Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-10-2013) 18-11-2013, n. 46197

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Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza in data 12 luglio 2012 del Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Nocera Inferiore, emessa all’esito di giudizio abbreviato, riduceva ad anni tre, mesi due di reclusione ed Euro 16.000 di multa la pena inflitta a ciascuno degli imputati S.A. e I.T. in ordine ai reati loro rispettivamente contestati:
capo B ( I.): D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere, in concorso con altri illecitamente detenuto e ceduto a vari soggetti quantitativi imprecisati di cocaina, chetanina e marijuana (in (OMISSIS) e in altri luoghi, fino al (OMISSIS));
capo E ( S.): D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere illecitamente detenuto a ceduto a vari soggetti quantitativi imprecisati di cocaina (in (OMISSIS), dal (OMISSIS)).
2. Quanto alla responsabilità penale, la Corte di appello, nel richiamare e condividere le considerazioni svolte dal giudice di primo grado, osservava che essa fondava sugli esiti di intercettazioni telefoniche, rivelanti contatti con acquirenti e con l’uso di linguaggio camuffato, attivate in gran parte su utenze intestate o comunque in uso agli imputati, su servizi di osservazione di polizia giudiziaria e su dichiarazioni rese da consumatori.
3. Ricorrono per cassazione gli imputati.
4. L’avv. xxx xxx, difensore di S., deduce con un unico motivo la mancata assunzione di prova decisiva, espressamente richiesta nei motivi di appello, consistente nell’assunzione della testimonianza di L.G., che aveva parlato a s.i.t. di un fornitore di droga detto "(OMISSIS)", senza alcun elemento che conducesse a riferire tale appellativo allo S., e che non aveva riconosciuto in foto il ricorrente; nonchè della testimonianza delle testi G.R., I.M.R., R. B. e D.S.M. che avevano escluso di avere ricevuto alcun quantitativo di droga dallo xxx, così incrinando la versione delle forze di polizia circa il fatto che poco prima l’imputato aveva consegnato loro un involucro di cui le ragazze si erano sbarazzate gettandolo via dal finestrino della macchina nella quale si trovavano.
5. L’avv. xxx xxx, difensore di I., denuncia con un primo motivo il vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., essendosi la Corte di appello limitata a riportarsi al riguardo alle considerazioni svolte dal primo giudice senza tenere conto delle deduzioni difensive contenute nell’atto di appello, ove si censurava che il trattamento sanzionatorio dello I. fosse stato equiparato a quello del coimputato B.P., pur essendo quest’ultimo raffigurato come il dominus dello spaccio di droga, della quale lo I. sarebbe stato mero detentore per conto di quello.
Con un secondo motivo denuncia la erronea mancata qualificazione del fatto sotto l’ipotesi lieve di cui dell’art. 73, comma 5, T.U. Stup., in presenza di droga meramente "parlata", in considerazione del ridottissimo numero degli episodi in cui lo I. sarebbe stato coinvolto stando alle conversazioni intercettate e della personalità di consumatore di sostanze stupefacenti del medesimo.
Motivi della decisione
1. Entrambi ricorsi devono ritenersi inammissibili, in quanto involgono censure che attengono alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove, aspetti su cui i giudici di merito hanno reso una motivazione esauriente e immune da vizi logici.
2. Quanto al ricorso di S., il ricorrente omette di considerare che le dichiarazioni del consumatore L. costituiscono solo uno degli elementi di prova considerati dai giudici di merito, che si fondano essenzialmente sul contenuto di colloqui telefonici, inequivocabilmente aventi ad oggetto traffici di droga, intercorsi tra utenze sicuramente in uso all’imputato e quelle in uso a correi ( I., B.) o a clienti tossicomani, tra cui appunto il L..
Con riferimento, poi, alle dichiarazioni delle ragazze viste ricevere per strada dallo S., attraverso le rispettive macchine, un involucro, del quale alla intimazione di "alt" delle forze dell’ordine prontamente esse si disfacevano, la sentenza impugnata puntualizza risolutivamente sia che l’episodio era stato preceduto da una telefonata di I.M.R. allo S. nel corso della quale la prima faceva richiesta al secondo di un quantitativo di sostanza stupefacente sia che subito dopo il fatto era stato rilevato un "sms" inviato allo stesso S. dalla I., con il quale questa avvertiva di avere detto alle forze dell’ordine che l’incontro era finalizzato alla consegna di non meglio precisate chiavi.
3. Quanto al ricorso di I., la censura circa il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., si fonda esclusivamente, e quindi inammissibilmente, su una pretesa irragionevole equiparazione del trattamento sanzionatorio rispetto a quello del coimputato B., deduzione che all’evidenza non ha alcun collegamento con il paradigma della norma in questione.
Il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui dell’art. 73, comma 5, T.U. stup. è stato adeguatamente motivato dalla Corte di appello sulla base della reiterazione e durata temporale dell’attività di spaccio e della struttura organizzativa, sia pure rudimentale, nell’ambito della quale i vari imputati si collocavano.
Al riguardo l’imputato si limita a replicare le censure svolte nell’atto di appello senza considerare le risposte rese nella sentenza impugnata, con la quale peraltro è stata consistentemente ridotta la pena inflitta in primo grado.
4. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e a quello di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alla natura delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2013

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