Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-10-2013) 21-11-2013, n. 46434

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 18 luglio 2012 la Corte d’appello di Palermo confermava la condanna alla pena di giustizia di G.F. per il reato di furto di energia elettrica, consumato mediante l’abusivo allacciamento di una linea al contatore dedicato alla fornitura destinata a S.G..

2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del proprio difensore il G. articolando tre motivi.

2.1 Con il primo deduce l’errata applicazione della legge penale sostanziale e correlati vizi motivazionali del provvedimento impugnato in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico tipico del delitto contestato.

In particolare il ricorrente evidenzia che dalle risultanze processuali emergerebbe come l’abusivo allaccio alla linea del S. fu il frutto di un mero errore in cui era incorso l’elettricista incaricato dall’imputato di predisporre un impianto destinato ad alimentare un cantiere provvisorio sulla sua proprietà, ricorrendo pertanto la fattispecie di cui all’art. 47 c.p., con conseguente esclusione del dolo del reato per cui è invece intervenuta condanna.

E la Corte territoriale avrebbe non solo erroneamente affermato la sussistenza del menzionato dolo, ma altresì avrebbe omesso di motivare sulla buona fede dell’imputato, pur esaurientemente prospettata nei motivi d’appello, o comunque avrebbe illogicamente confutato le doglianze difensive, trascurando di valutare che, contrariamente a quanto affermato nella sua deposizione dal menzionato elettricista, in loco esisteva effettivamente anche un altro contatore, adibito alla linea del dirimpettaio del G., e che quest’ultimo, non appena accortosi dell’errore, aveva provveduto al distacco dell’allacciamento.

2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che i giudici d’appello avrebbero erroneamente e contraddittoriamente qualificato il fatto come furto consumato anzichè tentato, mentre con il terzo censura l’ulteriore qualificazione del fatto come furto continuato, pur in presenza di un prelievo di energia consumato senza soluzione di continuità in un contesto spazio-temporale unitario.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto nei limiti di seguito esposti. Infondato al limite dell’inammissibilità è peraltro il primo motivo. La Corte ha infatti escluso l’allacciamento sia stato frutto di un mero errore in maniera coerente al contenuto della deposizione del G., nonchè alla riscontrata entità dei lavori commissionati a quest’ultimo, dalla quale logicamente ha dedotto che l’imputato, nel caso effettivamente l’elettricista si fosse allacciato al contatore sbagliato, non avrebbe potuto non accorgersene immediatamente. Motivazione alla quale il ricorrente continua ad opporre che il contatore cui era destinato il collegamento era quello del dirimpettaio e che dunque vi sarebbe stato un malinteso, sintomatico della buona fede del G.. Ma si tratta di obiezione meramente assertiva e che soprattutto non tiene effettivamente conto della linea argomentativa sviluppata dai giudici di merito, nè delle risposte fornite dai medesimi sugli elementi che invece, secondo l’impostazione difensiva, avrebbero trascurato. Infatti, non corrisponde al vero che la sentenza abbia omesso di valutare il comportamento post delictum del G.; è invece vero che ne abbia fornito una lettura diametralmente opposta da quella evocata dal ricorrente, le cui doglianze, nell’incapacità di evidenziare effettive carenze nella tenuta logica del percorso motivazionale, finiscono dunque per dissolversi nel tentativo di sollecitare a questa Corte un riesame del merito – non consentita in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso. Il fatto per come contestato e accertato non è infatti iscrivibile nello schema del furto meramente tentato, in quanto dal testo della sentenza – non contestata sul punto dal ricorrente – emerge come effettivamente l’energia elettrica sia stata sottratta e come, dunque, il reato sia stato effettivamente consumato, rimanendo del tutto irrilevante in tal senso che i prelievi abusivi siano stati eventualmente modesti o si siano protratti per un contenuto periodo di tempo. Nè il fatto che la Corte territoriale, nel rigettare la tesi difensiva per cui la condotta dell’imputato avrebbe dovuto essere inquadrata alternativamente nello schema della desistenza volontaria o del recesso attivo, abbia evocato le ragioni per cui in ogni caso tali istituti non potrebbero trovare applicazione, rende contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata. Certo i giudici d’appello avrebbero potuto respingere l’obiezione difensiva anche solo facendo riferimento all’acquisizione della prova dell’illecito prelievo, ma la circostanza è comunque irrilevante, attesa la correttezza della qualificazione giuridica attribuita al fatto accertato.

3. Coglie invece nel segno il terzo motivo. Questa Corte ha già chiarito – adottando un orientamento interpretativo che il Collegio ritiene di condividere – come il furto di energie sia fattispecie a condotta frazionata, o a consumazione prolungata che dir si voglia, sicchè le captazioni successive alla prima non costituiscono nè un post factum penalmente irrilevante, nè singole ed autonome azioni costituenti altrettanti furti, ma atti di un’unica azione furtiva (Sez. 4^, n. 18485 del 23 gennaio 2009, P.M. in proc. Falcone, Rv.

243978; Sez. 4^, n. 17036 del 15 gennaio 2009, Palermo, Rv. 243959).

Principio questo che è stato affermato soprattutto ai fini della delimitazione dello stato di flagranza e della determinazione del momento di decorrenza del termine di prescrizione del reato, ma che ovviamente rimane valido anche ai fini dell’operatività dell’istituto della continuazione, nel senso che in caso di plurimi prelievi illeciti di energia effettuati in un contesto temporale definito deve escludersi la configurabilità di una pluralità di furti riuniti sotto il vincolo della continuazione, bensì un unico reato di furto.

In tal senso deve dunque convenirsi con il ricorrente – che aveva invano sollevato la questione con i motivi d’appello – che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto la sussistenza di plurimi ed autonomi furti di energia, confermando l’aumento di pena applicato dal giudice di prime cure ai sensi dell’art. 81 cpv. c.p. e imputato ad una invece inesistente continuazione. La sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio sul punto e la porzione di pena illegittimamente irrogata – e pari a giorni 15 di reclusione ed Euro 50 di multa – conseguentemente eliminata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’aumento della pena per art. 81 cpv. c.p., ed elimina la relativa pena di giorni 15 di reclusione ed Euro 50 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2013

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