Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-09-2012, n. 15098

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Svolgimento del processo
Con ricorso del 24 giugno 2002 al Tribunale di Latina S. S., già dipendente dell’Inps iscritto al Fondo di previdenza integrativo e sostitutivo dell’Assicurazione generale obbligatoria, chiedeva, per quanto qui ancora interessa, che fosse accertato l’ammontare della retribuzione annua utile al fine del calcolo del trattamento di previdenza e di quiescenza, includendovi tutte le voci fisse e continuative e in particolare il cosiddetto salario di professionalità.
Costituitosi l’Inps, il Tribunale con sentenza del 23 giugno 2004 accoglieva la domanda e perciò ordinava al convenuto di rideterminare la retribuzione annua utile al fine del calcolo del trattamento di previdenza e di quiescenza tutte le voci retributive di cui all’art. 5 del regolamento del Fondo integrativo, il salario di produttività ed ogni altra indennità avente carattere fisso e continuativo.
Questa decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Roma, che con sentenza del 21 gennaio 2010 rigettava la domanda.
La Corte riteneva che, ferma la computabilità degli stipendi e assegni personali, per le altre competenze fisse e continuative fosse necessaria una previsione normativa espressa, non essendo invocabile un concetto "onnivalente" di retribuzione. Il particolare, non erano computabili le competenze legate al raggiungimento di certi obiettivi, per loro natura spettanti solo per periodi più o meno limitati.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione lo S. mentre l’Inps resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112, 334, 346, 434, 342 cod. proc. civ., sostenendo che l’atto d’appello dell’Inps si riferiva soltanto al calcolo dell’indennità di buonuscita e non anche al trattamento di previdenza e di quiescenza.
Su questo punto la sentenza favorevole di primo grado sarebbe perciò passata in giudicato.
Il motivo non è ammissibile.
La Corte d’appello ha ravvisato nell’atto d’appello la doglianza relativa al trattamento previdenziale, nè il ricorrente specifica ora, come dovrebbe ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4, le ragioni che rivelerebbero l’erroneità di detta interpretazione.
Col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 5 e 34 reg. per il trattamento di previdenza e di quiescenza del personale Inps 18 marzo 1971, L. n. 144 del 1999, art. 64, art. 2120 cod. civ., art. 28 c.c.n.l. per il personale degli enti pubblici non economici 1998/2001, 19 c.c.n.l. Inps 1998/2001.
Il ricorrente sostiene la necessità di comprendere nella base di calcolo del trattamento di previdenza e di quiescenza ogni voce retributiva fissa e continuativa, e di escludere soltanto le voci occasionali o saltuarie.
Questo motivo è fondato.
Con sentenza 25 marzo 2010 n. 7154 le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato, quanto alla base di calcolo della pensione integrativa dei dipendenti Inps, ai sensi dell’art. 5 reg. cit., la sufficienza del carattere fisso e continuativo delle voci retributive, e la non necessità di apposita norma che espressamente ne stabilisca l’inclusione. Nè osta all’inclusione della base di calcolo che il trattamento venga corrisposto per lo svolgimento di determinate mansioni, anche se esso possa col tempo venire meno, mentre non può ritenersi fisso e continuativo un compenso la cui erogazione sia legata a fatti specifici di durata predeterminata oppure sia legata al raggiungimento di determinati risultati, e quindi sia incerto.
Da queste affermazioni non è ragione ora di discostarsi, mentre il controricorrente richiama ora la stessa sentenza, ma con riferimento alla diversa questione del calcolo dell’indennità di buonuscita, per la quale non vale il metodo di calcolo chiesto dall’interessato.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata sul punto. Non occorrendo nuovi accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito confermando il dispositivo della sentenza di primo grado, quanto al trattamento previdenziale.
Il terzo motivo è inammissibile poichè concerne la questione del "contributo di solidarietà del due per cento", gravante sulla pensione.
Questione non trattata nella sentenza impugnata.
Le spese dei gradi di merito possono essere compensate a causa del contrasto interpretativo a cui ha dato luogo la questione poi definita dalle Sezioni unite della Corte.
Per le spese di questo giudizio di legittimità vale il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri; cassa in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara che nella base di calcolo del trattamento di previdenza spettante al ricorrente vanno comprese tutte le voci retributive di cui all’art. 5 reg. del Fondo integrativo Inps ed ogni indennità fissa e continuativa; compensa le spese dei gradi di merito e condanna il controricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità in Euro cinquanta/00 oltre ad Euro tremila/00 per onorario, più accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2012

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