Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-10-2013) 04-11-2013, n. 44485

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza in data 11 luglio 2011 il Tribunale di Genova dichiarava C.M. colpevole del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c) e lo condannava alla pena di mesi quattro di arresto ed Euro 2.300,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, con la sospensione della patente di guida per la durata di anni uno.

Avverso tale sentenza l’imputato proponeva appello.

La Corte di appello di Genova, con sentenza del 18 dicembre 2012, oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado e condannava l’imputato al pagamento delle spese processuali del grado.

Avverso tale sentenza C.M. personalmente proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione.

Il ricorrente censurava l’impugnata sentenza per i seguenti motivi:

1) manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 2, lett. c). Secondo il ricorrente ben poteva, nel caso che ci occupa, l’accertamento mediante etilometro non essere idoneo a dimostrare il suo stato di ebbrezza. Egli aveva infatti dimostrato di avere da poco subito un intervento chirurgico alla bocca e un successivo colpo sulla bocca appena operata. Per tali motivi aveva dovuto fare degli sciacqui con sostanze alcoliche che ben avrebbero potuto influenzare l’esito dell’esame alcolimetrico.

2) Mancata assunzione del decisivo confronto tra le parti sul difetto di sintomatologia d’ebbrezza e sulla consequenziale conduzione del veicolo da parte dell’imputato ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d).

Secondo il ricorrente erroneamente i giudici della Corte territoriale non avevano ammesso il richiesto confronto tra le parti, ritenendolo una prova non decisiva in presenza dell’esito positivo del test alcolimetrico, specialmente ove si consideri che, su richiesta degli odierni operanti, egli, dopo essere stato fermato, aveva condotto l’autovettura fino in questura e quindi non era stato percepito come ebbro.

3) Mancata assunzione della decisiva deposizione del sanitario che aveva visitato l’imputato sul difetto di sintomatologia alcolica ex art. 606 c.p.p., comma 2, lett. d). Secondo il ricorrente il predetto sanitario avrebbe dovuto essere escusso come teste perchè, nella sua qualità di medico, era la persona che meglio, rispetto agli agenti operanti, avrebbe potuto rilevare eventuali sintomi di una alterazione alcolemica di rilievo penale.

4) Erronea applicazione dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis.

Secondo il ricorrente la Corte di appello erroneamente aveva rigettato la sua richiesta di essere ammesso al lavoro di pubblica utilità, atteso che non aveva individuato alcuno dei precisi motivi ostativi previsti nel comma 2 bis dell’articolo di cui sopra.

Motivi della decisione

Osserva la corte di Cassazione che i proposti motivi di ricorso non sono fondati.

Per quanto attiene al primo motivo, si osserva (cfr. Cass., Sez. 4^, Sent. n. 4842 del 2.12.2003, Rv. 229369) che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’art. 606, c.p.p., comma 1, lett. e), non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perchè è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Genova hanno infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno dedotto la sussistenza della responsabilità del C. in ordine al reato ascrittogli. In particolare hanno evidenziato che lo stato di ebbrezza dell’imputato risultava pienamente confermato dai risultati dell’alcoltest e che pertanto non apparivano rilevanti contraddizioni dei testi sugli aspetti sintomatici di tale condizione, aspetti che possono assumere rilevanza solo in assenza di un accertamento tecnico. Sull’utilizzo di un colluttorio che avrebbe potuto modificare l’esito del test alcolemico in seguito all’estrazione di alcuni molari, i giudici della Corte territoriale hanno rilevato che la circostanza non trovava alcuna conferma negli atti di causa.

Per quanto poi attiene alla circostanza che sarebbe stato lo stesso imputato, dopo il fermo, a condurre il veicolo fino in questura, a riprova dell’insussistenza dello stato di ebbrezza, i giudici di appello hanno rilevato che, anche se ciò fosse accaduto, si dovrebbe ritenere che gli agenti operanti avevano tenuto una condotta negligente, senza che per tale motivo l’esame alcolimetrico potesse ritenersi vanificato.

Anche il secondo e il terzo motivo di ricorso sono infondati, in quanto, sulla base delle osservazioni di cui sopra, i giudici di merito non hanno ritenuto prova decisiva il confronto tra l’imputato e gli agenti operanti e l’escussione del sanitario che aveva visitato il C. subito dopo il fermo al fine di stabilire se i sintomi che presentava fossero indicativi dello stato di ebbrezza. Tanto premesso si osserva che la condivisibile giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto (cfr. Cass., Sez. 6^, Sent. n. 37173 dell’11.06.2008, Rv 241009) che la mancata assunzione di una prova possa essere dedotta in sede di legittimità, a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), soltanto se si tratti di una "prova decisiva", ossia di un elemento probatorio suscettibile di determinare una decisione del tutto diversa da quella assunta, ma non quando i risultati che la parte si propone di ottenere possano condurre, confrontati con le ragioni poste a sostegno della decisione, solo ad una diversa valutazione degli elementi legittimamente acquisiti nell’ambito dell’istruttoria dibattimentale.

Infondato è infine il quarto motivo di ricorso in quanto i giudici della Corte territoriale hanno spiegato con congrua e adeguata motivazione le ragioni per cui non hanno ritenuto di sostituire la pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità, in considerazione della gravità della condotta desumibile dalla circostanza che il C. svolge il lavoro di conducente di veicolo per il trasporto di disabili.

Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

ritenersi vanificato.

Anche il secondo e il terzo motivo di ricorso sono infondati, in quanto, sulla base delle osservazioni di cui sopra, i giudici di merito non hanno ritenuto prova decisiva il confronto tra l’imputato e gli agenti operanti e l’escussione del sanitario che aveva visitato il C. subito dopo il fermo al fine di stabilire se i sintomi che presentava fossero indicativi dello stato di ebbrezza. Tanto premesso si osserva che la condivisibile giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto (cfr. Cass., Sez. 6^, Sent. n. 37173 dell’11.06.2008, Rv 241009) che la mancata assunzione di una prova possa essere dedotta in sede di legittimità, a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), soltanto se si tratti di una "prova decisiva", ossia di un elemento probatorio suscettibile di determinare una decisione del tutto diversa da quella assunta, ma non quando i risultati che la parte si propone di ottenere possano condurre, confrontati con le ragioni poste a sostegno della decisione, solo ad una diversa valutazione degli elementi legittimamente acquisiti nell’ambito dell’istruttoria dibattimentale.

Infondato è infine il quarto motivo di ricorso in quanto i giudici della Corte territoriale hanno spiegato con congrua e adeguata motivazione le ragioni per cui non hanno ritenuto di sostituire la pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità, in considerazione della gravità della condotta desumibile dalla circostanza che il C. svolge il lavoro di conducente di veicolo per il trasporto di disabili.

Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *