Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 11-09-2012, n. 15169

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Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Palermo, R.S. impugnava il licenziamento disciplinare irrogatogli dal datore di lavoro, Banca popolare di xxx, successivamente Banco xxx, in data 7 giugno 2004 assumendo che con precedente lettera del 7 aprile 2004 gli vennero contestate una complessa serie di irregolarità asseritamente compiute nell’espletamento delle mansioni affidategli di preposto di Agenzia, emerse da un controllo ispettivo del settembre 2003, dal "follow up" svolto in data 15 gennaio 2004 e da una successiva verifica effettuata dal 25 febbraio 2004 al 3 marzo 2004.
Che in attesa dei chiarimenti e delle spiegazioni inerenti le singole contestazioni, la Banca procedeva, ai sensi dell’art. 36 del c.c.n.l.
di categoria, al temporaneo allontanamento dal posto di lavoro e quindi al suo licenziamento, che veniva tempestivamente impugnato.
Disposta c.t.u. al fine di verificare la effettiva consistenza degli addebiti, il Tribunale riteneva fondate e gravi quanto meno talune delle contestazioni formulate dalla banca, sicchè respingeva la domanda.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata il 7 ottobre 2009, confermava la sentenza di primo grado.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il R., affidato a due motivi.
Resiste la Banca con controricorso.
Motivi della decisione
1. Deve pregiudizialmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per essere stato notificato non già al Banco xxx, bensì alla Banca Popolare di xxx s.p.a..
L’eccezione è infondata. Risulta invero dagli atti che il Banco Popolare sia successore, in forza di fusione societaria, della Banca Popolare Italiana soc. coop a r.l., già Banca Popolare di xxx soc. coop. a r.l., sicchè la notifica non risulta inesistente, ma nulla, con possibilità di rinnovazione (Cass. 15 ottobre 2004 n. 20334), nella specie inutile essendosi il soggetto legittimato passivo regolarmente costituitosi (Cass. 11 aprile 2011 n. 8177; Cass. ord. 3 aprile 2012 n. 5341). Venendo pertanto al merito si osserva.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. di settore, con riferimento alla L. n. 300 del 1970, art. 7; agli artt. 1175, 1376 e 1375 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si duole in particolare che la Corte di merito ritenne erroneamente non provato che ad esso ricorrente vennero concesse solo due ore di tempo per consultare la gran mole di documenti su cui le plurime e complesse contestazioni disciplinari si basavano, ritenendo, altrettanto erroneamente, che tale documentazione il R. ebbe comunque modo di esaminare nel corso del giudizio.
Il motivo è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento delle alte censure in ricorso.
La Corte di merito ha infatti sul punto contraddittoriamente affermato che l’assunto attoreo, secondo cui al fine di potersi difendere dalle complesse contestazioni di cui sopra (per l’accertamento delle quali venne disposta apposita c.t.u. affidata ad un perito bancario), gli vennero concesse solo due ore di tempo, non era stato provato in quanto smentito dall’unico teste escusso ( M.), "il quale ha riferito che il capo Area della Banca appellata gli chiese di accompagnare il ricorrente a visionare la documentazione, ciò che non avvenne posto che il teste aveva redatto la relazione ispettiva e, dipendendo direttamente dalla Divisione Ispettorato, avrebbe dovuto ricevere disposizioni in tal senso dai suoi superiori gerarchici".
Tale motivazione risulta insanabilmente contraddittoria, avendo la Corte ritenuto non provata la circostanza che al lavoratore vennero concesse solo due ore per accedere alla complessa documentazione, esclusivamente dalla testimonianza di cui sopra da cui tuttavia emergeva, secondo la medesima Corte di merito, che tale accesso non avvenne affatto, stante il rifiuto del medesimo M..
In sostanza la Corte palermitana ha ritenuto non provata la lamentata circostanza che al R. vennero concesse solo due ore per visionare la complessa documentazione posta a base degli addebiti contestati, da una testimonianza da cui emergeva che l’accesso a tale documentazione non vi fu affatto.
Questa Corte ha peraltro chiarito (Cass. 18 novembre 2010 n. 23304), che seppure la L. n. 300 del 1970, art. 7, non prevede, nell’ambito del procedimento disciplinare, un obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione disciplinare, la documentazione su cui essa si basa, il datore di lavoro è tenuto, tuttavia, ad offrire in consultazione all’incolpato i documenti aziendali laddove l’esame degli stessi sia necessario al fine di permettere alla controparte un’adeguata difesa. Nella specie risulta pacifica sia la particolare complessità della contestazione, sia la facoltà, concessa al dipendente e poi negata, di consultare la documentazione che ne costituiva il presupposto.
Ciò basta per accogliere il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al medesimo giudice, in diversa composizione, al fine di un nuovo esame della controversia alla luce delle considerazioni esposte e per la regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2012

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