Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-10-2013) 18-11-2013, n. 46199

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, confermava la sentenza in data 22 ottobre 2012 del Tribunale di Roma, appellata da S.F., condannato, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di mesi cinque, giorni dieci di reclusione ed Euro 2.000 di multa, in quanto responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, con il riconoscimento della ipotesi lieve di cui al comma 5 del predetto articolo e delle attenuanti generiche, per avere detenuto, parte in dosso, parte occultato nell’autovettura in suo uso e parte nella sua abitazione, un quantitativo di cocaina pari a gr. 0,854 di principio attivo (in (OMISSIS)); cose sottoposte a sequestro di cui veniva ordinata la confisca.
2. Rilevava la Corte di appello che la finalizzazione allo spaccio della sostanza stupefacente si desumeva dalle modalità di occultamento di essa in vari luoghi o sulla persona dell’imputato, e del ritrovamento nella sua abitazione di sostanza da taglio, di un bilancino di precisione nonchè di Euro 48.750 in contanti e di un assegno compilato solo nell’importo e nella sottoscrizione celati sotto una lastra di marmo sulla cui provenienza il S. non forniva sul momento alcuna giustificazione.
3. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, avv. xxx, che con un unico motivo denuncia l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione a carico della sentenza impugnata, in punto di confisca del denaro in sequestro, di cui non era stata dimostrata la natura di profitto dell’attività delittuosa, considerato che la modesta quantità di sostanza stupefacente non era indicativa di una abitualità di condotta criminosa tale da giustificare un provento di Euro 48.750.
D’altro canto l’imputato ha convincentemente spiegato il motivo per il quale egli custodiva in casa tale ingente somma di denaro, oggetto di un regalo paterno; volendo egli evitare che, dato il suo contenzioso con la ex-moglie, un tale importo, ove versato in banca, potesse essere da questa rintracciato e aggredito.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. Il denaro trovato in casa dell’imputato (Euro 48.750) è stato ritenuto dalla Corte di appello (nel silenzio sul punto da parte del primo giudice) provento dell’attività di spaccio, sulla base della considerazione che era inattendibile la giustificazione resa dall’imputato circa il possesso di tale ingente somma in contanti, occultata sotto una lastra di marmo posta a copertura di un termosifone.
L’imputato aveva dichiarato che la somma, da lui ricevuta dal padre, era custodita in contanti in casa per il timore che, ove fosse stata versata in banca, potesse essere aggredita dalla ex-moglie, con la quale era in corso un contenzioso di natura economica.
La Corte di appello ha rilevato che il S. non avrebbe avuto motivo di tenere occultata la somma in casa per evitare che fosse aggredita dalla moglie, bastando che egli potesse dimostrare di essere sfornito di reddito. L’osservazione non sembra del tutto perspicua, posto che proprio il solo fatto del possesso di una simile forte somma di denaro poteva ben esporre il S. ad azioni creditorie.
Ma, a prescindere da tale considerazione, non collocandosi il caso in esame nell’ambito di un procedimento di prevenzione, ovvero di un procedimento che renda applicabile la previsione del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, occorre ribadire che la natura di provento di reato di una qualsiasi entità di natura economica, che la renda assoggettabile a confisca ex art. 240 c.p., comma 1, deve essere fondata su elementi di prova che l’attestino al di là di ogni ragionevole dubbio.
Ora, la Corte di appello non solo, come detto, si è limitata a ritenere implausibile la giustificazione offerta dall’imputato (prestito della somma da parte del padre) con argomentazioni non risolutive, specie in mancanza di una specifica istruttoria sul punto; ma ha senz’altro dato per provato, con evidente salto logico- probatorio, che tale ingente somma provenisse da una cospicua o comunque reiterata attività di spaccio, in mancanza di elementi indiziari che a ciò conducessero, posto che gli unici dati fattuali su cui si fonda l’imputazione sono collegati a uno specifico episodio, concernente la detenzione di un non rilevante quantitativo di cocaina, tanto che al S. sono state riconosciute le attenuanti generiche e quella di cui all’art. 73, comma 5, T.U. stup., con irrogazione di una pena ragguagliata ai limiti edittali.
3. Date le evidenziate contraddizioni logiche e lacune argomentative, la sentenza impugnata deve dunque essere annullata sul punto relativo alla disposta confisca della somma di denaro, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di denaro di Euro 48.750 e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2013

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