T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 31-01-2011, n. 312

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La ricorrente è proprietaria di un lotto di terreno in Comune di xxx per il quale ha chiesto il rilascio di un titolo edilizio in data 23.05.1995 ed al quale ha poi rinunciato.
Successivamente con l’approvazione del nuovo PRG l’area è stata inserita, a seguito delle proposte di modifica d’ufficio della pianificazione elaborate dalla Regione Lombardia, in zona A ove le n.t.a. vietano l’edificazione su lotti liberi in mancanza di piano attuativo.
Contro i suddetti atti di pianificazione la ricorrente ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.
I) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di ponderazione e violazione art. 4 D.M. 1444/68 in quanto l’area non avrebbe caratteristiche di zona di interesse storico per essere inserita nella zona A1 del PRG.
II) Illegittimità per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria in quanto le costruzioni adiacenti il lotto della ricorrente non avrebbero pregio storico ed ambientale.
III) Illegittimità per carenza di motivazione e mancata valutazione degli atti di parte da parte del Comune in quanto quest’ultimo avrebbe recepito senza alcuna valutazione le proposte di modifica effettuate dalla Regione.
IV) Contraddittorietà dei provvedimento comunali e regionali in quanto sia il Comune che la Regione avevano espresso pareri favorevoli alla pratica edilizia iniziata dal ricorrente prima della nuova pianificazione e poi abbandonata con la rinuncia agli atti del procedimento.
V) Violazione della disciplina regionale e nazionale nella formazione del PRG in quanto le modifiche introdotte dalla Regione avrebbero comportato una modifica sostanziale del piano.
La difesa regionale sostiene che la modifica d’ufficio introdotta dalla Regione non comporterebbe alcuna inedificabilità dell’area ma semplicemente l’obbligo di pianificazione attuativa (art. 27 NTA).
Ritiene quindi infondati e generici gli altri motivi di ricorso.
La ricorrente con la memoria per l’udienza afferma che la previsione dell’obbligo di piano attuativo costituirebbe in sostanza un divieto di edificazione.
All’udienza del 21 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione
Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono infondati.
In primo luogo occorre ricordare che per giurisprudenza unanime (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. IV, 12 dicembre 1990, n. 1002; Consiglio di Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2827; Consiglio di Stato, sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1095) i provvedimenti con i quali i comuni ripartiscono in zone il territorio in sede di pianificazione urbanistica hanno natura ampiamente discrezionale e possono pertanto incidere anche su precedenti difformi destinazioni delle zone stesse, sempre che la nuova suddivisione non sia affetta da errori di fatto o da gravi vizi di illogicità, irrazionalità o contraddittorietà.
Il D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 definisce zone A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.
L’area dei ricorrenti è pienamente inserita nell’abitato del Comune e si trova nelle immediate vicinanze di nuclei storici dell’abitato. Sussiste quindi il collegamento funzionale che esprime l’esigenza di garantire una continuità di caratteri edificatori tramite la previsione di una pianificazione omogenea. E’ poi irrilevante che le aree edificate contermini non abbiano pregio artistico od una spiccata comunanza di caratteri di ornato, bastando, al fine di rendere non microscopicamente irragionevole la previsione della destinazione urbanistica, la sussistenza di un abitato nei luoghi da lungo tempo e l’esistenza di una uniformità in merito ad alcuni parametri urbanistici quali gli usi, l’altezza, la superficie coperta o le distanze tale da rendere opportuno garantire la continuità di tali caratteri. La previsione urbanistica del centro storico, necessaria in tutti i Comuni, infatti, non è condizionata all’esistenza di particolari pregi artistici nelle costruzioni od alla particolare bellezza dei luoghi, che giustificano, invece, l’apposizione di un vincolo storico o paesistico, ma si fonda sul semplice fatto della preesistenza da lungo tempo dell’edificazione in luoghi che rappresentano il centro del paese, e quindi costituiscono l’identità storica del Comune, indipendentemente dall’esistenza di aspetti di particolare valore artistico o architettonico. Tale elemento risulta esplicitato nella relazione della Regione ove si afferma che l’area è costituita da un piccolo agglomerato di edifici antichi.
Il terzo motivo è infondato in quanto il Comune non deve motivare quando faccia proprie le proposte di modifica d’ufficio del piano regolatore, trovando le relative disposizioni innovative sufficiente motivazione nella proposta di modifica presentata dalla Regione.
Venendo al quarto motivo di impugnazione, esso è infondato in quanto non sussiste contraddizione tra atti che non comportano un divieto di edificazione. Infatti, a differenza di quanto affermato dal ricorrente nel ricorso introduttivo, l’art. 27 delle NTA non prevede l’inedificabilità assoluta dell’area ma semplicemente l’onere di pianificazione attuativa, con la conseguenza che non sussiste il presupposto del presunto contrasto, cioè l’espressione di pareri favorevoli all’edificazione seguiti da una previsione generale di inedificabilità dell’area.
Anche l’ultimo motivo di ricorso dev’essere respinto in quanto la previsione di PRG non contiene la pretesa inedificabilità assoluta e per la genericità delle violazioni denunciate.
Da ultimo la memoria espressa dalla ricorrente non aggiunge nulla a quanto già dedotto, in particolare con riferimento ad una presunta inedificabilità connessa con la necessità che il piano attuativo debba estendersi all’intera area A1 della Cascina Brusada. Infatti la norma non prevede l’obbligo di una previsione attuativa unica, potendosi ritenere quindi che la ricorrente possa presentare una pianificazione attuativa propria, idonea ad inserire il progetto nell’area circostante. Infatti la pianificazione attuativa costituisce strumento necessario od opportuno nel caso di pianificazione di aree non ancora urbanizzate, dovendo, invece, ritenersi, con riferimento alle aree libere dei centri storici, che essa abbia carattere del tutto eccezionale.
In definitiva il ricorso va respinto con le precisazioni indicate in merito allo ius aedificandi della ricorrente.
Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Concetta Plantamura, Referendario
Alberto Di Mario, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *