Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-10-2013) 10-12-2013, n. 49746

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Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Verona con sentenza del 4/5/2012, dichiarato H.S. colpevole d’illecito trasporto di sostanza stupefacente di tipo hashish al fine di spaccio, per un peso complessivo di gr. 9.808,20, avente principio attivo corrispondente a 1.069,44 dosi soglia, riconosciuta sussistere le attenuanti generiche, lo condannò alla pena stimata di giustizia.
1.1. La Corte d’appello di Venezia, investita dall’impugnazione dell’imputato, con sentenza dell’11/2/2013, confermò la sentenza di primo grado.
2. L’imputato, a corredo del ricorso, deduce unitaria, articolata censura, con la quale denunzia violazione di legge e vizio motivazionale sotto due profili.
In punto di rito il ricorrente contesta la decisione della Corte territoriale, la quale, invocando l’art. 175 c.p.p., aveva ritenuto che l’ordinanza con la quale era stata disattesa istanza di remissione in termini, avanzata dal medesimo, fosse soggetta solo a ricorso immediato per cassazione. Così non era in quanto, nel caso trovava applicazione l’art. 586 c.p.p., trattandosi di ordinanza emessa all’udienza preliminare e "prodromica all’apertura del dibattimento".
Nel merito l’istanza avrebbe meritato di essere accolta in quanto nelle more della notifica del decreto di giudizio immediato, nel mentre l’imputato trovavasi detenuto, il difensore di fiducia aveva rinunciato all’incarico e quello nominato d’ufficio, il quale non aveva avuto notifica del decreto di cui detto, s’era visto restringere i tempi per acquisire la procura al fine di chiedere uno dei riti alternativi in misura contrastante con le esigenze difensive. Inoltre il detenuto poteva solo rendere dichiarazioni, ai sensi dell’art. 123 c.p.p., presso la matricola dell’istituto penitenziario, ma non richiedere notificazione di atti (nella specie, per sollecitare il consenso del P.M.) In ordine al secondo profilo di censura il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
Deduce il ricorrente che la Corte veneziana aveva escluso la ricorrenza dell’attenuante in parola valorizzando il solo dato ponderale, senza tener conto della bassa concentrazione del principio attivo e dell’unicità del trasporto nella veste di "semplice corriere".
Motivi della decisione
4. La prima censura è infondata.
Anche ad accedere alla tesi prospettata in ricorso, secondo la quale, poichè l’ordinanza con la quale il giudice di primo grado aveva rigettato l’istanza di remissione in termini era stata emessa "nella fase prodromica al successivo dibattimento conclusosi con la sentenza impugnata" non poteva trovare applicazione l’art. 175 c.p.p., il quale impone lo specifico rimedio del ricorso immediato per cassazione, bensì la regola generale dettata dall’art. 586 c.p.p., a pretesa è, comunque, infondata, siccome puntualmente evidenziato con subordinata, ma ben articolata motivazione, dalla Corte d’appello.
Vanno evidenziati, in primo luogo, i seguenti rilevanti fatti processuali: il decreto di giudizio immediato venne notificato il 18/1/2012 a mani dell’imputato e il 16/1/2012 al difensore di fiducia, avv. xxx del Foro di Milano, prima che quest’ultimo rinunziasse al mandato (18/1/2012) e della revoca dell’imputato (20/1/2012), alla quale seguì la nomina del difensore d’ufficio, in data 23/1/2012, in persona dell’avv. xxx xxx xxx del Foro di Verona; la nomina di cui da ultimo venne comunicata all’avv. xxx nella stessa giornata del 23. Dall’esposto si ricava che il termine quindicinale stabilito dall’art. 458 c.p.p. per richiedere il rito abbreviato non restò affatto frustrato, stante che sia l’imputato, che il suo difensore (prima quello di fiducia e poi quello d’ufficio) risultano essere stati posti nella condizione di effettuare tempestivamente la ponderata scelta processuale del caso.
Ciò posto, correttamente la Corte di merito ha rilevato che, a mente dell’art. 123 c.p.p., comma 1, l’imputato detenuto gode della piena facoltà di presentare le proprie richieste (ivi inclusa quella del rito alternativo) direttamente al direttore dell’istituto penitenziario e che, per disposizione di legge, le stesse s’intendono ricevute in quel momento dall’autorità giudiziaria. Inoltre, secondo l’interpretazione costante di questa Corte suprema qualora l’imputato nei cui confronti il pubblico ministero abbia promosso giudizio immediato intenda chiedere il rito abbreviato, ai sensi dell’art. 458 c.p.p., e si trovi in stato di detenzione, può adempiere all’onere di notifica di tale richiesta all’ufficio del pubblico ministero, come previsto dalla suddetta disposizione normativa, mediante consegna di copia della richiesta medesima, alla direzione dell’istituto di detenzione, ai sensi dell’art. 123 c.p.p., comma 1, valendo siffatta consegna, per il combinato disposto di tale articolo e dell’art. 153 c.p.p., come notifica effettuata direttamente dalla parte (Sez. 1, n. 3051 del 17/5/1997; Sez. 3, n.4361 del 12/2/1998).
Correttamente è stato, inoltre, osservato che a seguito della riforma operata con la L. n. 479 del 1999 l’ammissione al giudizio abbreviato incondizionato costituisce un diritto dell’imputato e, pertanto, la decadenza dalla presentazione della relativa richiesta, allorchè all’imputato sia stato notificato il decreto di giudizio immediato, ricorre solo in caso di deposito intempestivo dell’istanza, dovendosi escludere che la decadenza consegua anche all’omessa notifica al P.M., non più chiamato ad esprimere il proprio consenso sulla richiesta e titolare di un limitato potere di interferenza solo nel caso di un’istanza subordinata ad un’integrazione probatoria (Cass., Sez. 6, n. 4985 dell’8/1/2009).
In definitiva, non può che condividersi il ragionamento della Corte di merito: all’imputato detenuto sono assicurate modalità semplici e celeri per manifestare la propria volontà in ordine alla scelta del rito abbreviato, tanto da escludersi con certezza che la sua posizione risulti svantaggiata rispetto all’imputato in stato di libertà e, per quel che qui rileva, che si sia consumata un’ipotesi che imponga la restituzione nel termine.
4.1. La seconda censura non supera il vaglio d’ammissibilità in quanto manifestamente infondata.
Il ricorrente, senza effettivamente misurarsi con l’ampia motivazione resa sul punto dalla Corte territoriale (pag. 5), invoca il riconoscimento dell’attenuante della lieve entità, che nella specie, siccome chiarisce la Corte d’appello, non ricorre tenuto conto del quantitativo dello stupefacente sequestrato, corrispondente a ben 1069 dosi soglia, e, quindi, in grado di soddisfare un’ampia platea di consumatori; nonchè della condotta tenuta (all’imputato, evidentemente ben inserito in contesti criminale adusi abitualmente al traffico di stupefacente all’ingrosso, venne assegnato il rilevante compito dell’importante trasporto dalla Lombardia al Veneto). Nessuna contraddizione, poi, s’intravede tra la benevola valorizzazione della formale incensuratezza al fine della concessione delle attenuanti generiche e la non ricorrenza dell’attenuante in esame, la cui sussistenza non può prescindere dalla constatata non lievità del fatto.
5. All’epilogo consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2013

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