Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-10-2013) 05-11-2013, n. 44663

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ordinanza 26.3.2013 la Corte di Appello di Torino ha dichiarato, ai sensi dell’art. 634 c.p.p., inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di revisione della sentenza n. 356/1998 del Pretore di Sanremo (come confermata dalla Corte d’Appello di Genova con sentenza n. 870/2000 e poi dalla Corte di Cassazione con sentenza 22.2.2001) proposta da B.M., condannato alla pena di mesi due di arresto e L. 11.000.000 di ammenda per il reato di cui della L. n. 47 del 1985, art. 20 lett. b) e c), nonchè della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies, per avere realizzato in assenza o difformità dalla concessione opere edili in cemento armato ed in zona sottoposta a vincolo, anche in violazione di ordinanza di sospensione dei lavori.

Ha rilevato la Corte piemontese:

– che le dichiarazioni testimoniali, le valutazioni peritali e le risultanze emerse davanti al TAR, su cui il ricorrente ha fondato la propria istanza, sono state rese in procedimenti assai diversi;

– che le attività edilizie oggetto delle indicazioni del ricorrente e le stesse situazioni storiche e fattuali ad esse sottese non appaiono identiche a quelle oggetto della sentenza di cui si chiede la revoca;

– che non sussiste alcuna inconciliabilità tra i fatti storici su cui si fondano le rispettive pronunce in quanto esse riguardano opere, datazione di consumazione e violazioni edilizie del tutto diverse, come emerge ictu oculi dall’esame delle imputazioni, rispetto alla descrizione dei manufatti e alla collocazione temporale della loro realizzazione;

– che il condono ottenuto dal ricorrente ricopre le opere realizzate fino al 1993, mentre la sentenza oggetto della richiesta di revisione riguarda interventi successivi, posti in essere tra il 10.8.1996 e il 21.9.1996, per cui tra le due sentenze non può esistere alcun contrasto inconciliabile.

Ricorre per cassazione il difensore del B..

Motivi della decisione

Con un articolato motivo si deduce:

a) la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e;

b) l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, nella specie nullità per violazione di legge con particolare riferimento agli artt. 630 e 634 c.p.p., violazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. c e art. 111 Cost.); c) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nella applicazione della legge penale con particolare riferimento alla L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 13, (art. 606 c.p.p., lett. b).

Premessa una dettagliata ricostruzione della vicenda, il ricorrente rimprovera sostanzialmente alla Corte d’Appello di Torino di avere di fatto sconfinato in un esame di merito delle nuove prove dedotte laddove le ha considerate meno specifiche, puntuali ed assertive di quanto preteso, compiendo in tal modo una valutazione che non ha nulla a che vedere con la mera infondatezza rilevabile ictu oculi.

Rileva inoltre la violazione da parte della Corte dell’obbligo di motivazione, laddove ha affermato che le attività edilizie oggetto delle indicazioni del ricorrente e le stesse situazioni storiche e fattuali ad esse sottese non appaiono identiche a quelle oggetto della sentenza di cui all’odierno ricorso, senza argomentare l’affermazione medesima alla luce delle specifiche deduzioni di segno contrario fondate sul rilievo che i distinti interventi erano coperti dal condono alla luce delle indicazioni fornite dall’ing. L. capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sanremo.

Critica infine la decisione nella parte in cui ha escluso il contrasto tra la sentenza di cui si chiede la revisione e quella n. 193/1998 del Pretore di Sanremo: rileva al riguardo la manifesta illogicità della motivazione e l’abbaglio in cui è incorsa la Corte d’Appello perchè non vede il perfezionamento di alcun provvedimento concessorio che, invece, non solo esiste (trattasi della sanatoria 2/1514), ma si è rivelato tanto efficace da consentire al Pretore di Sanremo di emettere sentenza di non doversi procedere in relazione ai medesimi manufatti non completati per via della loro sospensione.

Rileva ancora il ricorrente che nel momento in cui esamina le opere di completamento di quegli stessi abusi condonati, la Corte territoriale prende improvvisamente a lamentare la totale mancanza di provvedimenti concessori, ponendosi in palese contrasto con il giudicato della menzionata sentenza n. 193/1998 che invece ebbe ad applicare il citato condono.

