Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 12-09-2012, n. 15326

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Svolgimento del processo

Con il decreto indicato in epigrafe la Corte di appello di Salerno, per quanto qui rileva, accoglieva in parte la domanda di equa riparazione proposta da F.G., F.L. e F. C., in relazione alla durata non ragionevole di un procedimento promosso davanti al Tribunale di Paola da F. V., del quale gli stessi erano eredi, con atto di citazione del 16 maggio 1970 e definito con sentenza depositata nel gennaio 2009.

Veniva in particolare osservato che, poichè il dante causa dei ricorrenti era deceduto in data 9 febbraio 1993, le domande erano fondate nei limiti del pregiudizio sofferto dal predetto fino a tale data, mentre nulla competeva ai medesimi iure proprio, non avendo mai assunto la qualità di parte in detto giudizio.

Per la cassazione di tale decreto i F. hanno proposto ricorso, affidato a due motivi.

Con ordinanza in data 17 novembre 2011 questa Corte disponeva la rinnovazione della notificazione nei confronti dell’Avvocatura Generale dello Stato, che veniva eseguita. L’amministrazione non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 300 c.p.c., dell’art. 565 c.c. e dell’art. 6 Cedu: i ricorrenti, pur non essendosi costituiti nel giudizio presupposto, ne avrebbero seguito l’iter (partecipando a un sopralluogo) e comunque, ne avrebbero subito gli effetti in quanto eredi universale della parte. Ai fini della previsione della L. n. 89 del 2001, art. 2 rileverebbe il fatto di aver subito un danno in conseguenza della durata irragionevole de processo, indipendentemente dalla formale assunzione della qualità di parte.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione alla compensazione delle spese processuali.

Il ricorso è infondato.

Quanto alla prima censura va richiamato il prevalente e condiviso orientamento di questa Corte (Cass. n. 26686 del 2006; Cass. n. 23055 2006 in consapevole, argomentato contrasto con il contrario precedente di cui a Cass. 26931 del 2006; Cass. 16284 del 2009) secondo cui deve essere esclusa la titolarità del diritto "iure proprio" in capo all’erede non costituito nel processo presupposto (in tema, cfr pure Cass. 200602969; 200519032), dal momento anche che: – "per tutto il tempo durante il quale, deceduta la parte originaria, gli eredi non abbiano ritenuto di costituirsi o non siano stati chiamati in causa, pur esistendo un processo non vi è la parte che della sua irragionevole durata possa ricevere nocumento".

E’ stato altresì affermato che la necessità di una costituzione in giudizio della parte che invoca la tutela della legge a sanzionare l’irragionevole durata e premessa indiscutibile per una ragionevole operatività dell’intero sistema di cui alla L. n. 89 del 12001, nè potendo operare in difetto di tal costituzione lo scrutinio sul comportamento della parte delineato dall’art. 2, comma 2, della legge ne tampoco essendo esercitabili i poteri di liquidazione equitativa dell’indennizzo correlati, ragionevolmente, al concreto patema che sulla parte ha avuto la durata del processo (S.U. 1338/04)".

Per altro l’argomento della continuità della posizione processuale per il successore che si ritrae dall’art. 110 c.p.c. non coglie nel segno, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione Europea e tradotto in norme nazionali dalla L. del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato ma sulla somministrazione di sanzioni riparazione a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali ed in base ad indennizzi modulabili in relazione al concreto patema subito" l’equa riparazione prevista dal diritto interno presuppone, non il mero assoggettamento alle conseguenze della decisione giudiziaria o il mero coinvolgimento nella decisione, ma il patema da ritardo irragionevole di definizione, che a sua volta presuppone la conoscenza del processo stesso e l’interesse alla sua rapida conclusione, circostanze di cui la mancata costituzione in giudizio non consente di presumere la ricorrenza ed anzi favorisce l’apprezzamento in senso negativo.

Del pari infondato è il secondo motivo, in quanto viene invocata unicamente l’applicabilità del disposto dell’art. 92 c.p.c. nel tenore risultante dalla modifica introdotta con la L. 18 luglio 2009, n. 69, in vigore dal 4 luglio 2009 e non applicabile ai giudizi, come quello in esame, instaurati precedentemente, dovendosi per altro richiamare la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’accoglimento parziale della domanda, in specie se correlato alla posizione difensiva conciliante adottata dalla controparte, costituisce motivo atto a legittimare, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, la compensazione totale o parziale delle spese legali (Cass. n. 4755 del 2004; Cass., 17868 del 2009).

Al rigetto del ricorso non consegue alcuna statuizione il merito alle spese relative al presente giudizio di legittimità, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

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