Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 10-09-2012, n. 15117

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Svolgimento del processo

che:

1. I ricorrenti, venditori ambulanti del mercato di Viareggio, con ricorso del 20 giugno 1999, adivano il T.A.R, Toscana chiedendo l’annullamento del provvedimento del Comune che stabiliva lo spostamento della data di riposo settimanale. Il procedimento è stato deciso con sentenza del 24 agosto 2010.

2. Con ricorso del 10 luglio 2009 hanno chiesto l’equa riparazione, ex L. n. 89 del 2001, del danno conseguente alla durata non ragionevole del procedimento.

3. La Corte di appello ha dichiarato improcedibile il ricorso rilevando che esso era stato proposto dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, art. 54 e ciononostante non era stato preceduto dalla presentazione nel giudizio amministrativo dell’istanza di prelievo prescritta dalla norma citata.

4. Ricorrono per cassazione M.T., A.V., D.F.D., P.R., P.F., S.G., G.P., G.A., M.M., I.A., D.B.U., B.R., G.P. affidandosi a un unico motivo di ricorso con il quale deducono violazione del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito in L. 6 agosto 2008, n. 133, violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della C.E.D.U. e della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

5. Si difende con controricorso il Ministero.

6 La Corte ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

che:

7. il ricorso è fondato in quanto come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ. sezione 6^-1, ordinanza, n. 5317 del 4 marzo 2011) in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza "di prelievo" ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, lascia sussistere la irragionevole durata del processo presupposto, ove sussista la violazione delle norme della citata L. n. 89 del 2001, con riguardo al periodo anteriore. Quanto alla utilizzazione della circostanza della mancata presentazione dell’istanza di prelievo come indice negativo della esistenza di un danno morale conseguente alla durata irragionevole della procedura la Corte non condivide tale assunto poichè palesemente contrario alla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, presunzione del danno non patrimoniale conseguente all’accertata violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, può essere superata qualora il giudice ravvisi nel caso concreto la ricorrenza di peculiari circostanze, attinenti al giudizio presupposto, idonee a escludere la configurabilità di qualsivoglia patimento o stress ricollegabile all’irragionevole protrarsi del giudizio e quindi non in base a un indice applicabile automaticamente in relazione alla sua elevazione a condizione di procedibilità della domanda da parte del legislatore del 2008. Cosicchè in assenza di ulteriori elementi specificamente attinenti al caso concreto la mancata proposizione dell’istanza di prelievo non è di per sè un indice che possa far validamente escludere la sussistenza di un danno morale ricollegabile alla durata eccessiva del processo mentre può essere ritenuto un elemento di valutazione utile al fine della liquidazione del danno (Cass. civ. sezione 1^ n. 3271 del 10 febbraio 2011).

8. La controversia è suscettibile di essere decisa nel merito con la semplice applicazione dei criteri normalmente seguiti da questa Corte secondo la cui giurisprudenza, laddove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a 750,00 Euro per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno. L’applicazione di tale parametro comporta la liquidazione, in via equitativa, dell’indennità in complessivi Euro 6.250,00 per i sette anni di durata eccessiva del processo.

9. L’accoglimento del ricorso e la rideterminazione dell’indennità comporta la condanna del Ministero al pagamento delle spese del giudizio di merito e di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero controricorrente al pagamento, a titolo di equa riparazione, della somma di 6.25000 Euro in favore di ciascun ricorrente con interessi dalla domanda. Condanna il Ministero al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito liquidate in Euro 2864,00 di cui 10000 Euro per spese, 1.76400 Euro per diritti e 1.00000 Euro per onorari e del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 1.900,00 di cui 10000 Euro per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2012

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