T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 31-01-2011, n. 275

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con il ricorso in esame viene impugnato il provvedimento in epigrafe indicato con il quale il Questore della Provincia di Milano ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato formulata dal ricorrente.
Il diniego è stato opposto in quanto, a dire dell’Autorità amministrativa, l’interessato, contrariamente a quanto dallo stesso dichiarato ai fini del conseguimento del rinnovo del titolo, in realtà non avrebbe mai lavorato alle dipendenze dell’impresa xxx s.r.l.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno per opporsi all’accoglimento del gravame.
La Sezione, con ordinanza n. 1537 del 6 settembre 2007, ha respinto l’istanza cautelare formulata dal ricorrente.
Tenutasi la pubblica udienza in data 15 dicembre 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.
Con il primo motivo il ricorrente contesta le affermazioni contenute nel provvedimento impugnato, deducendo di aver effettivamente prestato attività di lavoro subordinato in favore dell’impresa xxx s.r.l. seppur per un limitato periodo di tempo; aggiungendo che l’interruzione del rapporto con detta impresa sarebbe proprio dipesa dalle lungaggini del procedimento instaurato per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.
Con il secondo mezzo di gravame, si evidenzia come l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente tenuto conto del fatto che il ricorrente vive in Italia da lungo tempo con la propria famiglia e che il diniego di rinnovo del titolo lo obbligherebbe a lasciare il Paese ed a separarsi quindi dai propri congiunti.
Per ciò che concerne il primo motivo deve osservarsi quanto segue.
Stabilisce l’art. 5, comma 5, del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) che il permesso di soggiorno non può essere rilasciato o rinnovato "…quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato (…) sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio..".
Pertanto, se si accerta che lo straniero – al fine di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, ovvero per ottenerne il rinnovo – ha prodotto, in sede procedimentale, documentazione falsa, attestante un rapporto di lavoro in realtà insussistente, o comunque ha falsamente attestato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, il rinnovo del titolo non può essere accordato..
Secondo una condivisibile opinione giurisprudenziale, affinché possa essere opposto il diniego non è necessario che la falsità degli atti o delle attestazioni sia dichiarata da una sentenza penale definitiva di condanna, potendo l’autorità amministrativa procedere ad una autonoma valutazione che, se condotta alla stregua di criteri di ragionevolezza e confortata da idonei elementi di riscontro, non è soggetta al sindacato di questo giudice (cfr TAR Lombardia Milano, sez. IV, 20/07/2009 n. 4386; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 11/03/2009, n. 1400).
Ciò premesso, deve rilevarsi come nel caso concreto l’Amministrazione abbia effettuato una valutazione del tutto condivisibile.
Invero, dalla relazione della Questura della Provincia di Milano depositata in atti emerge che l’interessato è in Italia perlomeno dall’anno 1998 e che in tutto questo pluriennale periodo risulta aver svolto regolare attività lavorativa solamente per otto mesi collocati fra l’anno 1990 e l’anno 1992. Successivamente non risulta aver svolto alcuna attività che gli consentisse di conseguire in maniera lecita i mezzi per il proprio sostentamento: emerge anzi che il ricorrente è stato più volte segnalato, arrestato e condannato per reati contro il patrimonio; sicché sembra logico ritenere che questi traesse la propria fonte di sostentamento da tali attività illecite.
Queste conclusioni sono state adeguatamente confortate dalle risultanze delle visure afferenti alla situazione contributiva del ricorrente effettuate presso l’INPS, le quali confermano quanto affermato dall’Autorità amministrativa.
A fronte di ciò il ricorrente si limita a dichiarare di aver effettivamente lavorato presso l’impresa xxx s.r.l., senza tuttavia suffragare tale affermazione attraverso un adeguato supporto probatorio: tale infatti non può essere considerata la copia dell’unica busta paga depistata in giudizio, giacché in quanto elemento di prova isolato non accompagnato da altre risultanze, ed anzi smentito dalle risultanze dell’istruttoria condotta dalla Pubblica Amministrazione, appare di dubbia genuinità.
Per queste ragioni risulta tutt’altro che illogica la conclusione cui è pervenuta l’Autorità procedente, secondo la quale il rapporto di lavoro di cui si discute in realtà non è mai stato instaurato.
Il motivo esaminato non merita pertanto accoglimento.
Anche il secondo mezzo di gravame non può essere accolto.
Invero, la situazione familiare dell’interessato non può incidere sulla legittimità di un diniego opposto al rinnovo di un permesso di soggiorno ottenuto per motivi di lavoro subordinato, giacché l’accoglimento della domanda non può che dipendere dalla sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per il conseguimento del titolo, primo fra tutti, ovviamente, l’effettiva sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato (ferma restando la possibilità di richiedere il permesso di soggiorno ad altro titolo ove ne ricorrano i presupposti).
Nel caso concreto si è visto come l’Autorità amministrativa abbia dimostrato che il ricorrente non avesse alcun lavoro; pertanto a fronte di tale situazione fattuale questa non poteva far altro che respingere l’istanza di rinnovo.
Per queste ragioni il ricorso deve essere respinto.
Le spese possono essere compensate per motivi di equità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Referendario, Estensore
Dario Simeoli, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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