Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 11-09-2012, n. 15201

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Svolgimento del processo
M.G., con ricorso alla Corte d’appello di Catania depositato in data 25 settembre 2009, proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata complessiva del procedimento instaurati dinanzi al TAR di Catania nell’anno 1998 nei confronti del Consorzio xxx, allo scopo di ottenere l’annullamento della delibera del Consiglio di amministrazioni relativa al recupero di prori emolumenti.
In particolare, lamentava la durata irragionevole del procedimento, in quanto, dopo una decisione del TAR di difetto di giurisdizione, annullata con rinvio nell’anno 2005 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, non era intervenuto alcun provvedimento.
La Corte d’appello, con decreto depositato il 9 dicembre 2009, ritenuto che, rispetto ad una durata ragionevole di tre anni, il procedimento amministrativo si fosse protratto per ulteriori sette anni e nove mesi, liquidava per il danno non patrimoniale complessivi Euro 7.000,00 oltre interessi legali e spese del procedimento.
Avverso tale decreto il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso, formulando due motivi.
Resiste il M. con controricorso, illustrato da memoria.
Motivi della decisione
Preliminarmente deve rilevarsi che, con riferimento al termine per proporre impugnazione, deve trovare applicazione, trattandosi di giudizio instaurato in epoca successiva al 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, l’art. 327 c.p.c. nella formulazione modificata da tale novella, che ha fra l’altro sostituito al termine annuale dalla pubblicazione della sentenza, indipendentemente – come nella specie – dalla notificazione, quello semestrale.
Deve pertanto rilevarsi come, a fronte di un decreto depositato in data 9 dicembre 2009, la notificazione del ricorso, richiesta in data 11 giugno 2010, sia tardiva rispetto al termine di sei mesi, maturato mercoledì 9 giugno 2010.
L’inosservanza del termine previsto a pena di decadenza determina l’inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 965,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2012

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