T.A.R. Puglia Bari Sez. II, Sent., 31-01-2011, n. 205

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con atto notificato e depositato rispettivamente in data 18 sett. e 27 sett. del 2001 il ricorrente " proprietario di aree facenti parte dell’xxx (xxx) numero 7 e 3 del comparto edificatorio denominato "xxx" del Comune di xxx e che ebbe a stipulare insieme ad altri proprietari delle aree convenzioni col Comune con cui cedeva gratuitamente delle aree perché fossero destinate ad urbanizzazione generale e nel contempo altre aree onerosamente perché fossero destinate ad edilizia economica e popolare (in particolare, detratto il suolo di sedime e pertinenza dei fabbricati da realizzarsi, cedeva al Comune gratuitamente il 60% della sua proprietà ed a titolo oneroso il rimanente 40%)" ha provveduto ad impugnare la telelibera regionale in epigrafe meglio indicata di approvazione della variante al PRG nella parte in cui destina ad uffici giudiziari le aree cedute dal ricorrente per destinarle a standards; nel contempo svolge azione di condanna per risarcimento danni che assume derivantigli per violazione da parte comunale delle convenzioni sottoscritte.
A sostegno dell’azione impugnatoria deduce violazione della motivazione specifica in merito a motivi di interesse pubblico che deve assistere la possibilità di derogare ad un obbligo convenzionalmente assunto in precedenza dovendosi fornire spiegazione sul perché non sia stata individuata altra zona libera nell’ambito del territorio comunale.
In ordine al’azione risarcitoria, richiama giurisprudenza della Cassazione (cass. Sez. unite n. 1917 del 9.3.1990)che abilita il privato ad essa azione a seguito di inadempimento del Comune per obblighi nascenti da convenzioni urbanistiche previo annullamento dell’atto che generava tale lesione, significando che essa azione va ora proposta dinanzi al G.A. stante la modifiche legislative di cui all’art. 34 d.lgs. n. 80/98 recepite dalla legge 205/00.
Si è costituito in giudizio il Comune opponendosi al’avverso gravame di cui, in via preliminare, ha eccepito, oltre alla sua intempestività, difetto di giurisdizione in capo all’adito G.A. e ciò a favore di quella del G.O., evidenziando pure una carenza interesse del privato (che già come nella specie ha ricevuto il corrispettivo della c.e.) e comunque un suo difetto di legittimazione a dolersi del fatto che l’amministrazione abbia deciso una diversa utilizzazione dell’area già cedutale dal privato in virtù di apposite convenzioni. Nel merito la difesa comunale ha fatto presente che le scelte effettuate dall’amministrazione in sede di adozione di PRG o sua variante generale si appartengono a sue specifici apprezzamenti di merito che in quanto tali non necessitano di puntuale motivazione, come si assume ex adverso, oltre a quella che si evince dai criteri generali eseguiti nell’impostazione del piano.
Parte ricorrente con memoria ha provveduto a contestare le avverse eccezioni, ribadendo da un lato la giurisdizione del G.A. e rivendicando il proprio interesse essendosi il Comune sottratto agli obblighi di dotare il comparto di standards (verde pubblico, parcheggi, strade) e ribadendo che il Comune ancorchè nuovo proprietario delle aree, non può fare sulle stesse quello che vuole, ignorando una lottizzazione già operativa.
Motivi della decisione
Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di rito sollevate dal resistente Comune. Sulla giurisdizione osserva questo Collegio che essa si appartiene all’adito G.A. e non al G.O. Pacifica la doglianza che sorregge il ricorso, vale a dire un lamentato inadempimento comunale quanto all’impegno alla realizzazione nel comparto di interesse di standards urbanistici siccome pretermessa essa realizzazione dalla successiva previsione contenuta nella variante generale di PRG di ubicazione in loco del palazzo di giustizia, va puntualizzato che ad essi standards di lotto il Comune si era obbligato in apposita convezione col privato proprietario di aree che le aveva cedute gratuitamente all’Ente locale perché vi fossero realizzati gli standards urbanistici (strade, parcheggi, verde, ecc). A fronte di ciò non pare revocabile in dubbio che si si il controverti sul comportamento dell’amministrazione e/o comunque suoi atti (variante generale al PRG) in tema di uso del territorio. Tale essendo l’oggetto del contendere, in tema di giurisdizione sovviene l’art. 34 del d.lgs. 31 marzo del 1998 che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i comportamenti ed i provvedimenti delle amministrazione pubblica in materia di urbanistica ed edilizia e che viene a riguardare la totalità degli aspetti dell’uso del territorio, nessuno escluso. (Cass. Civile Sez. Unite n. 494 del 4.7.2000).
