Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-10-2013) 18-11-2013, n. 46210

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Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Bari, adito ex art. 309 c.p.p., in parziale riforma dell’ordinanza in data 22 maggio 2013 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, con la quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere a M.L. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, (detenzione a fini di spaccio di gr. 1,4 di cocaina e gr. 5,8 di eroina; in (OMISSIS)), sostituiva alla misura carceraria quella domiciliare.

2. Rilevava il Tribunale che il Messina aveva reso confessione e che il suo confinamento in ambito domiciliare, con preclusione di contatti telefonici o telematici, poteva ritenersi misura sufficiente a impedire la reiterazione di analoghi fatti criminosi.

3. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, che con un unico motivo denuncia la contraddittorietà, mancanza e manifesta illogicità della motivazione, mettendo in risalto:

– che l’episodio era stato considerato isolatamente dal Tribunale, senza valutare le risultanze di polizia da cui si ricavava che nel laboratorio di falegnameria del M. era stato riscontrato un andirivieni di tossicodipendenti, e che da ciò risultava contraddetta la versione dell’indagato secondo cui erano solo due giorni che deteneva la droga e che non riusciva a venderla ad alcuno;

– che a conferma della perdurante attività di spaccio stava il dato del possesso da parte del M. della somma di Euro 380 frazionata in banconote di vario taglio;

– che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, il M. bene avrebbe potuto continuare nella sua attività illecita rimanendo agli arresti domiciliari;

– che l’indagato, considerato incensurato dal Tribunale, era gravato da precedenti penali non trascurabili.

Motivi della decisione

1. Il ricorso appare inammissibile.

2. L’Ufficio ricorrente o pone in luce elementi sintomatici della gravita indiziaria, estranei all’ambito del ricorso, che si appunta sulla ritenuta inadeguatezza della misura domiciliare, o esprime apoditticamente una personale valutazione di inadeguatezza di tale misura rispetto al pericolo di recidiva, e ciò sulla base della mera considerazione, sfornita di riferimenti a specifici indici di pericolosità, secondo cui il M. bene avrebbe potuto perseverare nella sua attività di spaccio restando nella sua abitazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2013

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