Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-10-2013) 14-11-2013, n. 45895

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con sentenza del 27.11.2012 la Corte di appello di Salerno, a seguito di gravame interposto dall’imputato T.L. avverso la sentenza emessa il 26.11.2007 dal Tribunale di Salerno – ha confermato detta sentenza con la quale era stata affermata la penale responsabilità del predetto imputato in ordine al delitto di cui all’art. 367 c.p. avendo falsamente denunciato il furto della propria moto, con condanna a pena di giustizia.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore deducendo:
2.1. Vizio di motivazione e violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e) e art. 125 c.p.p., comma 3, oltrechè dell’art. 101 Cost., comma 2 e art. 111 Cost.. In particolare, il ricorrente censura la mancata valutazione da parte della Corte territoriale delle prove testimoniali addotte dalla difesa e la mancata motivazione sul punto.
2.2. Vizio della motivazione per omessa o illogica motivazione circa l’individuazione dell’elemento psicologico del reato e del movente ed omessa motivazione sulla mancata valutazione della prova documentale e delle ragioni che hanno escluso la rilevanza di elementi decisivi.
In particolare, la Corte ha affermato l’esistenza di un movente del tutto ipotetico e congetturale e non considerato i danni provati al motoveicolo successivamente ritrovato.
2.3. violazione di legge per mancata applicazione dell’indulto – richiesta dalla difesa alla udienza del 27.11.2012 – con revoca della sospensione condizionale della pena concessa in primo grado.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. Il primo motivo è inammissibile. Con motivazione logica e priva di vizi giuridici la Corte territoriale ha avallato la prima affermazione di responsabilità desumendo la falsità della denuncia di furto sporta dall’imputato dalla circostanza, provata dalla deposizione del teste qualificato C. che, con incensurabile giudizio in fatto è stata giudicata attendibile, aveva riconosciuto nel fratello dell’imputato colui che era alla guida della moto denunciata rubata e non si era fermato all’alt, dandosi alla fuga.
A tale decisiva prova la Corte accosta le univoche emergenze costituite dall’ingiustificato comportamento dello stesso T. L. allorquando si allontanava frettolosamente alla vista del fratello con i CC e dal comportamento dell’imputato che non era stato inizialmente in grado di indicare nemmeno il posto in cui aveva parcheggiato la moto.
5. Cosicchè la censura difensiva che fa leva nuovamente sui testimoni della difesa, si rivela una inammissibile incursione nel merito valutativo, volta a sollecitare una inammissibile ricostruzione in fatto in questa sede, tenuto anche conto dell’esplicito giudizio di inincidenza delle dette testimonianze rispetto al solido costrutto dell’accusa, avallato dalla sentenza.
6. Analoga inammissibilità coglie il secondo motivo che, anch’esso, si limita ad una censura in fatto della ricostruzione avallata dalla sentenza, che ha logicamente attribuito il movente all’imputato in base a circostanze prive di specifica smentita in sede di appello.
7. Il terzo motivo è inammissibile in quanto l’omissione di pronuncia da parte del giudice di cognizione in ordine all’applicazione di un indulto non costituisce di per sè causa di nullità della sentenza, nè può formare oggetto di ricorso per cassazione, trattandosi di beneficio che può essere applicato in sede esecutiva (Sez. 4, Sentenza n. 12308 del 19/03/1990 Rv. 185279 Imputato: xxx). In ogni caso, con la sentenza di condanna, non può essere contestualmente applicato l’indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul primo (Sez. U, Sentenza n. 36837 del 15/07/2010 Rv.
247940, P.G. in proc. xxx).
8. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2013

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