Sotto altro profilo e sempre al fine di individuare il giudice fornito di giurisdizione, aggiunge il Collegio che le convenzioni urbanistiche ben rientrano nel modello procedimentale di cui all’art. 11 della legge n. 241/90 (accordi sostitutivi del provvedimento) con lo scopo di definire il contenuto sostanziale di un accordo pianificatorio territoriale tra l’autorità pubblica ed il privato contraente -cfr. a riguardo Cass. Sez. unite 1.7.2009 n. 15388; si discuteva in quel caso di una convenzione di lottizzazione diretta a disciplinare il successivo rilascio di concessioni edilizie in esecuzione concordata tra le parti di opere di urbanizzazione; la fattispecie esaminata dalla Cass. in essa decisione, è ben sovrapponibile al caso in esame atteso che più volte lo stesso ricorrente nei suoi scritti difensivi viene a parlare di "convenzioni di lottizzazione" in riferimento alle due convenzioni stipulate col Comune con atti notarili del 10 febbraio 1988 rep. N. 1347 e N.1350, del cui inadempimento si discute. Orbene è noto che le controversie in tema di formazione, conclusione ed esecuzione di essi accordi sono riservate (vedi 5^ comma di esso art. 11 legge 241) alla giurisdizione esclusiva del G.A. La conclusione è che deve parlarsi solo ed esclusivamente di giurisdizione del G.A. e non del G.O., sia che si faccia applicazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 80/1998 come modificato dalla legge 205/2000, sia che si faccia riferimento all’art. 11 (comma 5^) legge 241; tra le due citate norme entrambe conferenti col problema che ne occupa, v’è questa differenziazione, che appare da subito ad una loro semplice lettura: nella prima la giurisdizione viene individuata per materia con riferimento agli atti della p.a.; nella seconda viene stabilita non per materia ma in virtù della tipologia dell’atto che è fonte del rapporto,vale a dire l’accordo.
Passando ora ad esaminare l’eccezione di carenza di interesse e della stessa legittimazione- in capo al ricorrente al presente gravame (eccezione che muove dal presupposto che il privato ha avuto a contropartita della cessione della sua area la concessione edilizia e quindi non avrebbe più altro da pretendere), ne rileva il il Collegio la infondatezza. infatti esso interesse (che si ritiene dal deducente completamente assente) non può invece del tutto escludersi in quanto nei confronti del lottizzante compartista si era quantomeno creato un affidamento all’esecuzione di opere di urbanizzazione su dette aree, giusta -lo si ripete- apposita convenzione, anche trascritta, il che determina una posizione qualificata e differenziata di esso ex proprietario rispetto agli altri cittadini, e quindi una sua legittimazione ad impugnare gli atti del Comune che esso impegno vengono a disattendere.
Va pure reietta l’eccezione di tardività del gravame, sollevata da parte resistente in base alla considerazione che il Comune già in precedenza (vedi delibera n. 482/88) aveva adottato una variante al PRG, rimasta al tempo e nel tempo inoppugnata. Orbene essa precedente variante non può costituire un valido precedente con le conseguenze che il deducente ne fa discendere in tema di tempestività dell’odierna impugnativa, poiché aveva ricevuto il parere negativo del C.U.R.(parere n. 63/97 relativo all’adunanza del 27.11.97) e quindi non aveva ricevuto alcuna approvazione regionale (sul punto non è seguito atto di smentita del Comune).
