T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., 31-01-2011, n. 92

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La M. s.p.a. esercita attività di cava di betoniti, argille smettiche, terre da sbianca ed altro in località "Bau Nurri", in agro del Comune di Nurri, dopo essere subentrata (previa rituale autorizzazione regionale del 2.8.2007 n. 10108) nella concessione mineraria già rilasciata alla società F.lli xxx S.r.l. Estrazioni Minerarie (decreto n. 309 del 9 aprile 2001, con scadenza 8 aprile 2011).
Quest’ultima, in data 20 novembre 2002, aveva presentato istanza di valutazione di impatto ambientale relativa al progetto "Coltivazione e recupero ambientale, concessione mineraria per betoniti, argille smettiche, terre da sbianca denominata Bau Nurri, in Comune di Nurri".
L’area dell’intervento è ubicata a 8 Km dal centro abitato di Nurri e a circa 3 Km da quello di Serri.
Il progetto prevedeva la coltivazione di un giacimento minerario di betoniti, argille smettiche, terre da sbianca da destinare, prevalentemente, al settore siderurgico, e riguardava 2 aree di scavo separate, distanti tra loro circa un chilometro, entrambe interne alla concessione mineraria, aventi una superficie estrattiva di circa 3,5 Ha per l’area 1 (denominata "Sa Scrocchedda") e di 4,5 Ha per l’area 2 (denominata "Su Cuccumeu").
Nello stesso progetto erano riportate anche le modalità di coltivazione della cava e quelle di recupero ambientale previste a conclusione dell’attività estrattiva.
Sennonchè, con l’impugnata delibera n. 34/18 del 19 giugno 2008, la Giunta regionale esprimeva giudizio positivo sulla compatibilità ambientale del progetto limitatamente al cantiere estrattivo situato nell’area 1 denominata "Sa Scrocchedda" secondo le prescrizioni indicate, escludendo, invece, "…la coltivazione mineraria dell’area 2, denominata Su Cuccumeu", precisando che "… l’eventuale sfruttamento della stessa è subordinato alla presentazione di un’apposita istanza di VIA successivamente al recupero ambientale dell’area 1, denominata "Sa Scrocchedda".
A tale determinazione la Giunta regionale è pervenuta sulla base delle valutazioni espresse dal Servizio SAVI, e indicate nella parte motiva della deliberazione nei termini di cui appresso:
"Il Servizio SAVI, tenuto conto delle due conferenze istruttorie effettuate nel 2004 e del sopralluogo, esaminate le integrazioni documentali presentate nel 2005 e nel 2007, ha valutato disgiuntamente gli interventi nelle due aree di scavo e, considerate più rilevanti le criticità ambientali per l’area 2 "Su Cuccumeu" per motivi di intervisibilità, e inoltre, perché la stessa non risulta interessata da attività pregressa, ha concluso l’istruttoria con un parere tecnico positivo in merito alla compatibilità ambientale limitatamente al cantiere estrattivo situato nell’area 1 Sa Scrocchedda, escludendo la coltivazione nell’area "Su Cuccumeu" che potrà, se del caso, essere attivata solo dopo il completamento dei lavori di recupero morfologico, pedologico e agronomico delle aree ubicate in località Sa Scrocchedda e, comunque, previa trasmissione al servizio SAVI di una nuova istanza di VIA".
Avverso tale decisione dell’amministrazione regionale la società M. S.p.a. ha proposto il ricorso in esame, notificato il 29 dicembre 2008 e depositato il successivo 12 gennaio 2009, deducendo i seguenti motivi:
1) Violazione di legge (art. 16 legge reg. n. 40/1990; art. 7 e ss. e 10 bis legge n. 241/1990; art. 20 legge reg. n. 40/1990 e 14 e ss. legge n. 241/1990) – Eccesso di potere (violazione dell’affidamento della M. S.p.a. e autolimite): per la mancata comunicazione alla ricorrente, prima della formale adozione del provvedimento negativo, delle ragioni ostative all’accoglimento della sua istanza. Inoltre sarebbe stato violato l’affidamento suscitato nella ricorrente dalle risultanze della conferenza istruttoria, giacchè le difformi argomentazioni del Servizio SAVI sarebbero state fatte proprie dalla Regione in assenza di ogni contraddittorio procedimentale;
2) Violazione di legge ed eccesso di potere – difformità tra oggetto della domanda e decisione della P.A. – sproporzione fra decisione e tutela dell’interesse primario: in quanto, nel caso di specie, mancherebbe un motivato giudizio negativo di impatto ambientale;
3) Violazione di legge (art. 3 legge n. 241/1990 e art. 5 legge reg. n. 40/1990) – Eccesso di potere (insufficienza, genericità, contraddittorietà, perplessità della motivazione, lacunosità dell’istruttoria, illogicità e contraddittorietà manifeste;
4) Eccesso di potere e violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo: in quanto non si sarebbe considerato né che il canone di concessione versato riguarda l’intera cava di Bau Nurri e non solo una parte di essa, né che la concessione scade nell’aprile 2011, sicchè non resterebbe tempo per operare l’estrazione nel sito Su Cuccumeu.
Concludeva quindi la ricorrente chiedendo, previa sospensione, l’annullamento del provvedimento impugnato, con favore delle spese.
Per resistere al ricorso si è costituita l’amministrazione regionale intimata che, con memorie scritet, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.
Con ordinanza n. 17 del 21 gennaio 2009 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare di sospensione ai fini del riesame del provvedimento da parte della Regione.
Alla pubblica udienza del 19 gennaio 2011, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione
Con il primo motivo viene proposta la censura di violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, per avere l’Amministrazione adottato il provvedimento negativo impugnato senza aver previamente comunicato alla società ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento della sua domanda.
La difesa della Regione replica alla censura affermando che l’Amministrazione non avrebbe sostanzialmente violato le garanzie procedimentali sottese all’art. 10 bis, tenuto anche conto della partecipazione della ricorrente alle due conferenze istruttorie convocate, nel corso delle quali sarebbero emersi, in contraddittorio, gli elementi ostativi dal punto di vista ambientale alla prosecuzione dell’attività.
In ogni caso, sempre nell’assunto delle difese regionali, l’annullamento del provvedimento impugnato sarebbe precluso dall’art. 21 octies, applicabile anche alla fattispecie dell’art. 10 bis, in quanto, stante il tenore dei pareri acquisiti, il contenuto del provvedimento impugnato non sarebbe potuto essere diverso.
Il Collegio ritiene, sul punto, come già indicato nell’ordinanza cautelare n. 17/2009, di confermare le argomentazioni espresse, su vicenda analoga a quella che qui occupa, nella propria sentenza n. 275/2008, e di ritenere la censura fondata.
La partecipazione all’attività istruttoria non equivale a conoscenza di tutti i motivi che saranno poi posti, dall’organo competente, a fondamento del provvedimento conclusivo del procedimento; il provvedimento finale costituisce, infatti, un’autonoma determinazione dell’organo competente ad adottarlo che, pur dovendo considerare tutta l’attività istruttoria posta in essere nell’ambito del relativo procedimento, è espressione di un’autonoma complessiva valutazione finale. La conoscenza di alcuni motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, non può quindi equivalere a conoscenza dei motivi che saranno poi posti a fondamento del provvedimento finale, sia perché essi potrebbero non essere condivisi, o condivisi solo in parte, dall’autorità competente a definire il procedimento e sia perché l’interessato ha diritto di conoscere tutti i motivi che saranno poi effettivamente posti a fondamento dell’atto conclusivo e non soltanto di alcuni di essi emersi nel corso del procedimento (TAR Sardegna 19/11/2007, n. 2056).
L’art. 10 bis, della legge 7 agosto 1990 n. 241 ha la funzione, in un rapporto collaborativo con l’Amministrazione, di consentire al soggetto destinatario del provvedimento negativo di presentare delle controdeduzioni avverso i motivi di diniego per evidenziare eventuali profili di illegittimità dell’atto finale in via di formazione, profili che dovranno poi essere valutati dall’amministrazione ed esternati con la motivazione del provvedimento conclusivo del procedimento e di consentire, al contempo, all’Amministrazione di acquisire ulteriori elementi per l’adozione di una legittima determinazione finale, con gli evidenti effetti deflazionistici sul contenzioso.
E ciò vale, tanto più, nel caso di specie, ove la particolare natura dell’intervento proposto, e la sua rilevanza a fini imprenditoriali in termini sostanzialmente unitari (stante la dichiarata sinergia nell’utilizzo commerciale dei materiali estratti), avrebbe richiesto una concreta partecipazione procedimentale della ricorrente al fine di verificare l’eventuale sussistenza di soluzioni condivise.
Nel caso di specie la società ricorrente, invece, non ha avuto la possibilità di conoscere in anticipo, attraverso il preavviso di diniego, i motivi poi posti a fondamento del provvedimento finale, motivi che hanno riguardato sia gli elementi negativi emersi nel corso delle conferenze istruttorie sia gli elementi negativi espressi dal Servizio SAVI (acquisito dopo le conferenze istruttorie), specificamente richiamati nella delibera impugnata.
In relazione a quanto sopra il Collegio, pur condividendo la giurisprudenza che applica l’art. 21 octies anche alla fattispecie prevista dall’art. 10 bis, non ritiene il richiamo operato dalla difesa regionale pertinente con riguardo alla vicenda in esame, trattandosi di procedimento connotato da ampia discrezionalità tecnica da parte dell’Autorità procedente che ben avrebbe dovuto acquisire, prima di decidere, tra gli elementi di valutazione, dopo le conferenze istruttorie e il parere degli organi tecnici, le osservazioni anch’esse tecniche che la ricorrente avrebbe potuto offrire in risposta al preavviso di rigetto.
Di qui l’accoglimento del ricorso per il predetto motivo, con assorbimento di ogni ulteriore censura, e salvi naturalmente gli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione regionale riterrà di adottare.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna la Regione al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio, che liquida in euro 2000,00 (duemila//00), oltre IVA, CPA e rimborso del contributo unificato se assolto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente
Marco Lensi, Consigliere
Tito Aru, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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