Aggiunge infine la pretermessa considerazione della L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 13, che si traduce nella inosservanza di tale norma.

2. Il ricorso è infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, integra la manifesta infondatezza della richiesta di revisione – che ne determina l’inammissibilità – l’evidente inidoneità delle ragioni che la sostengono e la fondano a consentire una verifica circa l’esito del giudizio: requisito che è tutto intrinseco alla domanda in sè e per sè considerata, restando riservata alla fase del merito ogni valutazione sulla effettiva capacità delle allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato (cfr. Cass. sez. 4^, Sentenza n. 18196 del 10/01/2013 Cc. dep. 19/04/2013 Rv. 255222; Sez. 6^, Sentenza n. 18818 del 08/03/2013 Cc. dep. 29/04/2013 Rv. 255477; Sez. 1^, Sentenza n. 40815 del 14/10/2010 Cc. dep. 18/11/2010 Rv. 248463).

Dunque, nella delibazione spettante alla Corte d’Appello non possono assumere rilevanza regole di giudizio appartenenti alla fase del merito, altrimenti derivandone un’indebita sovrapposizione tra momenti procedimentali che il legislatore ha inteso categoricamente differenziare (cfr. Cass. Sez. 6^, Sentenza n. 2437 del 03/12/2009 Cc. dep. 20/01/2010 Rv. 245770).

Orbene, nel caso di specie, è proprio il contenuto intrinseco della domanda ad apparire inidoneo a vincere la forza del giudicato così, come del resto, emerge dalle stesse argomentazioni addotte Corte territoriale.

In particolare, la Corte di merito nel compiere un’astratta valutazione circa l’attitudine del novum addotto a sostegno della richiesta di revisione a porre in discussione il fondamento della pronuncia irrevocabile di condanna resa nei confronti del B., ha rilevato la diversità dei procedimenti in cui sono state rese le dichiarazioni testimoniali indicate dal ricorrente rispetto a quello sfociato nella sentenza di cui si chiede la revoca ed ha riassunto assai sinteticamente il contenuto delle dichiarazioni del teste ing. L. (capo dell’Ufficio Tecnico del Comune) circa il tipo di opere realizzate ed i materiali impiegati; ha pertanto ritenuto, seppure nei limiti dell’indagine consentita, la minore specificità, puntualità ed assertività delle dichiarazioni richiamate dal ricorrente escludendo altresì che le attività edilizie oggetto dell’esame dei testi appaiono identiche a quelle oggetto della sentenza di cui al ricorso.

La Corte d’Appello ha inoltre rilevato che le testimonianze richiamate non appaiono tali da portare alla invocata assoluzione o ad una sentenza di NDP. Ha quindi affermato che, come emerge ictu oculi, le due sentenze di cui si discute riguardano opere, datazioni di consumazione e violazioni edilizie del tutto diverse, come emerge dalle imputazioni.

Anche tale rilievo appare corretto in base ad una valutazione sommaria della domanda: infatti, la sentenza del Pretore di Sanremo n. 356/1998 del 30.10.1998 (di cui si chiede la revisione) riguardava lavori di posa in opera di putrelle e tavelloni, nonchè la copertura e la realizzazione di una struttura portante in ferro in locali da adibirsi a serre, con concessione scaduta di validità e in dispregio dell’ordine di demolizione, oltre al completamento di un muro perimetrale lato monte e alla realizzazione di travi in lato mare in aggiunta alla struttura metallica già realizzata. Secondo la Corte d’Appello tali opere (poste in essere tra agosto e settembre 1996) non rientravano nella sanatoria e nel condono riguardante opere realizzate sino al 1993, a differenza delle opere a cui si riferiva l’altra sentenza (quella n. 193 n. 1998 del 1.6.1998).

Sulla base di tali considerazioni, la Corte torinese, ha infine escluso l’inconciliabilità tra le sentenze.

La motivazione posta a base della decisione, dunque, lungi dal costituire una anticipazione delle valutazioni di merito, soddisfa il requisito richiesto dall’art. 634 c.p.p. e quindi si sottrae al sindacato di questa Corte.

S’impone, di conseguenza, il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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