Sgombrato il campo dalle varie eccezioni di rito, nel merito il gravame all’esame non si presenta fondato.
Il punto di causa è se il Comune nuovo proprietario delle aree possa o meno fare sulle stesse quello che vuole ignorando gli accordi e cioè le convenzioni stipulate al tempo col privato ora ex proprietario in cui, come più volte detto, aveva assunto l’obbligo di realizzarvi gli standards di comparto (il ricorrente nel suo atto introduttivo si esprime a riguardo in termini di "urbanizzazione generale"); di poi l’Ente locale con la variante generale al PRG ha deciso di realizzarvi un edificio destinato a palazzo di giustizia.
La tesi del ricorrente, da cui poi muove tutto il gravame, è che al quesito dianzi espresso non si possa che dare una risposta negativa; essa tesi non viene però condivisa dal Collegio. Se è vero che le convenzioni urbanistiche hanno natura contrattuale, e di conseguenza deve opinarsi non consentita la modifica autoritativa degli obblighi determinati anche col consenso del privato, deve però ritenersi – come affermato dalla giurisprudenza amministrativa che si è interessata del problema (CdS Sez. V, 4 gennaio 1993)- che essa convenzione sia un contratto di natura peculiare talchè sarebbero comunque possibili variazioni introdotte in virtù della iniziativa di parte pubblica e questo in sede di emanazione di un nuovo strumento urbanistico generale, implicando quest’ultimo la revisione generale dell’intero assetto urbanistico del territorio comunale. Si è pure detto che il contrattualismo nella lettura della Cassazione non giunge sino al punto di riconoscere che la convenzione vincoli la p.a. a conservare l’assetto urbanistico previsto dalla convenzione stessa; v’è cioè la possibilità di un riedizione del potere pianificatorio da paarte dell’Ente pubblico da esercitarsi, perché non debordi nell’arbitrio, in sede di esame e definizione di problematiche di ordine generale quale può essere, ad esempio, la revisione dell’assetto del territorio: in tali e limitati casi di riesercizio del potere, la posizione soggettiva del cittadino è di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
Nel caso all’esame si contesta dal ricorrente che nella nuova pianificazione urbanistica generale (variante al PRG) che ha portato ad allocare in zona il palazzo di giustizia, sia carente una motivazione specifica che sopporti la scelta pianificatoria assunta in deroga all’obbligo convenzionale.
Anche la particolare censura non regge. Osservato che la essa opera, ripetesi: palazzo degli uffici giudiziari, non è poi completamente avulsa da una sua invece possibile ricomprensibilità nell’ambito delle urbanizzazioni secondarie (al pari per esempio di un edificio destinato ad istruzione secondaria), giova richiamare principi giurisprudenziali in materia di motivazione delle scelte pianificatorie e loro sindacabilità giurisdizionale, alla stregua dei quali le determinazione assunte all’atto dell’adozione di PRG ovvero di Variante al piano medesimo, costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità salvo che non siano inficiate da errori di fatto ob abnormi illogicità, e non necessitano di apposita motivazione oltre a quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico discrezionali seguiti nell’impostazione del piano e/o della variante generale.
Va comunque osservato ed a favore della legittimità della individuata allocazione che il Comune viene a prevedere la ubicazione del palazzo di giustizia in area ormai di sua proprietà, il che ben può sorreggere la scelta pianificatoria effettuata perché in tal modo non si viene a gravare sulle casse comunali per l’esproprio di un suolo di proprietà di altri ove andare ad ubicare l’opera di interesse collettivo a farsi.
In conclusione l’azione impugnatoria va respinta, il che porta anche alla reiezione della pure svolta azione risarcitoria, in quanto allo stato è carente la dimostrazione della illegittimità del provvedimento che costituisce necessario presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 2043 del cod. civ. L’intero ricorso va quindi rigettato. Spese come da dispositivo e secondo la regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di giudizio all’intimato e costituito Comune di xxx, spese che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere, Estensore
Giacinta Serlenga, Referendario

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