T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 31-01-2011, n. 309

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La società ricorrente aveva richiesto a suo tempo una concessione edilizia per realizzare il sopralzo di sei stabili, costituenti un unico complesso, che aveva in precedenza costruito e per cui si era riservato il diritto di costruire in sopra elevazione.
Il Comune di xxx aveva rigettato la richiesta perché a suo avviso era necessario il parere di tutti i condomini e questo Tribunale aveva deciso con sentenza che il Comune doveva esaminare la pratica edilizia senza pretendere il consenso degli altri condomini.
Il Comune, a seguito dell’istruttoria tecnica, aveva richiesto la modifica di quattro progetti per mancata conformità alle norme sulle distanze e successivamente aveva richiesto ulteriore documentazione.
A seguito di diffida il Comune aveva emesso avviso di concessione edilizia quantificando gli oneri concessori per il sopralzo dei sei stabili, oneri pagati dalla società ricorrente ed il Comune emise il formale provvedimento concessorio relativamente a quattro stabili sul presupposto che la richiesta fosse stata limitata a tali edifici.
La società inviò una nuova diffida in data 10.5.99 contestando la condotta del Comune perché aveva pagato gli oneri concessori per tutti e sei gli edifici compiendo anche gli atti di asservimento volumetrico; ritirò comunque la concessione edilizia per i quattro stabili e iniziò i lavori, presentando una nuova concessione edilizia per i due stabili residui.
A seguito dell’istruttoria su detta richiesta il Comune accertò che uno dei due sopralzi non rispettava le distanze regolamentari e richiese nuovi elaborati che furono prontamente presentati, ma successivamente intervenne il provvedimento soprassessorio impugnato che affermava come l’intervento edilizio richiesto fosse in contrasto con le nuove previsioni dell’art. 32 N.T.A. della Variante al P.R.G. adottata.
Il ricorso presenta due motivi.
Il primo denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 32 N.T.A. della Variante al P.R.G. poiché la dizione della rubrica dell’articolo "Zona prevalentemente consolidata "fa riferimento ad una possibilità di una limitata nuova edificazione quale quella consistente in un mero rialzo di edificio già esistente.
Il riferimento poi al mantenimento dei parametri edilizi esistenti e non già della volumetria corrobora tale lettura della norma.
Il secondo motivo lamenta l’eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione e di istruttoria, difetto assoluto dei presupposti tecnici, elusione di sentenza esecutiva e sviamento di potere.
I poteri discrezionali di cui l’amministrazione gode nell’effettuare la programmazione urbanistica del territorio incontrano i limiti della razionalità e consequenzialità rispetto ai presupposti tecnici che l’hanno motivata e la valutazione delle posizioni giuridiche consolidate.
Dalla relazione generale non si desume quali siano le ragioni per cui la zona non possa essere suscettibile di un minimo incremento volumetrico, pur rispettando gli indici del P.R.G. vigente ed inoltre non si è tenuto conto di una situazione consolidata quale quella costituita dalla precedente favorevole pronuncia del TAR.
Sotto questo profilo, considerando anche tutte le condotte dilatorie poste in essere per l’approvazione dei progetti, appare evidente anche il denunciato sviamento di potere poiché in realtà l’interesse tutelato sarebbe quello dei condomini che in più occasioni avevano manifestato la loro contrarietà all’intervento.
Si costituiva in giudizio il Comune di xxx chiedendo il rigetto del ricorso.
Nel ricostruire la storia della vicenda edilizia, faceva presente che, dopo la sentenza del TAR che aveva obbligato il Comune a dar corso all’istruttoria della pratica edilizia, erano state riscontrate alcune irregolarità del progetto per cui la società ricorrente aveva fatto presente che in una riunione del 22.10.97 che avrebbe presentato elaborati corretti.
Il 5.11.97 aveva depositato una nuova richiesta per il sopralzo di quattro dei sei fabbricati di proprietà ed il Comune, nonostante il parere negativo della Commissione edilizia, rilasciava la concessione edilizia rispetto all’originaria pratica 33\95 oggetto del contenzioso davanti al TAR ed all’epoca pendente in Consiglio di Stato.
Per un errore materiale i contributi concessori erano stati calcolati sui sei immobili, ma prima del ritiro della concessione l’importo veniva rettificato.
Successivamente la società presentava un nuovo progetto per i due immobili per i quali non era stata rilasciata concessione edilizia che presentava delle irregolarità in tema di distanza dalla strada e pertanto veniva richiesto un adeguamento degli elaborati che perveniva nel maggio 2000.
Nelle more dell’istruttoria veniva approvata la Variante Generale al P.R.G. vigente resa necessaria per consolidare il contesto edificato aumentando la dotazione di servizi.
Gli edifici interessati dal ricorso si trovano in una zona chiamata "Ir1 Zona prevalentemente residenziale consolidata: edifici multipiano " per la quale l’art. 32 N.T.A. prevede unicamente il mantenimento della volumetria esistente.
Alla camera di consiglio del 22.11.2000 veniva respinta l’istanza cautelare.
Il ricorso non è fondato.
L’interpretazione proposta dalla società ricorrente dell’art. 32 N.T.A. non può essere accolta; la norma tecnica non fa riferimento ad una zona prevalentemente consolidata, ma a una zona prevalentemente residenziale cioè dove si trovano anche altre destinazioni di uso che peraltro la norma indica; quindi l’avverbio prevalentemente non è riferito all’aggettivo consolidata, ma all’altro aggettivo che caratterizza la zona e cioè residenziale.
Nella Zona Ir1 sopraindicata non sono consentiti aumenti di volumetria secondo quanto si ricava dalla lettura della Relazione alla Variante che al punto 3.3. descrive gli interventi possibili e tesi all’obiettivo del miglioramento della qualità dell’abitare come "riqualificazione degli spazi di uso collettivo e degli spazi accessori, in particolare con le previste facoltà di chiusura e recupero di spazi comuni aperti e di chiusura di logge e balconi a mezzo di interventi unitari estesi a fabbricati interi, nel recupero di parcheggi aggiuntivi, nell’adeguamento dei tagli degli alloggi esistenti alle nuove tendenze della composizione dei nuclei familiari e nei necessari adeguamenti tecnologici e funzionali.".
Deve pertanto condividersi l’interpretazione che la difesa comunale fa dell’espressione parametri esistenti intesa come riferentesi alla situazione di fatto, anche perché in caso di demolizione e ricostruzione è previsto il rispetto delle S.l.p. e dei volumi massimi pari all’esistente.
La misura di salvaguardia imposta dal Comune ed oggetto della presente impugnazione era, pertanto, dovuta.
Riguardo alle censure avanzate con il secondo motivo di ricorso, va innanzitutto precisato che la sentenza 293\97 di questo TAR non imponeva al Comune di rilasciare la concessione, ma solo di procedere all’istruttoria senza pretendere l’assenso degli altri condomini ed in ciò è stata confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza 7539\03.
Ma questo lasciava libero il Comune di valutare la concedibilità del provvedimento richiesto secondo le norme edilizie vigenti; nel momento in cui sono state poste delle obiezioni da parte dei tecnici comunali circa l’assentibilità dell’intervento, il progetto è stato riformulato per soli quattro edifici e gli oneri concessori pagati in relazione a tale diminuzione (vedasi doc. 15 di parte resistente).
Una volta rilasciata la concessione edilizia in relazione alla richiesta protocollata al nr. 33\95 del Comune l’adempimento rispetto alle previsioni della sentenza del TAR 293\97, all’epoca provvisoriamente esecutiva, si era realizzato.
Nel deliberare la Variante al P.R.G. il Comune non doveva tener conto di nessun affidamento né di alcuna situazione consolidata.
Non vi è quindi nessuna elusione del giudicato, così come non sussiste l’irragionevolezza della previsione urbanistica di cui all’art. 32 N.T.A. dal momento che la stessa non riguarda solo gli edifici a suo tempo costruiti dalla società ricorrente ma numerose lottizzazioni ed edifici multipiano e che in sede di relazione la scelta è stata giustificata con la necessità di non incrementare una densità abitativa particolarmente elevata che aveva dato luogo ad effetti sociali ed urbanistici negativi.
Di conseguenza, trattandosi di una previsione di carattere generale, non ha fondamento neanche la censura di sviamento di potere per soddisfare interessi privati con provvedimenti amministrativi.
La richiesta di annullamento degli atti indicati in epigrafe va, pertanto, respinta.
In conseguenza di tale rigetto anche la domanda di risarcimento del danno presentata dalla ricorrente deve essere rigettata quanto al diniego di concessione per il sopralzo degli ultimi due edifici.
Ma anche in relazione al rilascio della concessione del 14.5.99, relativa agli altri quattro edifici, la società ricorrente non ha fornito alcuna prova di un ritardo colpevole dell’amministrazione.
In ogni caso già in data 30.10.98 il Comune ha comunicato che la concessione come richiesta con la nota depositata in data 5.11.97 era pronta per il ritiro e venivano fissati solo gli adempimenti tecnici ed in particolare il pagamento degli oneri.
Non è sufficiente affermare, come fa la società ricorrente nella memoria integrativa, che bisogna calcolare l’aumento dei costi di costruzione tra il 14.2.95 data di presentazione della domanda e il 14.5.99 data di rilascio della concessione; una siffatta richiesta non tiene conto dei tempi di istruttoria della pratica che non sono facilmente calcolabili anche perché dipendono dalla solerzia del privato nel rispondere alla richiesta di integrazione documentale da parte dell’amministrazione.
Va tenuto inoltre conto del fatto che a fronte di una possibilità di ritiro della concessione in data 30.10.98 il provvedimento è stato emesso in data 14.5.99 e non certo per inerzia del Comune.
L’unico periodo cui in astratto la società potrebbe rivendicare il diritto al risarcimento del danno da ritardo è quello intercorso tra la presentazione della domanda e la data della sentenza del TAR dopo la quale iniziato l’iter istruttorio ed il rilascio è avvenuto in tempi regolari.
Va sottolineato, però, come non risulta che la società abbia richiesto un provvedimento cautelare nel giudizio conclusosi con la sentenza 293\97, e ciò va posto a carico di chi si ritiene danneggiato poiché non ha posto in essere tutte le misure possibili per evitare il ritardo nell’inizio dell’istruttoria.
Inoltre la questione giuridica in virtù della quale il Comune aveva ritenuto di non poter dar corso all’istruttoria non si era mai posta in termini analoghi in giurisprudenza e ciò porta ad escludere l’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa per aver ritenuto la necessità del consenso di tutti i condomini e quindi aver ritardato l’avvio dell’istruttoria per tutto il tempo necessario ad ottenere una pronuncia del Tar favorevole alla società ricorrente.
In conclusione anche la domanda di risarcimento danni formulata con il ricorso introduttivo va rigettata.
La particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Primo Referendario
Ugo De Carlo, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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