Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-09-2012, n. 15162

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Svolgimento del processo

che dall’unione di B.A. e di A.V. nacque, in data (OMISSIS), A.N.;

che – a seguito dei ricorsi proposti, rispettivamente, dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Roma, ai sensi degli artt. 311-bis e 333 cod. civ. (su esposto della nonna materna della minore, F.M.), nonchè dal padre naturale della minore, A.V., ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 cod. civ. – il Tribunale per i minorenni di Roma, con decreto del 28-29 ottobre 2008, dispose che il padre naturale esercitasse in via esclusiva la potestà sulla figlia minore, con collocazione della stessa presso di lui, disponendo altresì che il Servizio sociale territorialmente competente fornisse supporto al nucleo padre-figlia e regolasse, nell’interesse della minore, i rapporti madre-figlia, con obbligo di riferire periodicamente allo stesso Tribunale ;

che avverso tale decreto la B., con ricorso del 23 marzo 2009, propose reclamo dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, sezione minorenni, chiedendo, in via principale, che, previa revoca dell’affidamento al padre della minore, questa fosse affidata a sè, con divieto assoluto dell’esercizio del diritto di visita del padre (in ragione del suo stato di tossicodipendenza), in via subordinata, che il diritto di visita del padre fosse esercitato alla presenza di terzi ed a determinate condizioni e, in via provvisoria ed urgente, l’emanazione dei provvedimenti chiesti in via principale;

che, costituitosi, l’ A. resistette al ricorso, chiedendo che gli incontri madre-figlia fossero limitati nel tempo ed effettuati in ambiente protetto;

che la Corte adita – acquisite plurime informazioni e relazioni dai competenti Servizi sociali, disposta ed espletata consulenza tecnica d’ufficio sulle condizioni psico-fisiche dei genitori (con particolare riguardo ad eventuale dipendenza da sostanze etiliche o stupefacenti) e della minore nei suoi rapporti con il padre e la madre -, con decreto del 6 giugno 2011, in riforma del provvedimento impugnato, ha disposto che: – la minore sia affidata al Servizio sociale della A.S.L. del distretto 2 Mirtense, con la collaborazione del Servizio sociale del Municipio 16^ di Roma; – la stessa minore sia collocata prevalentemente presso l’abitazione materna a partire dalla fine dell’anno scolastico 2010-2011 (giugno 2011); – la potestà sulla minore sia esercitata congiuntamente da entrambi i genitori; – sia la minore sia i suoi genitori proseguano i percorsi terapeutici già intrapresi; ha disciplinato inoltre l’esercizio del diritto di visita del padre; ha stabilito che A.V. contribuisca al mantenimento della figlia minore con un assegno mensile di Euro 700,00, annualmente rivalutato, ed ha condannato lo stesso A. alle spese della controversia;

che avverso tale decreto A.V. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria;

che resiste, con controricorso, B.A., la quale ha anche proposto ricorso incidentale fondato su un motivo, illustrato con memoria;

che il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento, per quanto di ragione, del primo e del secondo motivo del ricorso principale e per il rigetto del ricorso incidentale.

Motivi della decisione

che, con il primo e con il secondo motivo (con cui deduce, rispettivamente: "Violazione di legge, in particolare violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 99 c.p.c.. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3", e "Nullità del decreto per violazione di legge, in particolare dell’art. 155 c.c., comma 6, in relazione agli artt. 99 e 101 c.p.c.. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3") – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente principale critica il decreto impugnato, nella parte in cui ha stabilito a suo carico il contributo al mantenimento della minore, sostenendo che i Giudici a quibus sarebbero incorsi nel vizio di ultrapetizione, non considerando che la B. convive con un nuovo compagno e riceve già un contributo per la figlia da un precedente convivente, ed inoltre non disponendo indagini sulle rispettive situazioni economico-patrimoniali dei genitori naturali ai fini del contributo al mantenimento della minore;

che, con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazione di legge e/o falsa applicazione dei principi dettati dall’art. 91 c.p.c., in tema di condanna alle spese anche in relazione all’art. 112 c.p.c..

Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3"), il ricorrente principale critica il decreto impugnato, sostenendo che nei procedimenti del tipo di quello de quo non sarebbe ravvisabile una soccombenza e che, inoltre, non sarebbe stata formulata dalla controparte alcuna domanda di condanna alle spese;

che, con l’unico motivo, la ricorrente incidentale critica a sua volta il decreto impugnato, per avere immotivatamente respinto la sua richiesta tendente ad ottenere il divieto assoluto delle visite padre- figlia, in ragione dello stato di tossicodipendenza del genitore;

che il ricorso principale non merita accoglimento;

che – quanto ai primi due motivi – è sufficiente, da un lato, ribadire che, secondo il costante orientamento di questa Corte correttamente seguito dai Giudici a quibus, l’obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147 e 148 cod. civ.) sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 5652 del 2012 e 5586 del 2000), e, dall’altro, constatare che dalla motivazione della sentenza impugnata emerge sia l’irrilevanza, ai fini dell’an e del quantum del mantenimento del figlio minore, dei contributi eventualmente corrisposti da terzi non giuridicamente obbligati, sia lo svolgimento di un’accurata istruzione probatoria circa la situazione reddituale e patrimoniale del ricorrente ("… deve essere posto a carico dell’ A. – il quale per il passato ha contribuito al mantenimento della bambina donando alla madre un immobile in (OMISSIS) … e versandole la somma di Euro 50.000,00 … – un contributo di almeno Euro 700,00 mensili, oltre rivalutazione annuale Istat, tenuto conto delle disponibilità economiche dimostrate dal resistente e delle esigenze della figlia, da ritenersi accresciute per l’età");

che – quanto al terzo motivo – è noto che, in base al principio di causalità, la parte soccombente va individuata in quella che, azionando una pretesa accertata come infondata o resistendo ad una pretesa fondata, abbia dato causa al processo o alla sua protrazione e che debba qualificarsi tale in relazione all’esito finale della controversia (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 7625 del 2010);

che, nella specie – posto che quantomeno il giudizio promosso ai sensi dell’art. 311-bis cod. civ., ha natura oggettivamente contenziosa (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 23032 del 2009), e che in tale giudizio l’ A. ha resistito alla domanda della B. di affidamento a sè della minore, domanda da considerarsi come oggetto principale dello stesso giudizio, risultando tuttavia soccombente sul punto – i Giudici del reclamo hanno correttamente individuato nell’odierno ricorrente la parte soccombente, condannandolo alle spese del grado;

che il ricorso incidentale è inammissibile;

che, al riguardo, deve essere sottolineato che il nucleo delle critiche mosse al decreto impugnato verte tutto sugli accertamenti di fatto, congruamente motivati, che i Giudici del reclamo hanno effettuato in ordine sia al progressivo superamento dello stato di tossicodipendenza da parte del padre, sia all’attaccamento affettivo della minore al padre ed alla famiglia di origine dello stesso;

che, in ragione della soccombenza reciproca, le spese del presente grado del giudizio possono essere compensate per intero tra le parti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 2 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2012
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