peculiari circostanze, attinenti al giudizio presupposto, idonee a escludere la configurabilità di qualsivoglia patimento o stress ricollegabile all’irragionevole protrarsi del giudizio e quindi non in base a un indice applicabile automaticamente in relazione alla sua elevazione a condizione di procedibilità della domanda da parte del legislatore del 2008. Cosicchè in assenza di ulteriori elementi specificamente attinenti al caso concreto la mancata proposizione dell’istanza di prelievo non è di per sè un indice che possa far validamente escludere la sussistenza di un danno morale ricollegabile alla durata eccessiva del processo mentre può essere ritenuto un elemento di valutazione utile al fine della liquidazione del danno (Cass. civ. sezione 1^ n. 3271 del 10 febbraio 2011).

9. La controversia è suscettibile di essere decisa nel merito con la semplice applicazione del criterio applicato da questa Corte, in armonia con la giurisprudenza della Corte europea, secondo cui, per i giudizi amministrativi ultradecennali, si ritiene corrispondente a giustizia una liquidazione ridotta dell’indennizzo (Cass. clv., sezione 1^, n. 14753 del 18 giugno 2010).

10. L’applicazione di tale parametro comporta la liquidazione, in via equitativa, in favore del ricorrente N.F., dell’indennità in complessivi Euro 6.250,00 per il periodo intercorso fra il 10 luglio 1997, data di proposizione del ricorso al T.A.R., e quella del 6 novembre 2008 di definizione del procedimento con interessi dalla domanda.

11. L’accoglimento del ricorso e la rideterminazione dell’indennità comporta la condanna del Ministero al pagamento delle spese del giudizio di merito e di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero controricorrente al pagamento, a titolo di equa riparazione, della somma di 6.250,00 Euro in favore del ricorrente con interessi dalla domanda. Condanna il Ministero al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito liquidate in Euro 1.140,00 di cui 50,00 Euro per spese, 600,00 Euro per diritti e 490,00 Euro per onorari e del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 965,00 di cui 100,00 Euro per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *