T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 31-01-2011, n. 193

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Il 7 febbraio 1981 i danti causa dei ricorrenti hanno stipulato con il Comune di xxx la convenzione urbanistica del piano di lottizzazione "xxx", avente ad oggetto la realizzazione della zona industrialeartigianale "S. Benedetto" su una superficie pari a 105.360 mq. Per l’attuazione del piano era fissato il termine di 10 anni dalla stipula. L’accordo prevedeva tra l’altro la cessione gratuita al Comune delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e di parte delle aree destinate alle opere di urbanizzazione secondaria e agli allacciamenti ai servizi pubblici.
2. Con una successiva convenzione urbanistica del 23 novembre 1987 le obbligazioni dei privati sono state riformulate e ampliate. In particolare è stata prevista la cessione gratuita di ulteriori aree, tra cui il mappale n. 153 avente superficie pari a 4.030 mq. Il suddetto mappale era destinato a integrare lo standard di verde pubblico all’interno della zona produttiva. Complessivamente le aree che i lottizzanti si sono impegnati a cedere sono state quantificate in 9.580 mq per le opere di urbanizzazione primaria e in 11.370 mq (compreso il mappale n. 153) per le opere di urbanizzazione secondaria e per gli allacciamenti ai servizi pubblici. A queste si aggiunge una superficie pari a 9.932 mq corrispondente a aree cedute o monetizzate in precedenza in vista della rettifica della strada provinciale.
3. La cessione gratuita delle aree (compreso il mappale n. 153) è avvenuta soltanto il 1 agosto 2002, molto tempo dopo l’ultimazione delle opere di urbanizzazione e l’effettuazione del relativo collaudo (di quest’ultimo riferisce la deliberazione giuntale n. 14 del 10 gennaio 1992, richiamata nelle premesse dell’atto di cessione).
4. In seguito il Comune con deliberazione consiliare n. 7 del 10 marzo 2005 ha adottato una variante al PRG, con la quale tra l’altro è stata prevista la trasformazione di una parte del mappale n. 153 (circa 2.700 mq) da zona F3 (attrezzature al servizio della zona produttiva) a zona D1 (industriale di completamento). Nel corso della discussione il sindaco ha precisato che (i) nonostante la trasformazione di parte del mappale n. 153 gli standard urbanistici della zona produttiva sono ampiamente al di sopra dei minimi di legge; (ii) tale trasformazione risponde a "un’esigenza di carattere strettamente politico e già preannunciata nel programma elettorale", ossia alienare parte del mappale per acquistare con il ricavato l’edificio adiacente al municipio e crearvi delle sale polivalenti.
5. Nella relazione tecnica allegata alla variante si precisa che (i) l’area produttiva (sommando le zone D1 e D2, ovvero industriale di completamento e industriale di espansione) ha una superficie fondiaria di 179.325 mq, corrispondenti a una SLP pari a 104.961 mq; (ii) le aree a standard urbanistico all’interno della zona produttiva sono pari a 40.845 mq, di cui 11.957 mq per parcheggi; (iii) le suddette aree superano quindi ampiamente la soglia minima del 10% della SLP prevista dall’art. 22 comma 6 lett. a) della LR 15 aprile 1975 n. 51, come sostituito dall’art. 7 della LR 15 gennaio 2001 n. 1; (iv) la sottrazione di 2.700 mq agli standard urbanistici non solo non incide sul rispetto della soglia minima ma nel contesto non appare neppure particolarmente significativa.
6. La variante è stata definitivamente approvata dalla deliberazione consiliare n. 18 del 1 settembre 2005. Con la classificazione in zona D1 (industriale di completamento) la porzione di 2.700 mq, scorporata dal mappale n. 153 sulla base di apposito frazionamento e accatastata come nuovo mappale n. 471, ha acquistato consistenti facoltà edificatorie (oltretutto senza necessità di piano attuativo) che ne hanno incrementato il valore di mercato. Nella stima dell’architetto P.M. del 16 settembre 2005 il suddetto valore è stato stabilito in Euro 270.000 (ossia 100 Euro/mq).
7. Su questi presupposti il Comune con deliberazione consiliare n. 24 del 22 settembre 2005 ha autorizzato l’alienazione del mappale n. 471. Il responsabile dell’Area Tecnica con determinazione n. 128 del 12 ottobre 2005 ha indetto la relativa gara, che è stata vinta dalla signora L.Z. (unica offerente) con un importo pari a Euro 270.005. Il verbale di gara è stato approvato con deliberazione giuntale n. 101 del 16 novembre 2005.
8. Rilevando nella vicenda così descritta un intento speculativo del Comune i ricorrenti, con atto notificato il 3 marzo 2008 e depositato il 12 marzo 2008, hanno chiesto il risarcimento dei danni. Le ragioni, tra loro alternative, allegate quale fondamento della richiesta possono essere sintetizzate come segue: (i) la cessione gratuita delle aree in data 1 agosto 2002 sarebbe viziata da dolo incidente ex art. 1440 del codice civile, in quanto l’amministrazione avrebbe preteso una superficie superiore a quella necessaria con l’intenzione di alienarla sottraendo in questo modo ai ricorrenti parte del valore della lottizzazione; (ii) qualora si ammettesse la buona fede dell’amministrazione vi sarebbe comunque errore di calcolo ex art. 1430 del codice civile; (iii) in estremo subordine vi sarebbe quantomeno la violazione dell’obbligo contrattualmente assunto di destinare l’intero mappale n. 153 a standard urbanistico sotto forma di verde pubblico. Il danno lamentato è pari a Euro 270.005 per le prime due ipotesi, mentre per la terza si rinvia alla misura accertata in corso di causa o stabilita in via equitativa. In ogni caso sono richiesti interessi e rivalutazione.
9. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso. In una memoria depositata il 10 novembre 2010 i ricorrenti hanno precisato le rispettive quote di credito per l’eventualità di un esito favorevole del giudizio.
10. La tesi esposta nel primo motivo di ricorso, dove si sostiene che la cessione gratuita delle aree sarebbe viziata da dolo incidente ex art. 1440 del codice civile, non appare condivisibile perché non è congruente con la tempistica dei rapporti tra il Comune e i ricorrenti. È vero che alla data di stipulazione del contratto di cessione (1 agosto 2002) era in carica (dal 14 maggio 2001) la stessa amministrazione che ha poi predisposto e votato l’adozione e l’approvazione della variante al PRG e l’alienazione di parte del mappale n. 153, ed è vero inoltre, come emerge dagli atti (v. sopra al punto 4), che la suddetta alienazione era addirittura presente nel programma elettorale. Occorre però considerare che l’inclusione del mappale n. 153 (nella sua interezza) tra le aree oggetto di cessione gratuita risale alla convenzione urbanistica del 23 novembre 1987 (v. sopra al punto 2). Quando, con notevole ritardo, è sopraggiunto l’atto di cessione la definizione degli interessi delle parti era ormai cristallizzata. Il Comune non aveva quindi alcuna necessità nel 2002 di prospettare falsamente un fabbisogno sproporzionato di standard urbanistici, in quanto la misura delle acquisizioni gratuite era stabilita da tempo. Sarebbe stato invece necessario motivare circa la rinuncia a incamerare una parte delle aree che i privati si erano impegnati a cedere, a maggior ragione se si fosse trattato di una rinuncia senza corrispettivo.
11. Nel secondo motivo di ricorso si sostiene che, anche escludendo la malafede del Comune, l’atto di cessione del 1 agosto 2002 sarebbe comunque viziato da un errore di calcolo (ex art. 1430 del codice civile), in quanto era evidente al momento della sottoscrizione che le aree cedute dai lottizzanti erano eccessive rispetto alle esigenze di standard urbanistici della zona produttiva. Non potendovi essere la rettifica del contratto con restituzione dell’area corrispondente al mappale n. 471, perché acquistata da un terzo in buona fede, la pretesa dei ricorrenti si tramuta nella domanda di risarcimento per equivalente (pari al prezzo di vendita). La tesi non appare tuttavia condivisibile, e dunque la richiesta non può essere accolta, per le seguenti ragioni:
(a) la misura delle aree da cedere gratuitamente era definita già nella convenzione urbanistica del 23 novembre 1987 e pertanto risulta estranea agli sviluppi successivi della vicenda;
(b) nelle convenzioni urbanistiche non opera uno stretto sinallagma tra le prestazioni delle parti, nel senso che non vi è una misura stabilita per legge delle prestazioni che i privati devono assumere in cambio dello sfruttamento delle facoltà edificatorie (v. CS Sez. IV 28 luglio 2005 n. 4015; TAR Brescia Sez. I 21 aprile 2010 n. 1580). I privati possono quindi negoziare liberamente obbligandosi a cedere aree anche in quantità notevolmente superiore al livello minimo degli standard urbanistici. In questa materia i parametri sono infatti qualitativi (adeguata dotazione di strutture al servizio dei nuovi edifici) e non quantitativi (la legge prevede soltanto la soglia minima delle aree a standard);
(c) pertanto è difficile ipotizzare un errore dei privati nella quantificazione delle aree da cedere;
(d) un errore di calcolo potrebbe essere individuato solo se il contratto contenesse un’esatta parametrazione delle aree e delle correlate esigenze di standard urbanistici, ma un simile grado di precisione non è riscontrabile nella convenzione urbanistica del 23 novembre 1987, che si limita a definire l’elenco dei mappali coinvolti nella cessione gratuita;
(e) al di fuori di questo caso vale il limite generale dell’evidente sproporzione o irragionevolezza delle pattuizioni (ossia una fattispecie assimilabile all’errore riconoscibile ex art. 1431 del codice civile). In proposito si osserva tuttavia che un’eventuale lamentela in questo senso avrebbe dovuto essere formulata direttamente contro la quantificazione delle aree stabilita dalla convenzione urbanistica del 23 novembre 1987.
12. Nel terzo motivo di ricorso la richiesta di risarcimento viene collegata a una violazione contrattuale, consistente nel fatto che il Comune alienando una parte del mappale n. 153 sarebbe venuto meno all’obbligo di destinare per intero questa superficie a verde pubblico. L’argomento, nel complesso, non può essere condiviso. In proposito si osserva quanto segue:
(a) le convenzioni che regolano i piani di lottizzazione e attuativi costituiscono un limite solo temporaneo al potere di pianificazione urbanistica. Nel lungo periodo, dopo la scadenza del termine decennale di validità dei piani, i comuni riacquistano pienamente il comando della zonizzazione del territorio;
(b) vi sono peraltro degli effetti conformativi permanenti che si collegano all’effettiva trasformazione del suolo e devono essere rispettati anche dalla pianificazione successiva (v. TAR Brescia Sez. I 23 marzo 2010 n. 1360);
(c) tra gli effetti conformativi permanenti non rientra tuttavia il vincolo a standard urbanistico posto su determinate aree. Al contrario, poiché la qualificazione come standard urbanistico è sempre collegata alla presenza di un interesse pubblico attuale, l’amministrazione può variare nel tempo le proprie valutazioni modificando la natura e la misura degli standard urbanistici esistenti sul territorio;
(d) gli accordi presi originariamente con i privati in sede di lottizzazione non impediscono quindi nuove scelte sugli standard urbanistici, ma, secondo i principi generali, occorre valutare se i cambiamenti incidano in modo tollerabile sulle situazioni consolidate e se il nuovo interesse pubblico sia stato correttamente individuato;
(e) nel caso in esame nessuna conseguenza negativa può derivare alla zona produttiva dalla perdita di 2.700 mq di verde pubblico, considerata l’abbondanza di aree a standard presenti. A sua volta la monetizzazione di tale superficie per l’acquisto di una struttura destinata a ospitare sale polivalenti (v. sopra al punto 4) corrisponde a valutazioni amministrative non solo ampiamente discrezionali ma, almeno in relazione ai dati disponibili, non manifestamente irragionevoli;
(f) il fatto che i lottizzanti non beneficino della monetizzazione non presenta alcun rilievo particolare, in quanto con la cessione i proprietari perdono ogni contatto con il bene (e con il valore che lo stesso acquista nel tempo) e mantengono soltanto un interesse qualificato a controllare che l’amministrazione ne faccia un uso non contrastante con la lottizzazione. Nello specifico peraltro, come si è visto ai punti precedenti, la sottrazione di una piccola porzione delle aree a standard non compromette la funzionalità e l’utilizzabilità degli edifici situati nella zona produttiva.
13. In conclusione non sussistono i presupposti per riconoscere il diritto al risarcimento, e pertanto il ricorso deve essere respinto. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.
Le spese sono integralmente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore

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