Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-10-2013) 05-11-2013, n. 44662

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Svolgimento del processo

Con ordinanza 27.3.2013 la Corte di Appello di Torino ha dichiarato ai sensi dell’art. 634 c.p.p., inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di revisione della sentenza n. 15/2003 del Tribunale di Sanremo, proposta da B.M., condannato alla pena di mesi due di arresto ed Euro 20.000 di ammenda per il reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b) e c), D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 e della L. n. 1086 del 1971, artt. 13 e 14, per avere realizzato in assenza o difformità dalla concessione opere edili in cemento armato ed in zona sottoposta a vincolo, anche in violazione di ordinanza di sospensione dei lavori.

Ha rilevato la Corte piemontese:

– che le dichiarazioni testimoniali richiamate nell’istanza ai sensi dell’art. 630 c.p.p., lett. c), sono state rese in procedimenti assai diversi;

– che le attività edilizie oggetto dell’esame dei testi non appaiono identiche a quelle oggetto della sentenza di cui si chiede la revoca;

– che non sussiste alcuna inconciliabilità tra i fatti storici su cui si fondano le rispettive pronunce.

Ricorre per cassazione il difensore del B..

Motivi della decisione

Con un articolato motivo si deduce a) la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione art. 606 c.p.p., lett. c;

b) l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena nullità, inutilizzabilità. inammissibilità o decadenza, nella specie nullità per violazione di legge con particolare riferimento agli artt. 630 e 634 c.p.p., violazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. c) art. 111 Cost.); c) inosservanza o erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento alla L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 13, (art. 606 c.p.p., lett. b). Premessa una ricostruzione della vicenda, il ricorrente rimprovera alla Corte d’Appello di Torino di avere di fatto sconfinato in un esame di merito delle nuove prove dedotte laddove le ha considerate meno specifiche, puntuali ed assertive di quanto preteso, compiendo in tal modo una valutazione che non ha nulla a che vedere con la mera infondatezza rilevabile ictu oculi.

Rileva inoltre la violazione da parte della Corte dell’obbligo di motivazione, laddove ha affermato che le attività edilizie oggetto dell’esame dei testi non appaiono identiche a quelle oggetto della sentenza di cui all’odierno ricorso, senza argomentare l’affermazione medesima alla luce delle specifiche deduzioni di segno contrario fondate sul rilievo che i distinti interventi erano coperti dal condono alla luce delle indicazioni fornite dall’ing. L. capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sanremo.

Critica infine la decisione nella parte in cui ha escluso il contrasto tra la sentenza di cui si chiede la revisione e quella n. 193/1998 del Pretore di Sanremo: rileva al riguardo la manifesta illogicità della motivazione e l’abbaglio in cui è incorsa la Corte d’Appello perchè i fatti storici inconciliabili non sono gli interventi edilizi, ma il rilascio del medesimo provvedimento di condono che la sentenza del Pretore considera valido ed efficace, così da consentire il proscioglimento del ricorrente, mentre invece la sentenza del Tribunale non lo considera tale per una asserita decadenza, contravvenendo in tal modo al disposto dell’art. 630, lett. a) che riguarda non solo i fatti costitutivi del reato ma anche i fatti estintivi (cioè il provvedimento di condono), considerato che, secondo l’art. 631 c.p.p., può darsi luogo a revisione anche nel caso in cui il condannato debba essere prosciolto a norma dell’art. 531 c.p.p..

Il ricorso è infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, integra la manifesta infondatezza della richiesta di revisione – che ne determina l’inammissibilità – l’evidente inidoneità delle ragioni che la sostengono e la fondano a consentire una verifica circa l’esito del giudizio: requisito che è tutto intrinseco alla domanda in sè e per sè considerata, restando riservata alla fase del merito ogni valutazione sulla effettiva capacità delle allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato (cfr. cass. sez. 4^, Sentenza n. 18196 del 10/01/2013 Cc. dep. 19/04/2013 Rv. 255222; Sez. 6^, Sentenza n. 18818 del 08/03/2013 Cc. dep. 29/04/2013 Rv. 255477; Sez. 1^, Sentenza n. 40815 del 14/10/2010 Cc. dep. 18/11/2010 Rv. 248463).

Dunque, nella delibazione spettante alla Corte d’Appello non possono assumere rilevanza regole di giudizio appartenenti alla fase del merito, altrimenti derivandone un’indebita sovrapposizione tra momenti procedimentali che il legislatore ha inteso categoricamente differenziare (cfr. cass. Sez. 6^, Sentenza n. 2437 del 03/12/2009 Cc. dep. 20/01/2010 Rv. 245770).

Orbene, nel caso di specie, è proprio il contenuto intrinseco della domanda ad apparire inidoneo a vincere la forza del giudicato così, come del resto, emerge dalle stesse argomentazioni esposte dalla Corte territoriale.

In particolare, i giudici torinesi, nel compiere una sommaria valutazione circa l’attitudine del novum addotto a sostegno della richiesta di revisione a porre in discussione il fondamento della pronuncia irrevocabile di condanna resa nei confronti del B., hanno rilevato che le dichiarazioni testimoniali indicate dal ricorrente sono state rese in procedimenti assai diversi sicchè esse non possono ritenersi incompatibili con gli accertamenti della predetta sentenza, ma risultano finalizzate ad ottenere una inammissibile, diversa e nuova valutazione delle prove già raccolte ed apprezzate con la decisione oggetto del ricorso.

Hanno riportato in estrema sintesi le dichiarazioni dell’ing. L. (Capo dell’Ufficio Tecnico del Comune) sull’esistenza di opere in c.a non dichiarate e quelle del teste Be. sulla realizzazione di opere diverse da quelle riportate nel progetto, seppure in un piano planaovolumetrico autorizzato. Inoltre, hanno rilevato che esse non appaiono tali da portare alla invocata assoluzione o ad una sentenza di NDP. La Corte d’Appello ha poi escluso l’inconciliabilità tra i fatti storici su cui si fondano le rispettive pronunce rilevando che esse riguardano opere, datazione di consumazione e violazioni edilizie del tutto diverse, come emerge ictu oculi dall’esame delle imputazioni, rispetto alla descrizione dei manufatti e alla collocazione temporale della loro realizzazione; ha altresì osservato che il condono ottenuto dal ricorrente ricopre opere realizzate fino al 1993 mentre la sentenza oggetto della richiesta di revisione riguarda interventi posti in essere in data prossima al 2000.

La motivazione posta a base della decisione, dunque, lungi dal costituire una anticipazione del giudizio di merito, soddisfa il requisito richiesto dall’art. 634 c.p.p. e quindi si sottrae al sindacato di questa Corte.

S’impone, di conseguenza, il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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